BlackRock invita ad aumentare gli investimenti in Cina. È un buon consiglio?

Di Fan Yu

BlackRock, il più grande gestore di investimenti al mondo, titolare della gestione di oltre 9 mila miliardi di dollari, ha recentemente espresso un’opinione impopolare.

Il gigante degli investimenti sostiene che la Cina non sia più un mercato emergente e, in quanto tale, gli investitori dovrebbero aumentare i loro investimenti in azioni e obbligazioni cinesi. In altre parole, la Cina è meno presente di quanto dovrebbe nei portafogli degli investitori, secondo Wei Li, capo stratega per gli investimenti del BlackRock Investment Institute Financial Time.

Quest’ultimo appello rialzista di BlackRock sulla Cina segue un rapporto di ricerca pubblicato a maggio, secondo cui la quantità di azioni e obbligazioni cinesi negli indici di riferimento globali era troppo scarsa. Nel rapporto, BlackRock ha affermato che la crescita economica globale sta diventando sempre più bipolare, guidata da Stati Uniti e Cina, e che gli investitori hanno bisogno di investire su entrambe le potenze in misura quasi uguale.

È una visione particolarmente impopolare, se si considera i recente dolori provocati dalle azioni cinesi.

Infatti, al momento sono molti gli esperti di finanza che si stanno interrogando sulla validità degli investimenti nelle aziende cinesi.

Goldman Sachs ha recentemente tagliato il rating di diverse società cinesi, mentre l’hedge fund britannico Marshall Wace sta valutando se abbia ancora senso investire in azioni cinesi nel breve termine.

In generale, le cosiddette azioni di classe A della Cina hanno seguito i mercati globali, e le società cinesi quotate negli Stati Uniti e a Hong Kong hanno registrato prestazioni ancora peggiori dopo le recenti repressioni normative e i problemi di conformità che hanno dovuto affrontare diverse aziende cinesi ben note.

Quindi gli investitori dovrebbero fidarsi di BlackRock, il più grande gestore di capitali al mondo, e raddoppiare i loro investimenti cinesi?

Forse è il caso di analizzare meglio la questione.

Innanzitutto, esaminiamo le possibili motivazioni dietro gli appelli di BlackRock. Il suo amministratore delegato, Larry Fink, ha cercato di coltivare un forte rapporto con Pechino per molti anni. BlackRock a giugno è diventato il primo gestore di investimenti statunitense a ricevere l’approvazione per avviare un’attività di fondi comuni di investimento in Cina, una posizione in cui «siamo onorati di essere», dichiarava Fink in una nota.

BlackRock ha anche uno dei più ricchi elenchi di fondi di investimento con esposizione alla Cina, inclusi alcuni fondi dedicati alla Cina, nonché fondi asiatici ed emergenti con grandi quantità di azioni cinesi.

Il fondo di punta dell’azienda, il BlackRock China Fund – che ha posizioni in Tencent, China Merchant Bank e nel produttore di veicoli elettrici Xpeng – al 20 agosto gestiva un patrimonio di oltre 1,5 miliardi di dollari. BlackRock gestisce anche un fondo obbligazionario cinese che investe in una varietà di prodotti cinesi a reddito fisso, comprese obbligazioni denominate in Rmb onshore e offshore, nonché obbligazioni offshore denominate in Usd.

In altre parole, BlackRock avrebbe validi e concreti motivi per sostenere l’aumento degli investimenti in Cina: guadagna commissioni e altri profitti dagli investitori che mettono contanti nei loro fondi.

Ma oltre il discorso del venditore, esaminiamo anche la sostanza del fare investimenti in Cina.

A prima vista, investire in Cina può sembrare attraente. Il Paese ha la più grande popolazione del mondo, l’economia n. 2, il  secondo mercato finanziario più grande, una classe media in espansione, una popolazione esperta di internet e un consumismo sfrenato. Tutti questi sono buoni fattori per gli investimenti.

Ma ci sono importanti fattori negativi che rendono gli investimenti in Cina rischiosi e poco attraenti.

In primo luogo, i piccoli investitori statunitensi che acquistano azioni Adr (American Depositary Share) di società cinesi quotate nelle borse statunitensi, non stanno realmente acquistando ciò che pensano di acquistare. Possedere un’azione di Baba non significa possedere un’azione della vera società operativa Alibaba, che è il più grande rivenditore online in Cina. Una quota di Baba è un pezzo di una holding offshore, o ente a interesse variabile (Vie), che ha un accordo legale con la società operativa cinese che concede alla Vie offshore una quota dei profitti di Alibaba. In altre parole, è una forma di proprietà artificiosa, perché la Cina ha vietato la vendita all’estero dei titoli di alcune industrie nazionali. Inoltre, le strutture non sono ufficialmente riconosciute dalle autorità e potrebbero essere considerate illegali, secondo il regime normativo di Pechino, sebbene negli ultimi venti anni il meccanismo abbia funzionato regolarmente.

