Biden e Trump uniti nel condannare le rivolte, divisi sulla soluzione

Di Ivan Pentchoukov

Il presidente Donald Trump e l’ex vicepresidente Joe Biden hanno entrambi condannato i tumulti di Kenosha nel Wisconsin, ma hanno offerto soluzioni diverse per fermare i disordini.

Trump ha denunciato le violenze e chiesto al governatore del Wisconsin di dispiegare la Guardia Nazionale e di accettare l’assistenza federale per arrestare e fermare i rivoltosi. Biden ha invece suggerito che gli americani dovrebbero «unirsi e sanare, fare giustizia, porre fine alla violenza, e porre fine al razzismo sistemico in questo Paese ora», ma non ha accennato in alcun modo a come dovrebbero comportarsi le forze dell’ordine.

L’attuale presidente e il suo avversario elettorale si riferivano entrambi alle furiose rivolte di Kenosha, scoppiate il 23 agosto in seguito al caso di Jacob Blake, colpito dagli spari della polizia locale.

Il 26 agosto, in un video messaggio pubblicato su Twitter, Biden ha dichiarato: «Come ho detto dopo l’assassinio di George Floyd, protestare contro la brutalità è un diritto ed è assolutamente necessario, ma bruciare le città non è una protesta. È violenza inutile, una violenza che mette in pericolo vite umane, una violenza che distrugge le attività commerciali e fa chiudere le aziende che servono la comunità. Questo è sbagliato».

«In mezzo a questo dolore, le parole più sagge che ho sentito pronunciare finora sono venute da Julia Jackson, la madre di Jacob. Ha guardato i danni fatti nella sua comunità e ha detto questo: “Questo non si addice né a mio figlio né alla mia famiglia”. Quindi uniamoci e guariamo, facciamo giustizia, poniamo fine alla violenza e mettiamo fine al razzismo sistemico in questo Paese adesso».

La notte prima della dichiarazione di Biden, Trump aveva invitato il governatore del Wisconsin Tony Evers a convocare la Guardia Nazionale. Dopo un rifiuto iniziale, Evers ha deciso di dispiegare mille membri della Guardia Nazionale e ha accettato l’offerta della Casa Bianca di inviare oltre 200 agenti delle forze dell’ordine federali.

Lo scoppio delle violenze a Kenosha è avvenuto nella prima notte della Convention Nazionale Repubblicana del 24 agosto, proprio mentre gli oratori repubblicani condannavano quel tipo di disordini e accusavano i Democratici di aver chiuso un occhio sulle violenze.

«In gran parte del Partito Democratico, è ormai di moda dire che l’America è razzista», diceva l’ex ambasciatrice Nikki Haley durante la prima serata della convention repubblicana. «Questa è una bugia. L’America non è un Paese razzista».
«L’America è una storia in continuo divenire. Ora è il momento di continuare su questo percorso, e rendere l’America ancora più libera, più giusta e migliore per tutti. Ecco perché è tragico vedere gran parte del Partito Democratico che chiude un occhio su rivolte e violenza».

Era già successo prima, che Biden e Trump fossero uniti nel condannare le violenze scoppiate in risposta alla morte di Floyd, avvenuta il 25 maggio durante l’arresto di Floyd da parte della polizia. Ma anche in quel caso i due candidati alle elezioni 2020 si sono distinti in merito all’impiego delle forze dell’ordine per gestire i disordini.

Dopo la prima notte di violenza a Minneapolis in Minnesota, il 27 maggio, Trump aveva minacciato di inviare la Guardia Nazionale per reprimere i disordini, definendo i violenti agitatori «teppisti»; aveva anche criticato il sindaco democratico della città, Jacob Frey, e gli aveva chiesto di «darsi da fare e riportare la città sotto controllo».

Lo stesso giorno, il governatore del Minnesota Tim Walz, un democratico, aveva mobilitato la Guardia Nazionale e  detto che «la situazione a Minneapolis non riguarda più, in alcun modo, l’omicidio di George Floyd. Si tratta di attaccare la società civile, di incutere paura e di sconvolgere le nostre grandi città».

Due giorni dopo, Biden aveva rilasciato una lunga dichiarazione sulla morte di Floyd, in cui incoraggiava le proteste, ma non condannava o menzionava le rivolte, gli atti vandalici, i saccheggi e gli incendi dolosi che avevano colpito Minneapolis.

Solo il 31 maggio, dopo che i disordini sono imperversati nelle città di tutta la nazione per cinque notti, il candidato democratico ha condannato le violenze. Ha chiesto la fine della violenza, ma, a differenza di Trump, non ha incoraggiato una risposta da parte delle forze dell’ordine. Ha invece suggerito che lavorerà per l’uguaglianza razziale, se diventerà presidente.

«Protestare contro tale brutalità è giusto e necessario. È una risposta assolutamente americana. Ma bruciare le comunità e distruggere inutilmente non lo è. La violenza che mette in pericolo la vita non lo è. La violenza che distrugge le attività commerciali che sono al servizio della comunità non lo è», ha dichiarato Biden.

«Dobbiamo arrivare e arriveremo in una condizione dove tutti, indipendentemente dalla razza, credono che ‘proteggere e servire’ significhi proteggere e servire. Solo stando insieme ci risolleveremo più forti di prima. Più uguali, più giusti, più speranzosi, e molto più vicini alla nostra unione più perfetta».

Antifa

I politici democratici hanno in generale evitato di condannare le rivolte, gli atti vandalici, i saccheggi e gli incendi dolosi associati alle proteste guidate dal movimento Black Lives Matter. La questione è spinosa perché gli agitatori violenti, molti dei quali sono riconducibili al gruppo anarco-comunista Antifa, hanno sistematicamente infiltrato e sabotato le proteste pacifiche.

Trump ha detto che la sua amministrazione intende designare Antifa come organizzazione terroristica, ma la promessa non si è ancora concretizzata. Le cellule di Antifa sono organizzate in maniera orizzontale e impiegano un sofisticato sistema di sicurezza operativa, il che rende in effetti complicate sia le azioni legali che la designazione formale dell’organizzazione. Per quanto riguarda Biden, sembra che non abbia mai pronunciato pubblicamente la parola Antifa.

 

Articolo in inglese: Biden, Trump Unite in Condemning Riots, Diverge on Solution

 

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