Cadmo e il drago, un dialogo col Divino ancora attuale

Le arti tradizionali come viaggio interiore nelle nostre anime

Nella mitologia greca, Cadmo è considerato il primo eroe, che segue la guida degli Dei, per poi diventare il fondatore e primo re di Tebe.

Cadmo è un principe nato dal re Agenore e dalla regina Telefassa. Durante la sua giovane età, sua sorella Europa viene rapita da Zeus, che si era trasformato in un toro bianco. Zeus porta quindi Europa a Creta, dove ella diviene la prima regina dell’isola e dove darà alla luce il crudele re Minosse.

La famiglia di Europa, tuttavia, non ha idea di cosa le sia accaduto. Il re Agenore invia quindi i suoi figli a cercarla e dice loro di non tornare prima di averla ritrovata.
I figli però non hanno successo e si stabiliscono nel regno, non potendo tornare a casa. Cadmo, però, non vuole arrendersi e così si reca dall’Oracolo di Delfi per invocare l’aiuto degli Dei in merito al ritrovamento di sua sorella.

L’Oracolo, tuttavia, gli consiglia di smettere di cercare sua sorella. Deve invece fondare una nuova città; per farlo, prima gli viene richiesto di trovare una mucca con il simbolo di una mezzaluna sul fianco, poi di seguire l’animale fino a quando quest’ultimo non avrebbe deciso di fermarsi: solo in quel punto avrebbe dovuto fondare la nuova città.

Cadmo fa come gli viene detto. Trova la mucca, e quando quest’ultima si mette a riposare, decide di sacrificarla alla dea Atena per ringraziarla della sua guida. Quindi invia i suoi amici che erano con lui a cercare dell’acqua pura per il sacrificio. I suoi amici trovano una sorgente, ma vengono tutti attaccati e uccisi da un drago. E quando Cadmo trova i loro corpi senza vita, si trova egli stesso davanti al drago. Per vendicare i suoi amici e per recuperare l’acqua pura necessaria per il sacrificio, l’eroe combatte col drago e lo sconfigge.

Finalmente, Cadmo torna e si appresta a sacrificare la mucca, ma gli appare Atena che gli chiede di prendere i denti del drago e di piantarli nel terreno. Cadmo segue ancora la sua richiesta.

Dai denti seminati, cresce una tribù di guerrieri, i quali iniziano immediatamente a combattere tra loro. E combattono e combattono finché non ne rimangono solo cinque; questi fanno pace e divengono noti come gli Sparti. Essi aiutano quindi Cadmo a costruire quella che poi diventerà la città di Tebe.

Cadmo uccide il drago
Cadmo uccide il drago, (1573 – 1617), di Hendrick Goltzius. Olio su tela. Galleria nazionale di Danimarca. (Pubblico dominio)

In Cadmo uccide il drago, l’artista olandese Hendrick Goltzius (16esimo secolo) rappresenta la scena in cui Cadmo trova e uccide il drago.

Cadmo è vestito con una pelliccia, che molto probabilmente si è procurato lui stesso dopo aver cacciato e ucciso un animale; tale pelliccia rappresenta ora la sua impavidità nell’affrontare e superare i pericoli del suo mondo per poter sopravvivere.

Senza paura, Cadmo impugna una lancia e si getta in avanti per conficcarla nella bocca centrale del drago a tre teste, che si trova davanti alla sua caverna oscura.

Il corpo del drago è trafitto da frecce, che testimoniano e suggeriscono il tentativo, inutile, degli amici di Cadmo di difendersi. La testa superiore del drago guarda in alto e fuori dal piano dell’immagine. La sua testa inferiore invece inghiotte il capo di uno degli amici di Cadmo.

A terra giace un altro degli amici di Cadmo, senza vita. Sul terreno sono sparse le ossa di animali ed esseri umani, le precedenti vittime del drago.

Un approccio impavido ai pericoli odierni

Considerando il dipinto e la storia che esso ritrae, quale saggia morale o insegnamenti ne potremmo trarre?