Inoltre, il Partito Comunista Cinese (Pcc) ha avviato una serie di riforme normative – leggasi repressioni – che prendono di mira le società quotate all’estero. Numerose aziende sono state colpite in settori come l’istruzione, internet e i trasporti. Molte di queste società hanno visto crollare le proprie azioni quotate a Hong Kong o a New York nelle ultime settimane. I cambiamenti normativi improvvisi, che in alcuni casi minacciano l’esistenza stessa dei modelli di business delle società, rappresentano un rischio significativo per gli investitori stranieri abituati ai regimi normativi relativamente stabili dell’Occidente.

Più di recente, il Pcc ha lasciato intendere che lo «pseudo-capitalismo» che ha spacciato negli ultimi vent’anni e più, potrebbe richiedere alcuni cambiamenti drastici.

Ad agosto, il Comitato centrale per gli affari finanziari ed economici ha delineato una serie di editti per garantire la «prosperità comune» all’interno della società cinese. Secondo un articolo del media statale Xinhua, le linee guida cercano di promuovere l’uguaglianza dei guadagni, ridurre i guadagni eccessivi e di incoraggiare le imprese e i privati con alti guadagni a ‘restituire’ i loro profitti alla società.

Come nella maggior parte delle linee guida del Pcc, mancava la specificità. Ma un tale cambiamento di tono potrebbe essere dannoso per i guadagni finanziari delle società a scopo di lucro, soprattutto se Pechino inizia a imporre donazioni o altre tasse di assistenza sociale alle società private. In altre parole, la sfrenata politica del ‘fare più soldi possibile’, che ha caratterizzato gli ultimi due decenni, sembra essere giunta al termine.

Gli economisti cinesi hanno recentemente discusso della possibilità di una tassa sulle proprietà immobiliari, qualcosa di comune negli Stati Uniti e in Europa, ma che non esisteva in Cina per la maggior parte dei proprietari di case private. Tali tasse, se promulgate potrebbero essere distruttive per il settore immobiliare e per gli imprenditori immobiliari cinesi altamente indebitati, le cui obbligazioni denominate in dollari sono un investimento popolare tra gli investitori stranieri.

Un altro sviluppo recente, raramente citato dalla stampa internazionale, colpisce il cuore del sistema «pseudo-capitalista» cinese: il Pcc sta rafforzando il suo controllo sulle società private in modi sempre più draconiani.

The Information, un sito tecnologico statunitense, ha riferito che un’entità governativa cinese ha recentemente acquisito una piccola quota di proprietà e un posto nel consiglio di amministrazione di una sussidiaria di ByteDance, la società madre della popolare piattaforma di social media TikTok.

Un altro articolo ha osservato che il Pcc, secondo un documento della Sec, ha recentemente acquisito una quota e un posto nel consiglio di amministrazione di Weibo, il social cinese simile a Twitter. Weibo è quotata alla borsa Nasdaq di New York. ByteDance non è quotata in borsa, ma è parzialmente di proprietà di società di venture capital statunitensi.

Molte aziende private in Cina hanno già comitati del Partito Comunista all’interno della loro struttura organizzativa, e questo sviluppo suggerisce che il Pcc imporrà un’influenza ancora più diretta sulla cultura, le politiche e le strategie delle aziende.

Le recenti azioni del Pcc hanno persino costretto le maggiori società cinesi ad avvertire in modo attivo gli investitori di ulteriori possibili rischi normativi. Il presidente di Tencent, Martin Lau, ad agosto ha annunciato agli investitori che potrebbero essere in arrivo una serie di misure normative più rigorose.

Tutto questo non vuol dire che investire in aziende cinesi abbia unicamente aspetti negativi, ma che prima di seguire i consigli di un qualsiasi ‘esperto’, gli investitori devono fare le proprie dovute ricerche e valutare attentamente questi rischi.

Inoltre, gli investitori dovranno sempre più considerare – citando Donald Rumsfeld – le «note incognite potenziali» degli investimenti in Cina.

 

Fan Yu è un esperto di finanza ed economia e ha contribuito ad analisi sull’economia cinese dal 2015.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times

Articolo in inglese: BlackRock Wants Investors to Increase China Exposure, Should You Follow?

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