Apple e Amazon cedono alla censura cinese

Apple e Amazon, due delle più grandi aziende tecnologiche al mondo, hanno silenziosamente accettato le richieste di censura del regime cinese, sottomettendosi agli ordini del ministero di Pubblica Sicurezza, l’organo del Partito Comunista Cinese posto a controllo di tutte le telecomunicazioni in Cina. I due provvedimenti fanno seguito a una nuova legge sulla sicurezza che potrebbe minacciare ulteriormente la proprietà commerciale.

Apple, tra vendite in calo nel gigante asiatico (suo secondo mercato più grande), ha eliminato le applicazioni Vpn virtuali dagli Apple Store in Cina, che fornivano una rara finestra per la circolazione di libera informazione. La mossa potrebbe spingere Apple a tenersi buono il regime comunista cinese ma a danno della credibilità costruita nel 2016, quando si era opposta a un ordine dell’Fbi di sviluppare software per sbloccare l’iPhone 5C di un terrorista.
Amazon, che fornisce servizi di cloud computing ad altre aziende, ha fatto lo stesso attraverso il suo fornitore cinese, la Beijing Sinnet Technology, e potrebbe lasciare i clienti venditori a maggiore monitoraggio e censura.

Le reti di telecomunicazioni private (Vpn) creano una connessione sicura e crittografata tra due utenti. Nel caso di Apple, le applicazioni consentivano agli utenti di accedere a siti web oscurati dal Grande Firewall cinese. Anche Amazon consentiva questo e Sinnet notificava agli utenti di non utilizzare il software di elusione. In pratica le Vpn sono un modo con cui aziende, governi e persone ricevono informazioni in Cina senza essere monitorati o censurati.

Apple potrebbe essere tollerata dal regime poiché ha eliminato dai suoi negozi le app che possono scaricare notizie censurate e i social media. L’azienda di Cupertino ha infatti dichiarato di seguire leggi e normative locali: un comportamento che Apple, secondo l’amministratore delegato Tim Cook, adotta in tutti i Paesi in cui opera. Cook ha anche aggiunto che Apple intende impegnarsi anche con i governi con cui si trovi in disaccordo.

Ma considerata questa tacita sottomissione, alcuni critici ritengono che l’azienda di Cupertino abbia disonorato la sua proverbiale libertà pensiero che l’ha contraddistinta negli anni. Alcuni osservatori, come Willy Wo-Lap Lam dell’Università di Hong Kong, hanno descritto la mossa come un «qui pro quo commerciale e politico tra Apple e il governo cinese».

Ma anche se si sta piegando, Apple sta vivendo in Cina momenti difficili: i ricavi sono in stagnazione e le vendite in calo. E l’iPhone perde terreno a favore dei rivali locali, sviluppati in parte attraverso la tecnologia che le aziende americane sono state costrette a condividere nelle joint venture cinesi.

Inoltre Apple sta costruendo un nuovo data center nella provincia di Guizhou, in ottemperanza della legge sulla sicurezza informatica del primo giugno decisa da Pechino che impone alle imprese in Cina di memorizzare i dati degli utenti all’interno delle frontiere statali.
L’ampia portata di questo provvedimento preoccupa aziende e governi nazionali: oltre a imporre alle società di memorizzare informazioni sui server nazionali, questa legge può anche comportare una ‘revisione di sicurezza’ di tutti i dati in uscita dalla Cina. Pechino potrebbe quindi sottrarre importanti tecnologie e segreti commerciali. E anche GreatFire, sviluppatore di strumenti web per eludere la censura cinese attivo nel monitoraggio delle attività di censura del Grande Firewall, ha avvertito degli impatti di questo provvedimento.

Come è noto, in passato il Partito Comunista Cinese non si è fatto scrupolo di acquisire tecnologia a scopi commerciali, utilizzando militari e hacker pagati dallo Stato. Per cui la nuova legge sulla sicurezza in Cina può essere interpretata come un modo per eliminare le barriere legali allo scopo di rubare informazioni

La nota stonata, per diversi liberi attivisti di internet, è la tranquillità con cui i giganti americani come Amazon, Microsoft e Apple hanno accettato le richieste del regime dittatoriale di Pechino: l’ormai famigerato comportamento di Yahoo (che nel 2005 ha consegnato al regime l’indirizzo Ip di un giornalista causando a quest’ultimo una condanna a dieci anni per aver inviato una lista di richieste di censura a una no-profit) ne è un perfetto esempio, e si spera non costituisca un precedente.

Intanto Microsoft è da tempo accusata di aver consentito a Pechino di censurare parole chiave sul suo motore di ricerca Bing, omettendo i risultati delle ricerche come ‘Dalai Lama’ oppure rendendo visibili solo le fonti statali. Il colosso di Bill Gates, che in precedenza aveva lottato per non divulgare il codice sorgente al regime cinese e aveva intrapreso altri sforzi in nome della sicurezza informatica e dell’anti-terrorismo, ha cambiato tono dopo il rilascio di Windows 10 China Government Edition, una versione adattata al settore pubblico: «Oggi è un onore e un privilegio essere in Cina, il luogo centrale di alcune invenzioni che hanno cambiato la vita in tutto il mondo come la carta, l’abaco e la prima stampante di tipo mobile», dichiara Microsoft su uno dei suoi blog.

Insomma, le aziende di maggior peso come Microsoft e Apple cedono alle richieste di un regime totalitario senza alcuno sforzo apparente, a parte l’eccezionale  lettera alla Camera di Commercio americana. E nemmeno ammettono più di tanto di stare intraprendendo azioni che vanno contro agli interessi di utenti e soci.
L’unica azienda a fare eccezione è Google.

L’ECCEZIONE GOOGLE

Nel 2006 Google ha iniziato a offrire i suoi servizi di ricerca  in Cina e si è conformata alle richieste di censura cinese, dichiarando che era il prezzo da pagare per poter servire gli utenti cinesi e informando che i suoi risultati venivano filtrati.

Ma dopo che il regime ha hackerato decine di società tra cui Google e gli account Gmail degli attivisti cinesi per i diritti umani, l’azienda californiana si è rifiutata di andare avanti a filtrare i propri risultati, permettendo di effettuare ricerche libere dalla sua versione di Hong Kong (che dopo pochi mesi è stata però oscurata dal regime). E d’altronde a Mountain View sapevano che con ogni probabilità i propri servizi (così come era già successo a Twitter, Flickr e altri) sarebbero stati bloccati a breve.

Intanto le critiche ad Apple aumentano: «Apple dovrebbe tenere duro – ha scritto Mike Butcher in un commento apparso su Tech Crunch – Avrebbe dovuto essere all’altezza della propria posizione di forza sul mercato, dal momento che è il più importante produttore dispositivi mobili. Restando fedele ai propri principi, Apple avrebbe avuto la forza di difendere i propri valori aziendali, nel rispetto dei suoi clienti tutto il mondo».

Articolo in inglese: ‘Apple and Amazon Leave Users in China Exposed

Traduzione di Massimiliano Russano

 
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