Canadesi arrestati in Cina, il mondo libero ne chiede la scarcerazione immediata

Circa 150 ex diplomatici e professori da tutto il mondo hanno richiesto il rilascio dei due cittadini canadesi arrestati in Cina.
In una lettera pubblicata dalla stampa estera, chiedono infatti a Xi Jinping di rilasciare immediatamente Michael Kovrig, ex diplomatico canadese e consulente della International Crisis Group North East-Asia, e Michael Spavor, direttore di Paektu Cultural Exchange.

Nella lettera scrivono: «I firmatari di questa lettera, ovvero professori, ex diplomatici e ogni persona interessata alla Cina e al costruire con questa un dialogo, sono profondamente preoccupati per le recenti incarcerazioni. […] Chiediamo il rilascio immediato del signor Kovrig e del signor Spavor, cosi che possano riunirsi alle loro famiglie».

Le autorità cinesi hanno fermato e imprigionato Kovrig e Spavor subito dopo che le autorità canadesi, sotto richiesta degli Stati Uniti, avevano arrestato all’aeroporto internazionale di Vancouver la cittadina cinese Meng Wanzhou, direttrice finanziaria di Huawei. Il primo dicembre 2018 Meng è stata rilasciata su cauzione e sta aspettando le udienze in tribunale per l’estradizione negli Stati Uniti.

Dalla Cina minacce di «gravi conseguenze»

Il 10 dicembre, il regime di Pechino ha giustificato l’incarcerazione dei due canadesi sostenendo che avrebbero messo a rischio la sicurezza nazionale, tuttavia, nei giorni appena precedenti al loro arresto, il governo cinese aveva minacciato «gravi conseguenze» per il Canada, nel caso la Meng non fosse stata rilasciata immediatamente.

I firmatari hanno fatto notare come la detenzione di Kovrig e Sapvor possa solo arrecare danno alla Cina e al mondo, e al contempo mostra a tutti che «il lavoro costruttivo è sgradito e addirittura rischioso in Cina». Infatti Kovrig aveva potuto più volte incontrare diversi funzionari, ricercatori e professori cinesi per discutere con loro dei problemi internazionali.

Nella lettera si legge ancora: «Condividendo l’entusiasmo di Kovirg e Spavor nel creare una relazione genuina, produttiva e durevole, dovremo ora essere più attenti e cauti nel viaggiare e lavorare in Cina e nel coinvolgere le nostre controparti cinesi. Questo porterà meno dialogo, più sfiducia, e minerà l’impegno per risolvere i disaccordi e identificare i punti in comune».

Alcuni dei numerosi firmatari sono persone molto note, come Gareth Evans, ex ministro degli Esteri dell’Australia; Gary Locke, rettore dell’Università Nazionale d’Australia; John Garnaut, ex ambasciatore americano in Cina; e Malcolm Turnbull, consigliere del precedente primo ministro Australiano.

Molti hanno affermato di aver conosciuto di persona Kovrig quando lavorava come diplomatico a Pechino, e successivamente come esperto del nord-est asiatico presso un’organizzazione no profit con sede in Belgio, la International Crisis Group.

La ‘preoccupazione’ del governo australiano

Il 30 dicembre 2018, dopo che trenta professori, ex diplomatici ed esperti di politica estera hanno consegnato una petizione al ministro degli Esteri Marise Payne, anche il governo australiano si è unito agli altri Paesi tra cui Canada, Giappone, Francia, Germania, Stati Uniti, Inghilterra ed Europa nell’esprimere forte preoccupazione per l’arresto dei due canadesi.

La Payne ha affermato:«Siamo davvero molto preoccupati se questi casi di detenzione dovessero essere collegati alla procedura legale in corso in Canada per la cittadina cinese Meng Wanzhou. Il governo australiano ha comunicato la sua posizione alla Cina e abbiamo contatto regolare coi funzionari canadesi».

Difatti l’Australia era stata in precedenza già criticata per non aver richiesto un rilascio immediato dei due canadesi, come era stato richiesto dalla petizione. Clive Hamilton, professore di etica alla Charles Sturt University, crede che il governo australiano possa temere le ripercussioni del fare un’affermazione pubblica così forte in materia di diritti umani in Cina, dal momento che potrebbe causare una forte reazione negativa da parte delle autorità di Pechino.

Hamilton ha dichiarato a Epoch Times: «La posizione del Dipartimento degli Affari esteri è ancora quella che non si deve far arrabbiare Pechino senza un motivo convincente, e l’asticella per questo è stata messa troppo in alto. Chiedere un rilascio immediato potrebbe essere considerato come un attacco al sistema legale della Cina, per questo l’Australia è riluttante nel farlo».

Nuova Zelanda

Neanche il governo neozelandese ha chiesto l’immediata scarcerazione dei due canadesi; Hamilton crede che il Partito Comunista Cinese (Pcc) si sia infiltrato così profondamente nel governo della Nuova Zelanda che i politici di lì non si sentono più in dovere di parlare della Cina. Ha infatti spiegato che «la Nuova Zelanda è nei guai perché l’influenza del Pcc è radicata nel sistema del governo. Non è che i politici abbiano paura di criticare la Cina, semplicemente non vogliono, il che è una situazione ancora più preoccupante. Ci sono pochi segnali che mostrano che la Nuova Zelanda sia consapevole del pericolo».

Nel novembre del 2018 Wiston Peters, Ministro degli Affari Esteri neozelandese, ha sostenuto a RadioLIVE  di essere preoccupato per il caso di Jian Yang, un membro interno del Parlamento che ha confessato di insegnare la lingua inglese alle spie in Cina.
Il signor Yang, infatti, in merito alla questione aveva rilasciato qualche dichiarazione ai giornalisti nel settembre del 2017: «Se si considerano quei cadetti o studenti come spie, allora sì, ho insegnato inglese alle spie. Capisco che le persone possano essere preoccupate, ma è perché non conoscono il sistema cinese».

Poco chiaro l’effetto della legge anti-spionaggio

Hamilton ritiene che l’impatto della strategia del Foreign Influence Transparency Scheme [Schema di trasparenza dell’influenza straniera, ndt] dell’ex primo ministro Australiano Malcolm Turnbull sia ancora poco chiara. Riflettendo le leggi americane, lo schema ha allargato la definizione di spionaggio e richiesto alle persone che lavorano per i Paesi esteri di registrarsi come agenti stranieri, altrimenti potrebbero rischiare un procedimento giudiziario nel caso venissero scoperti a interferire con gli affari nazionali; tuttavia, ha precisato ancora, che «è difficile valutare quanto è efficace la nuova legge, dato che non ci sono stati ancora procedimenti penali. Immagino però che l’ambasciata cinese abbia detto ai suoi agenti in Australia di stare più attenti e di nascondere meglio le loro attività».

Turnbull ha introdotto il Foreign Influence Transparency Scheme nel giugno 2018 per contrastare le minacce, «in rapido aumento», delle interferenze straniere, e «le inquietanti segnalazioni» secondo cui il Pcc avrebbe interferito con la copertura mediatica nazionale, le università e le decisioni dei rappresentanti in Australia.

 

Articolo in inglese Former Diplomats, Academics Ask China to Immediately Release Detained Canadians

 
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