Arrestati 11 cinesi che avevano inviato foto sugli inizi del Covid-19 a Epoch Times

Di Eva Fu

11 cittadini cinesi sono stati arrestati per aver fornito delle foto all’edizione in lingua cinese di Epoch Times nei primi giorni della pandemia Covid-19.

Gli 11 sono tutti aderenti al Falun Gong, una pratica spirituale che è pesantemente perseguitata dal regime comunista da decenni. E si trovano da più di un anno in un centro di detenzione cinese in attesa di processo.

I loro legali riferiscono che le autorità di Pechino inizialmente li hanno accusati di «usare una religione eretica per sabotare l’applicazione della legge», un’accusa spesso rivolta sia ai praticanti del Falun Gong che ai credenti di altre fedi. Il reato è punibile con l’ergastolo, secondo la Procura Suprema del Popolo, il massimo organo di accusa del regime.

Gli arresti sono avvenuti a Pechino il 19 luglio dello scorso anno, un giorno prima del 21° anniversario della persecuzione del Falun Gong da parte del regime.

Oltre alla fede di queste persone, ciò che ha attirato l’ira delle autorità sembravano essere gli sforzi per pubblicizzare foto e informazioni durante i primi giorni dell’epidemia di Covid-19 e dei lockdown.

Il Committee to Protect Journalists, un gruppo con sede a New York che sostiene la libertà di stampa, ha affermato che gli 11 sono stati incriminati per aver inviato materiale a Epoch Times: «La Cina deve smettere di cercare di impedire ai suoi cittadini di riportare le notizie e pubblicare fotografie sulle sue restrizioni Covid-19», ha affermato Steven Butler, coordinatore del programma Asia del gruppo, il 24 agosto. «Le 11 persone arrestate per aver inviato foto e informazioni a Epoch Times dovrebbero essere rilasciate immediatamente dal carcere, con tutte le accuse ritirate».

Una studentessa passa davanti a polizia e funzionari mentre arriva in una scuola superiore a Pechino il 27 aprile 2020. (Greg Baker/Afp via Getty Images)

Un portavoce di Epoch Times ha espresso preoccupazione per la sicurezza di questi praticanti del Falun Gong: «Chiediamo alla comunità internazionale di condannare questa violazione della libertà di stampa».

Xu Na, uno dei praticanti detenuti, è una poetessa e pittrice freelance sulla cinquantina. Ha perso il marito per la persecuzione più di dieci anni fa, dopo che entrambi sono stati arrestati per la loro fede, mesi prima delle Olimpiadi di Pechino nel 2008.

Il marito di Xu, un musicista folk, è stato torturato a morte meno di due settimane dopo la sua detenzione all’età di 42 anni; a Xu non è stato permesso di partecipare al suo funerale.

Yu Zhou e Xu Na. (Minghui.org)

Liang Xiaojun, uno degli avvocati che rappresenta Xu, ha fatto notare che molti altri rischiano la condanna per vent’anni: «E tutto questo semplicemente per aver immortalato i momenti più comuni nelle strade di Pechino durante la pandemia. Che razza di Paese è questo!», ha scritto Liang in un post su Twitter ad aprile.

Intanto, un giudice ha impedito all’altro avvocato di Xu di difenderla, nonostante le sue ripetute trattative con loro, cosa che ha descritto come un «evidente abuso di potere». «Hanno paura che le persone dicano la verità», ha detto l’avvocato Xie Yanyi in un’intervista del 24 agosto a Epoch Times, in cui ha definito le accuse «inventate». Del resto, indipendentemente dalle pratiche religiose di una persona, è «entro i limiti legali» per i cittadini fare foto relative all’epidemia e metterle online.

Il regime cinese ha strettamente controllato le informazioni relative alla pandemia nel tentativo di sopprimere qualsiasi notizia sfavorevole, come i dati precisi sul bilancio delle vittime, gli effetti delle sue rigide politiche di lockdown e le informazioni sul funzionamento del laboratorio di Wuhan al centro della teoria da fuga di laboratorio.

I cittadini cinesi che hanno cercato di trasmettere informazioni non filtrate relative alla pandemia dalla sua comparsa nella Cina centrale alla fine del 2019, sono stati spesso puniti.

Li Wenliang, un oculista di 34 anni a Wuhan, aveva avvertito i suoi colleghi medici sui casi «simili alla Sars» su un’app di social media nel dicembre 2019, quando le autorità definivano ancora la malattia una «polmonite sconosciuta». Era poi stato rimproverato dalla polizia, ed è in seguito morto a causa del virus.

Il blogger Zhang Zhan sta ivece scontando una condanna a quattro anni per aver parlato dell’epidemia da Wuhan. A causa di un prolungato sciopero della fame in segno di protesta, ora pesa solo 40 kg. «Il governo ha la responsabilità di proteggere la sua gente», ha affermato l’avvocato Xie. «Se tu, come governo, non hai divulgato informazioni sufficienti per soddisfare le esigenze del pubblico, come puoi vietare ai cittadini di raccogliere tali informazioni e condividerle per proteggersi?».

 

Articolo in inglese: Journalist Group Calls on China to Release 11 Who Supplied Pandemic Photos to The Epoch Times

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