Arcivescovo Viganò: la Chiesa cattolica infiltrata dai globalisti

Di Ella Kietlinska

«C’è un gruppo di cospiratori che ha lavorato e continua a lavorare nel cuore della Chiesa» per conto dell’élite globalista. Lo afferma l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, noto sostenitore di Trump, in una recente intervista. L’ecclesiastico definisce questo gruppo come la ‘Chiesa profonda’ e ha spiegato che il loro obiettivo è demolire il papato e prenderne il potere.

«Gran parte di loro sono identificabili, ma i più pericolosi sono quelli che non si espongono, quelli che non vengono mai menzionati dai quotidiani», ha spiegato Viganò durante l’intervista con Steve Bannon, conduttore del programma War Room.

Viganò è un ex ambasciatore del Vaticano negli Stati Uniti, e secondo lui la ‘Chiesa profonda’ [‘deep church’, ndt] ha anche collaborato con lo ‘Stato profondo’ [deep state, ndt] in America: i loro contatti sarebbero stati agevolati negli anni ‘90 da un ex cardinale americano che conduceva missioni politiche in Cina per conto del governo statunitense. Il termine ‘deep state’ viene spesso utilizzato per riferirsi a un gruppo di persone influenti dietro le quinte che controllano le politiche governative.

Viganò ritiene che l’accordo sulla nomina dei vescovi tra il Vaticano e il regime cinese «ha privato i cattolici cinesi dell’irriducibile difesa che il Papato aveva sempre rappresentato per loro», e che costituisca un atto di complicità tra la Chiesa profonda e il regime comunista cinese, alleato del ‘deep state’ globale.

«Fino al pontificato di Benedetto XVI, il Papato non aveva fatto accordi con la dittatura di Pechino, e il Pontefice di Roma manteneva il diritto esclusivo di nominare vescovi e governare le diocesi», ha proseguito l’arcivescovo.

Ma il Vaticano e la Cina hanno stipulato un accordo segreto nel 2018 che ha dato al regime cinese l’autorità di nominare i vescovi, concedendo al Papa il diritto di porre il veto sulle nomine; questo almeno è quanto scritto in un rapporto stilato nel 2019 (pdf) dalla Commissione esecutiva del Congresso degli Stati Uniti sulla Cina. E nell’ottobre del 2020 l’accordo in questione è stato prorogato per altri due anni.

Secondo l’arcivescovo, «la dittatura del Partito Comunista Cinese (Pcc) è, da un lato, alleata del deep state globale, affinché possano raggiungere insieme gli obiettivi che hanno in comune. Al contempo, i piani del deep state per il Grande Reset rappresentano un’opportunità per il Pcc di aumentare il potere economico della Cina nel mondo, a partire dall’invasione dei mercati nazionali».

«La Cina sta perseguendo un piano interno per ripristinare la tirannia maoista, che richiede la cancellazione delle religioni (in primo luogo la religione cattolica), sostituendole con una religione di Stato che ha sicuramente molti elementi in comune con la religione universale auspicata dall’ideologia globalista», ha continuato Viganò.

«Ci troviamo di fronte a un infame tradimento della missione della Chiesa di Cristo, compiuto dai suoi massimi dirigenti in aperto contrasto con i membri della gerarchia della Chiesa cattolica cinese clandestina che sono rimasti fedeli a nostro Signore e alla sua Chiesa».

Viganò ha quindi elogiato il cardinale Joseph Zen – il vescovo emerito di Hong Kong che si è opposto all’accordo tra il Vaticano e la Cina – definendolo «un eminente confessore della fede».

Poco prima della proroga dell’accordo, Zen si era recato in Vaticano con l’intenzione di incontrare il Papa per aggiornarlo sulla situazione di Hong Kong e della Chiesa cattolica in Cina. Tuttavia, a Zen non è stata concessa un’udienza.

In quei giorni, Zen ha dichiarato al Daily Compass: «L’idea di stringere accordi con Pechino è folle. È come cercare di fare un patto con il diavolo».

Globalismo contro nazionalismo

Viganò ha criticato l’Unione Europea per il suo recente accordo sugli investimenti commerciali con il regime comunista cinese, noto per le sue sistematiche violazioni dei diritti umani e per la sua violenta repressione del dissenso. Nell’ambito dell’accordo concluso alla fine di dicembre, il regime cinese si è impegnato a migliorare l’accesso al suo mercato per gli investitori dell’Ue.

Il presidente cinese Xi Jinping stringe la mano al fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, Klaus Schwab (L) prima di tenere un discorso durante la prima giornata del World Economic Forum a Davos, Svizzera, il 17 gennaio 2017. (Fabrice Coffrini /AFP via Getty Images)

Durante l’intervista, Steve Bannon, conduttore del programma ed ex capo stratega della Casa Bianca, ha ricordato che ndurante il World Economic Forum di Davos nel 2017, il segretario generale del Partito comunista cinese Xi Jinping ha tenuto un discorso che è stato lodato da tutti i partecipanti. E secondo lui, quello di Davos è «il raduno più elitario che esista nel mondo della finanza e delle comunità politiche e culturali».

