Aziende da incubo, il lato oscuro di Amazon

Confezionare due pacchi al minuto, 150 a giornata lavorativa. Al bagno massimo due volte al giorno. Cellulare ‘sequestrato’. E nemmeno si parla con i colleghi: sguardo fisso avanti. Non accade in qualche Paese in via di sviluppo ma negli stabilimenti Amazon, in Italia. A raccontarlo sono i sindacati. E a confermalo ci sono i fatti: come a Piacenza, dove i lavoratori hanno scioperato in occasione del Black Friday, giorno d’inizio del periodo più pieno di lavoro di tutto l’anno.

Il risultato dello sciopero è stata la promessa di un incontro a tre con l’azienda e il prefetto per la mattina del 20 dicembre. Ma Amazon non si è presentata, e ha persino vietato di tenere un’assemblea, sostenendo che non sia possibile perdere altre ore di lavoro in un periodo così cruciale per l’azienda.
I sindacati, che a questo punto non sembrano più disposti a tenere bassi i toni, non rinunciano all’assemblea (e fanno notare come – dettaglio non di poco conto – sia illegale proibirla) e annunciano: «Adesso alzeremo il livello dello scontro».
E infatti sono state immediatamente proclamate due ore di sciopero per il 20 dicembre 2017.

Per il lavoratore, spiega il segretario provinciale dell’Ugl terziario di Piacenza, Pino de Rosa, la situazione è di «alienazione totale». L’impiegato viene «regolarmente richiamato se volge lo sguardo o parla col collega», mentre il lavoro usurante porta anche a gravi «conseguenze per la salute», problemi alle ginocchia e alla schiena, ernia inclusa.

Mentre si lavora non si può tenere addosso il cellulare (custodito in appositi armadietti) e non solo: non si può avere «neanche un pacchetto di caramelle». La pausa dura 30 minuti, ma i dipendenti che lavorano lontani dalle uscite nello spostamento perdono fino a dieci minuti fra andata e ritorno. Fonti affermano che dopo l’accordo tra Amazon e Poste Italiane, anche i dipendenti delle Poste incaricati alle consegne di Amazon sarebbero sottoposti a fortissima pressione lavorativa.

La rotazione delle mansioni, che potrebbe contrastare le conseguenze, fisiche e mentali, del fare sempre lo stesso tipo di lavoro, esiste ma non per tutti, secondo de Rosa. Chi va troppe volte in bagno deve aspettarsi di essere convocato per un «one to one, dicono loro», cioè per un colloquio per capire quale sia il problema.
Un aspetto grottesco è poi costituito da un «giornaletto» disponibile per la lettura durante la pausa, nel quale i lavoratori sarebbero invitati a vivere un’«eccezionale esperienza» (lavorare per Amazon durante il periodo natalizio) e in qualche modo a divertirsi.

Ma nonostante questa situazione lavorativa a dir poco ‘atipica’, in realtà pare che la principale rivendicazione dei lavoratori non riguardi i ritmi di lavoro in sé, ma il fatto che lo stipendio non sia adeguato: «Il livello di utili dell’azienda è salito come il lavoro che si fa qui dentro. Ho 44 anni e da 6 anni il mio stipendio è aumentato di 75 euro», raccontava al Sole 24 Ore una lavoratrice nel giorno dello sciopero.

Il ritmo di lavoro è particolarmente intenso nel periodo natalizio e nel periodo in cui c’è alta richiesta di libri scolastici. I sindacati – che all’inizio nemmeno esistevano in Amazon (pare per una «regola non scritta»), hanno incontrato i dirigenti l’11 dicembre, dopo gli scioperi: «Loro sono dei gran signori, gentilissimi», spiega de Rosa: «Ma le risposte sono pari a zero».

«Noi non è che facciamo scioperi tanto per farli», precisa il sindacalista, spiegando che li avrebbero evitati, se avessero avuto altre opzioni.

Intanto l’Ugl ha dato il via a una campagna social dallo slogan ‘Tu sfrutti e io non compro’ per cercare un’alleanza tra lavoratori e consumatori. Ma «Non è una campagna contro Amazon», afferma de Rosa, che ritiene necessaria una sensibilizzazione dei consumatori per convincere l’azienda a fare maggiori concessioni.
Le principali richieste dei sindacati sono l’adozione dei contratti di secondo livello e la creazione di un sistema di premi per i lavoratori.

 
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