Goltzius ha raffigurato Cadmo come un eroe senza paura. Cadmo conficca la sua lancia proprio nel pericolo che ha ucciso i suoi amici. Il drago rappresenta una minaccia non solo per Cadmo e i suoi uomini, ma anche per i molti avventurieri giunti lì prima di loro, come suggerito dalle ossa sparse sul terreno. Cadmo, tuttavia, non fugge dal pericolo, ma tende il suo corpo verso questo e lo affronta.

Ci sono molti ostacoli e pericoli nelle nostre vite oggigiorno. Droghe, alcool, sesso promiscuo e culto del denaro sono promossi nelle nostre arti e dai media. Questi (e non solo) sono proprio il nostro drago.

Tutti abbiamo visto persone attorno a noi perdere anni del loro prezioso tempo sulla Terra per affrontare questi pericoli. Molti di noi affrontano questi pericoli da soli.

Abbiamo creato una cultura che ci incoraggia a dirigerci verso il drago, anche se non per ucciderlo ma per essere uccisi da questo. Molti di noi – sia consapevolmente che inconsapevolmente – si sacrificano a esso. Più cadiamo vittime di questi pericoli, più la paura ci consuma, e meno probabilità abbiamo di seguire il sentiero Divino che è disponibile per noi.

Come affronterebbe Cadmo questi pericoli odierni?

Nel vedere i cadaveri dei suoi amici e il drago, avrebbe potuto voltarsi e scappare, ma non lo ha fatto. Ha combattuto il pericolo che ha distrutto così tante vite.

Ma cosa fa di Cadmo un vincitore, quando i suoi amici e gli avventurieri prima di lui non sono stati all’altezza?

È difficile sapere perché solo Cadmo sia stato in grado di sconfiggere il drago. È innegabile, tuttavia, che due fattori fondamentali hanno contribuito al suo successo: la sua impavidità e la sua disponibilità ad accettare la guida degli Dei.

Quindi, con un atteggiamento impavido e il Divino dalla sua parte, Cadmo sarebbe in grado di sporgersi verso i pericoli odierni, proprio come fa nel dipinto. E lo farebbe non per rimanerne vittima ma per eliminare la loro minaccia.

Cadmo si manterrebbe impavido nel suo approccio, ma questo non significa imprudenza o incoscienza. Avrebbe potuto scagliare la sua lancia da lontano, ma invece ha avuto il coraggio di avvicinarsi al drago e di conficcare la sua arma proprio nel punto preciso o mortale del nemico. Aveva capito, conosceva quindi il suo nemico, e sapeva cosa fosse necessario fare per portare a termine il suo compito.

Solo dopo aver sconfitto il drago, Cadmo riceve l’ordine da Atena di piantare i suoi denti, far crescere la tribù dei guerrieri e costruire la sua nuova città. Forse significa che se riusciamo a sconfiggere quello che minaccia la nostra esistenza, potremmo costruire qualcosa di nuovo dai suoi resti.

Ma come possiamo prima identificare i pericoli che si annidano nella nostra vita? Come possiamo valutare il nostro cammino per essere sicuri di avere veramente il Divino dalla nostra parte? Dove possiamo trovare il coraggio e l’impavidità, per avvicinarci ai nostri pericoli, al fine di comprenderli e distruggerli una volta per tutte, e in modo da poter continuare a costruire non solo città e culture, ma vite degne di accedere al Divino?

 

Le arti tradizionali spesso contengono rappresentazioni e metafore spirituali il cui significato può andare perduto in preda alla nostra mentalità moderna. Nella nostra serie ‘Le arti tradizionali come viaggio interiore nelle nostre anime’, interpretiamo le arti visive da una prospettiva morale e profondamente spirituale. Tuttavia, non abbiamo la presunzione di fornire risposte assolute alle domande con cui le diverse generazioni hanno sempre lottato, ma speriamo che le nostre domande ispirino un viaggio riflessivo verso il nostro diventare esseri umani più autentici, compassionevoli e coraggiosi.

Eric Bess è un artista e candidato al dottorato presso l’Istituto per gli studi di dottorato in Arti Visive (IDSVA).

 

Articolo in inglese: Fearless Cadmus on a Divine Path: ‘Cadmus Slays the Dragon’

 
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