Avvocato di Shanghai contro la ‘gang’ di Jiang Zemin

Zheng Enchong, avvocato dei diritti umani di Shanghai, ha passato più di un decennio agli arresti domiciliari e le forze di sicurezza locali lo hanno frequentemente maltrattato durante la sua prigionia. Tuttavia, durante lo scorso anno, il 67enne Zheng ha riscontrato un graduale allentamento delle restrizioni a lui imposte, in seguito alla rivelazione di informazioni sensibili a Epoch Times riguardanti vari alti membri di una potente fazione politica di Shanghai.

A luglio 2016, infatti, le autorità di Shanghai hanno cercato di comprare il silenzio di Zheng mandando lui e sua moglie in vacanza in una villa lussuosa. La ‘scorta’ assegnata ai Zheng è stata ridotta, il loro coprifuoco è stato rimosso e la polizia ha smesso di seguirli ovunque andassero. A Natale, gli agenti della sicurezza hanno permesso a Zheng (cristiano) di assistere alla messa e di partecipare alle festività.

A giugno del 2017, tuttavia, le autorità di Shanghai hanno ripreso la persecuzione: la mattina del 2, due agenti della sicurezza interna sono piombati nell’appartamento di Zheng e gli hanno intimato di non concedere interviste, probabilmente per via dell’approssimarsi del ventottesimo anniversario del Massacro di Piazza Tiananmen (4 giugno 1989).

Zheng ha risposto agli agenti di non poter promettere di stare in silenzio dopo l’11 giugno, giorno vicino a una ‘data sensibile’ per i praticanti del Falun Gong: il 10 giugno 1999, infatti, il regime cinese ha fondato l’Ufficio 6-10, una sorta di Gestapo cinese creata per condurre la persecuzione del Falun Gong, una disciplina spirituale cinese che l’ex leader del partito comunista Jiang Zemin ha dato ordine di perseguitare il 20 luglio 1999. E Jiang è anche a capo della famigerata ‘Gang di Shanghai’, una cricca di influenti funzionari che sono stati, tra l’altro, i responsabili degli arresti domiciliari di Zheng Enchong.

Il comportamento degli agenti è classico: ogni anno, le forze di sicurezza cinesi aumentano il livello di allerta in prossimità delle cosiddette ‘date sensibili’: date, cioè, che il Partito Comunista Cinese considera politicamente delicate. In queste occasioni, il personale della sicurezza si rimette alla ricerca di attivisti, dissidenti o persone di fede legate agli eventi relativi alle date, per ‘tenerli buoni’.

Zheng ha dichiarato agli agenti della sicurezza interna di sentirsi obbligato a parlare delle malefatte della Gang di Shanghai, dato che un suo membro importante, l’ex procuratore capo di Shanghai, è stato messo sotto indagine per corruzione. Gli agenti a quel punto hanno lasciato l’appartamento di Zheng.
Verso le 6 di mattina dell’11 giugno, quattro agenti di polizia hanno teso un’imboscata a Zheng: lo hanno picchiato utilizzando un radiatore di acciaio, e lasciandolo con una ferita sanguinante alla testa e con il lato sinistro della faccia gonfio. «È perché ho parlato di Chen Xu», afferma senza esitazione Zheng.

Zheng ha affermato che persone sue conoscenti, a lui note per lo scarso interesse dato alla politica, lo fermavano per strada per parlare delle vicende di Chen e della sua situazione politica. A quanto si è saputo, i residenti locali avevano fatto circolare su WeChat le recenti interviste di Zheng con Epoch Times.

Zheng ritiene che la diffusione degli articoli di Epoch Times a Shanghai sia un buon segno: questo giornale è infatti vietato in Cina e i cittadini cinesi si ritroverebbero nei guai con le autorità se venissero scoperti a leggere un giornale che si occupa in modo diretto delle violazioni dei diritti umani da parte degli agenti del Pcc: «Il fatto che la gente osi sfidare il potere del regime cinese e far circolare le mie interviste con Epoch Times – afferma Zheng – dimostra che le autorità non hanno più la situazione sotto controllo». Dopo essere stato picchiato, Zheng ha deciso di nascondersi a casa di un amico. Ma si è poi ritrovato in una situazione kafkiana: il 16 giugno la polizia di Shanghai lo ha convocato per riferirgli che i quattro agenti che lo avevano assalito sarebbero stati «trasferiti altrove».
Inoltre, le autorità di Shanghai hanno deciso di ospitare Zheng e sua moglie in una suite di un hotel di lusso, per motiivi di «sicurezza». Ma all’arrivo nell’hotel, Zheng ha scoperto che i quattro agenti di polizia che lo avevano picchiato erano stati assegnati a fargli da guardia.

Articolo in inglese: Confined Shanghai Lawyer Suffers Abuse After Exposing ‘Shanghai Gang’

Traduzione di Vincenzo Cassano

 

 
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