Austria e Belgio si alleano contro il prelievo forzato di organi

Di Eva Fu

La macabra pratica del prelievo forzato di organi condotta da Pechino è tornata sotto i riflettori internazionali, quando due Paesi europei si sono uniti al coro di chi si oppone a questo disumano commercio illegale.

Per decenni, il regime ha dovuto far fronte a crescenti accuse sull’uccisione in massa dei prigionieri di coscienza, per la vendita dei loro organi sul mercato dei trapianti.

Il 23 giugno, la commissione per i diritti umani del Parlamento austriaco ha approvato all’unanimità una risoluzione per contrastare il traffico di organi e di esseri umani. La parlamentare Gudrun Kugler ha commentato: «Siamo profondamente preoccupati per questo, è semplicemente insopportabile».

Nel suo comunicato, l’ufficio di Kugler ha spiegato: «Ancora una volta dalla Repubblica Popolare Cinese sono emerse notizie di traffico illegale di organi umani che contraddicono tutti i diritti umani e gli standard etici. Le minoranze etniche e religiose, come musulmani uiguri, i praticanti del Falun Gong e i cristiani, sono tra i gruppi particolarmente colpiti da tali abusi».

La risoluzione chiede che il governo austriaco protegga le vittime del traffico di organi cooperando con gli organismi internazionali, come l’Assemblea Mondiale della Sanità, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine con sede a Vienna, l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani e il Consiglio d’Europa, e che fornisca sostegno a questa causa ogni volta che è necessario.

Questa decisione del Parlamento austriaco è la risposta alla petizione presentata da cittadini austriaci lo scorso ottobre, che riportava: «Noi austriaci non vogliamo gli organi dalla Cina per i quali vengono uccise persone innocenti».

Nel giugno 2019, un tribunale popolare indipendente con sede a Londra, dopo un’indagine durata un anno che ha preso in considerazione le testimonianze di oltre 50 persone, ha confermato che le prove acquisite dimostrano che il prelievo forzato di organi in Cina è praticato da decenni e su vasta scala.

Sir Geoffrey Nice QC, presidente del tribunale che in precedenza ha guidato l’accusa dell’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic per crimini di guerra, ha sentenziato: «Ciò dimostra che molte persone sono morte in modo indescrivibilmente orribile senza motivo, e che altre potrebbero soffrire nello stesso modo». Ha poi aggiunto che non ci sono affatto «prove» che l’abuso dei trapianti, «la più grande violazione dei diritti umani sulla persona», sia cessato.

Il 12 giugno, anche il Belgio ha adottato una risoluzione che condanna la costante pratica del prelievo forzato di organi in Cina. In una legge approvata nell’aprile 2019, il Paese ha vietato ufficialmente ai suoi cittadini di recarsi all’estero per un trapianto di organi. I trasgressori rischiano fino a 20 anni di reclusione con una multa di 1,2 milioni di euro.

I praticanti del Falun Gong con gli striscioni gialli, durante una parata a Hong Kong, 9 dicembre 2018. (Li YiThe Epoch Times)

L’associazione della Falun Dafa austriaca ha accolto con piacere il gesto del Parlamento austriaco, affermando che la risoluzione è arrivata in un «momento importante», alla luce della recente decisione, da parte della Cina, di imporre una legge di sicurezza nazionale su Hong Kong. La nuova legge prevede l’istituzione di un’agenzia di sicurezza del governo pechinese nella città. Nel comunicato stampa in tedesco del 25 giugno, l’Associazione aveva espresso preoccupazione per i praticanti del Falun Gong di Hong Kong, che «potrebbero diventare vittime del prelievo forzato di organi».

Da quando nel 2006 gli informatori hanno portato alla luce l’inquietante problema per la prima volta, questa è divenuta una preoccupazione a livello internazionale.

Lo scorso agosto, il Comitato nazionale repubblicano statunitense da 168 membri, ha approvato all’unanimità una risoluzione che denuncia la «vile pratica». A maggio, la richiesta di risposta al «genocidio per gli organi» è stata una delle 12 raccomandazioni che il team di sorveglianza di Washington, il Comitato per il Pericolo Presente, ha presentato al presidente Donald Trump e al Congresso degli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti, il Canada, la Repubblica Ceca e l’Italia sono tra i Paesi che negli ultimi anni hanno avviato o adottate misure per porre un freno agli abusi dei trapianti di organi.

 

Articolo in inglese: Austria, Belgium Stand up to Beijing’s Forced Organ Harvesting Practices

 
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