Bitcoin e dintorni, bolla o realtà?

Dopo che le criptovalute hanno perso 30 miliardi di dollari in valore di mercato in solo poco più di due settimane a fine giugno-inizio luglio, non sono stati solo gli scettici a chiedersi se fosse scoppiata l’ennesima bolla tecnologico-finanziaria.

È vero che i prezzi sono saliti con andamento a parabola dall’inizio dell’anno – con il valore delle criptovalute che è salito dai 17 miliardi e 600 milioni di dollari del 1° gennaio ai 115 miliardi di metà giugno 2017,  ma questo da solo non basta a fare una ‘bolla’.

I grandi vincitori nel settore tecnologico, sopravvissuti allo scoppio della bolla tecnologica del 2000, hanno registrato un aumento di 100 volte il valore di partenza, nonostante ci siano voluti molti più anni, e i loro valori di mercato fossero notevolmente più grandi in partenza. Per esempio le azioni Apple sono passate da 1 dollaro nel 2000 (valore che tiene conto dei frazionamenti azionari) a un massimo di 100 dollari nel 2012, prima di una correzione più prolungata. E le penny stock, l’equivalente di molte criptovalute (tranne bitcoin e ethereum) possono facilmente avere performance altrettanto buone in tempi altrettanto brevi.

Per rispondere alla domanda se si sia verificata una bolla nelle criptovalute e se essa sia scoppiata, si può guardare all’economia delle bolle, dove si può osservare che sebbene parte del mercato non sia solo una bolla, ma anche piena di truffe, le maggiori criptovalute hanno solo alcune delle caratteristiche delle bolle vere e proprie.

IL BITCOIN È UNA BOLLA?

Il bitcoin, che è la maggiore criptovaluta, è anche il ‘capobranco’ nel settore, un po’ come la Apple lo è per le azioni del settore tecnologico. E, per via della sua mole, anzianità e dei risultati comprovati nelle transazioni finanziarie, mostra meno caratteristiche della bolla rispetto alle altre criptovalute.

«Il valore della moneta è soggettivo – spiega Saifedean Ammous, ricercatore di blockchain e bitcoin – La gente le dà valore e la gente stessa è disposta ad accettarlo. Milioni di dollari in bitcoin stanno passando di mano in mano ogni giorno. Esiste un mercato liquido nel mondo».

Il bitcoin in realtà ha un’utilità e fornisce un servizio importante. Con un valore di mercato di 39 miliardi di dollari, e con alcune caratteristiche di privacy fuori dal sistema bancario, è relativamente poco costosa rispetto ad altre forme di moneta. L’oro è valutato tra i 7 e i 10 mila miliardi di dollari, mentre la moneta a corso legale totale nel mondo varia dai 50 ai 100 mila miliardi di dollari.

Il fatto che il bitcoin abbia una funzione lo differenzia per esempio dalla mania olandese dei tulipani nel 17 esimo secolo: la gente accumulava tulipani semplicemente per questioni di estetica e status, senza che avessero un utilità; i tulipani erano valutati a prezzi molto più alti di quelli degli altri fiori. Questa speculazione incontrollata era diffusa in tutta la società e tutti quelli che se lo potevano permettere speculavano sul prezzo dei tulipani.

In parte, questo si applica anche al bitcoin. Per come la mette James Rickards, autore di The New Case for Gold, «è la teoria del ‘più scemo’: “Ti pagherò 2 mila dollari per il bitcoin perché penso che ci sarà qualche sprovveduto che mi pagherà 3 mila dollari. E quell’altro dice: “Beh, io pagherò 3 mila dollari per un bitcoin perché uno sprovveduto mi pagherà 4 mila dollari”».

Sebbene il seguito del bitcoin sia sempre più grande e molti acquistino bitcoin sperando semplicemente di rivenderli a un prezzo più alto, solo una piccola parte di persone nel mondo ha un portafoglio di bitcoin o ha condotto transazioni in questa valuta. Un semplice test è quello di chiedere ai propri colleghi quanti di loro abbiano del bitcoin: probabilmente non più di 1 su 10.