Bannon ha quindi sottolineato che in quell’occasione Xi ha parlato dei suoi progetti di globalizzazione e del ruolo della Cina come locomotiva, definendo gli altri Paesi come ‘Stati subordinati’ e spiegando al pubblico che i progetti avrebbero consentito loro «di fare più soldi che mai».

Tuttavia, secondo Bannon, Xi ha anche prospettato un problema che avrebbe potuto ostacolare questi progetti: il nazionalismo populista. Parafrasando il ragionamento di Xi, Bannon ha detto: «Tutte le masse ignoranti che non sono state addestrate o non fanno parte dell’élite vogliono avere voce in capitolo».

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump presta giuramento mentre sua moglie Melania Trump tiene in mano la Bibbia, sul lato occidentale del Campidoglio degli Stati Uniti a Washington il 20 gennaio 2017. (Chip Somodevilla/Getty Images)

Tre giorni dopo il presidente Donald Trump ha pronunciato il suo famoso discorso inaugurale. Al cuore del suo discorso c’era il concetto di sovranità nazionale, «una difesa dello Stato-nazione, uno Stato-nazione come unità, e [l’idea, ndr] che l’uomo può ottenere il massimo della libertà in un mondo molto imperfetto», ha affermato Bannon, descrivendo la visione di Trump presentata nel discorso come un progetto nazionalista.

Secondo Bannon, ogni persona che partecipa all’incontro annuale del World Economic Forum di Davos sa tutto sui campi di concentramento per gli uiguri, la persecuzione dei cristiani domestici, il prelievo forzato di organi, la soppressione della chiesa cattolica clandestina, la persecuzione e la tortura dei praticanti del Falun Gong, il movimento per la democrazia e la situazione a Hong Kong: hanno informazioni accurate su tutto e semplicemente a loro non importa.

Il modello di business cinese si basa sul lavoro in schiavitù del popolo cinese – ha continuato Bannon – che è sottopagato e costretto a fare orari incredibili nelle fabbriche: «Il lavoro in schiavitù della Cina si ripercuote in tutto il mondo nelle esportazioni e fa sì che i lavoratori di tutto il mondo, sia che si trovino in India, sia che si trovino in Europa occidentale o negli Stati Uniti, non ottengano mai aumenti di stipendio. Il miracolo di Donald Trump è stato far sì che gli operai potessero effettivamente ottenere aumenti di stipendio».

Bannon ha infine dichiarato che i due discorsi, quello di Xi e quello di Trump, rappresentano «due modi diametralmente opposti di concepire il mondo. Uno si basa su centinaia di anni di libertà imperfetta, come lo è stata, l’altro è un modello totalitario».

Il Grande Reset

Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum (Wef), spiega sul sito web dell’organizzazione che il Grande Reset è un concetto per passare dal «capitalismo azionario» al cosiddetto «capitalismo degli stakeholder», utilizzando tasse sul patrimonio, normative e politiche fiscali orientate all’uguaglianza e alla sostenibilità, promuovendo una maggiore uguaglianza di risultati, e utilizzando la Quarta Rivoluzione Industriale per affrontare le sfide sanitarie e sociali.

Nel giugno del 2020, Schwab ha annunciato sul sito del Wef: «Ora è il momento di un Grande Reset. I cambiamenti che abbiamo già visto in risposta al Covid-19 dimostrano che un reset delle nostre fondamenta economiche e sociali è possibile».

La Quarta Rivoluzione Industriale – ha scritto Schwab – includerà dispositivi mobili con una potenza di elaborazione, capacità di archiviazione e di accesso alla conoscenza senza precedenti, dando così ai governi «nuovi poteri tecnologici per aumentare il loro controllo sulle popolazioni, tramite sistemi di sorveglianza pervasivi e la capacità di controllare le infrastrutture digitali».

Questa ‘rivoluzione’ porrà anche delle problematiche per la privacy delle persone, dato che il tracciamento e la condivisione delle informazioni sulle persone sono parte cruciale della nuova connettività, ha scritto Schwab: «Le rivoluzioni che si stanno verificando nel campo delle biotecnologie e dell’intelligenza artificiale (Ia) […] ci costringeranno a ridefinire i nostri confini morali ed etici».

Viganò sostiene che gli architetti del Grande Reset stiano usando i media mainstream per far credere alla gente «che i cambiamenti radicali che vogliono imporre siano stati resi necessari da una pandemia, dal cambiamento climatico e dal progresso tecnologico».

Di fatto, Schwab ha scritto: «Dobbiamo costruire fondamenta completamente nuove per i nostri sistemi economici e sociali» al fine di affrontare le crisi causate dalla pandemia, dal cambiamento climatico e dalla crisi sociale.

L’arcivescovo ha infine dichiarato: «Dobbiamo diventare tutti consapevoli di quanto i fautori del Nuovo Ordine Mondiale e del Grande Reset odino i valori inalienabili della nostra civiltà greco-cristiana, come la religione, la famiglia, il rispetto per la vita, i diritti inviolabili della persona umana, e la sovranità nazionale».

 

Articolo in inglese: Catholic Church Is Infiltrated by Globalists: Archbishop Carlo Maria Viganò

 
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