E la situazione è diversa anche dalla bolla del Nasdaq degli anni 90, in cui chiunque potesse aprire un account e-trade speculava con le azioni tech.

Ma se guardiamo all’uomo della strada, al di fuori del gruppo dei fan delle criptovalute, la maggioranza delle persone nella società è piuttosto scettica sul bitcoin, incluse la maggior parte delle organizzazioni mediatiche. Anche se ci sono alcuni outlier che nella loro euforia prevedono che il bitcoin raggiungerà il milione di dollari, diventando la prossima riserva valutaria mondiale.

NEGOZIAZIONE A MARGINE

Un altro elemento importante nelle bolle è la speculazione sul margine e i prestiti finalizzati all’investimento: questa pratica è parte di tutti i tipi di vere bolle, ma il miglior esempio è nel crollo della Borsa del 1929.

In un mercato in crescita, gli speculatori possono prendere in prestito denaro per comprare azioni, portandole a salire ulteriormente. Dato che gli asset degli speculatori sono aumentati, possono chiedere in prestito ancora più denaro per comprare più azioni. Questo meccanismo funziona fino a che non porta a un crollo violento.

Quando le azioni cominciano a cadere, la garanzia per i prestiti su margine vale sempre meno e porta alle cosiddette richieste di margine e a maggiori ordini di vendita. Il circolo vizioso si ripete fino a che gran parte del debito di margine sparisce.

L’acquisto a margine è stato parte di gran parte degli scambi di bitcoin ed è parte della ragione alla base delle forti oscillazioni dei prezzi, sebbene sia impossibile dire quanto margine stia venendo usato, dato che gli scambi non riportano quel dato.

In questo senso, il bitcoin non è una truffa perché non vi è alcun inganno, né alcuna promessa di guadagni eccezionali. La sua unica promessa è nella messa in pratica fedele del proprio protocollo. Ed è rispettata ormai da più di otto anni. E non è nemmeno uno schema piramidale, che promette dei ritorni irrealistici e usa il denaro ricevuto dagli ultimi investitori per fornire ritorni economicamente impossibili ai vecchi investitori, fino a che tutto il sistema crolla.

MONETE ALTERNATIVE, LA VERA BOLLA

Il bitcoin è una semi-bolla, ma altre criptovalute o altcoin non godono di questo lusso: «La maggior parte di esse non sono connesse al valore in nessun modo – ha affermato Daniel Krawisz, direttore della ricerca presso il think tank Satoshi Nakamoto Institute – C’è un servizio, ma se il servizio fa soldi, non si riceve alcun dividendo. È come se si comprasse una carta premi di un supermercato il cui valore cresce».

Quindi, il bitcoin può essere usato come moneta ma molte altcoin no. Persino l’ethereum, la seconda più grande cryptoplatform, tecnicamente non è una valuta, dato che i suoi gettoni vengono usati per sostenere la sua rete di smart contract.

Tuttavia, nonostante la grande campagna di marketing, l’ethereum non è riuscito a produrre un’applicazione commerciale di portata consistente. Con i suoi alti prezzi e la sua impossibilità di adempiere al suo compito principale, l’ethereum ha alcune delle caratteristiche di una bolla, anche se il grado di fattibilità del suo protocollo potrebbe cambiare se adottato da un’applicazione commerciale più grande. Ironicamente, le maggiori compagnie mediatiche e le grandi multinazionali vedono in maniera più positiva l’ethereum rispetto al bitcoin, cosa che lo rende un migliore candidato per una bolla.

L’UTILITÀ

Uno dei casi di utilità che potrebbero provare l’efficacia dell’ethereum potrebbero essere le transazioni internazionali nel mercato immobiliare sulla sua blockchain.
Propy, una startup di San Francisco, intende fornire proprio questo servizio a partire da dicembre: «Oggi, un compratore dalla Cina o dal Medioriente che vuole investire nell’immobiliare statunitense, una volta scelta la proprietà deve firmare le carte offline – ha spiegato l’amministratore delegato di Propy Natalia Karayaneva – Devono andare dalla banca […] tutto si fa offline. Con Proxy, invece, il compratore cinese viene, prende la decisione di comprare la casa, e poi tutto avviene online. Il risultato di questo processo è garantito da uno smart contract».

Il prototipo dovrà comunque lavorare con la burocrazia locale per assicurarsi l’atto di proprietà, ma la Karayaneva spera che nel futuro la blockchain di Propy servirà come standard per le transazioni immobiliare, rendendo non più necessaria un’archiviazione localizzata dei dati. Per sviluppare il prodotto, la compagnia sta vendendo gettoni per un valore di 35 milioni di dollari in una initial coin offering (Ico) a luglio: le Ico sono più semplici da attuare rispetto alla vendita di security mediante una Ipo, in quanto ci sono meno restrizioni. Inoltre la compagnia non è costretta a diluire la propria titolarità: un modo conveniente di raccogliere denaro.

Tutto quello che ottengono i compratorI della moneta è il diritto di partecipare alla blockchain di Propy: un diritto il cui valore in questo momento è difficile da valutare, dato che il prodotto finale non esiste ancora. E questo è un altro indicatore di bolla.

Ammous, il ricercatore del bitcoin, ritiene che questo tipo di finanziamento ad alto rischio dovrebbe essere lasciato ai capitalisti di ventura professionisti: «Se hai una buona idea, puoi ricevere finanziamenti. Le Ico stanno dicendo che puoi partecipare cliccando solo qualche tasto».

BOLLA DELLE ICO

E mentre la Ico di Propy ha alle spalle una vera azienda con persone reali, il gran numero di Ico con caratteristiche molto più fumose costituisce un altro indicatore di bolla, simile alla mania delle Ipo a fine anni 90.

«Questa gente delle Ico può impiegare un mese per fare una nuova copia del protocollo del bitcoin e poi tira fuori una Pink Coin o roba del genere. Per qualche ragione hanno bisogno di decine di milioni di dollari per fare queste cose. E poi devono tenersene più di metà perché sono loro i geni che hanno partorito questa roba» commenta Krawisz.

Il team di Propy non manterrà nemmeno una parte dei gettoni o dei soldi donati, oltre al denaro destinato ai salari ed è solo una proposta d’investimento rischiosa. Invece, ci sono altre Ico che sembrano vere e proprie truffe; tra queste, Eros: nell’Ico di Eros, dalla quale i due fondatori finora hanno ottenuto 204 mila dollari di finanziamento (su un obiettivo di 10 milioni di dollari) i gettoni a quanto pare dovrebbero venire usati per una sorta di mercato della prostituzione decentralizzato e resistente alla censura (al punto che bitcoinist.com lo ha definito “il bazar del sesso”). E – trascurando per un attimo il fatto che questa proposta sia illegale in molti Stati – i due fondatori hanno semplicemente copiato il loro ‘whitepaper’, cioè il loro prospetto, da un’altro gruppo, cambiando alcune parole. Dopo che questa operazione è stata scoperta, hanno cancellato il whitepaper dal sito web.

Inoltre una squadra di sole due persone è insufficiente a sviluppare un software unico come questo, specialmente quando da parte del capo programmatore non risulta alcuna attività su GitHub, un database di programmazione open source: «Nessuno di loro farà alcun profitto, ma i creatori abbandoneranno le monete prima di tutti gli altri» osserva Ammous.

Gli ‘insider’ che vendono per primi: ecco un altro classico indicatore di quella che comunemente è chiamata una ‘bolla’.

Articolo in inglese: Cryptomania: When Cryptocurrencies Hit Bubble Territory

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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