Molti investitori sono preoccupati e si pongono domande su come il rallentamento della crescita economica della Cina, la crisi immobiliare e altri problemi economici potrebbero influire sulle loro attività e interessi.
La Cina, la seconda economia più grande del mondo e un importante motore della crescita globale, si trova ad affrontare enormi sfide economiche, suscitando timori sulla sua stabilità e sul suo futuro. Sebbene Pechino affermi che l’economia è tornata al livello tendenziale pre-pandemico, una crisi immobiliare sempre più profonda, fattori esterni avversi come le tensioni commerciali con gli Stati Uniti, l’enorme onere del debito e le pressioni inflazionistiche globali hanno ridotto la competitività delle esportazioni cinesi e stanno minacciando di gettare l’economia in una crisi a lungo termine.
La ripresa economica post-pandemia è in fase di stallo
Perché la ripresa economica post-pandemica della Cina si è arrestata? È un problema più ciclico che strutturale?
Secondo una nota riservata ai clienti di Ubs Securities Asia ottenuta da Epoch Times, quest’anno si prevedeva che l’economia cinese si sarebbe ripresa dopo quasi tre anni di politica zero-Covid. Si attendeva infatti una ripresa dei consumi dovuta alla normalizzazione economica e alla liberazione dei risparmi delle famiglie.
Dopo il forte calo dello scorso anno, gli esperti ritenevano che l’attività immobiliare si sarebbe stabilizzata e che la modesta crescita della spesa di bilancio di Pechino avrebbe compensato il calo delle esportazioni.
Ma Ubs ha fatto notare che le nuove costruzioni e le vendite di case sono diminuite drasticamente nel secondo trimestre (Q2) e nel terzo trimestre (Q3) del 2023, ponendo fine al breve rimbalzo immobiliare. Anche l’assenza di misure di facilitazione per gli acquirenti di case e di aiuti ai costruttori e il deterioramento del sentiment del mercato hanno innescato un nuovo calo dell’attività immobiliare.
La minore domanda globale ha danneggiato le esportazioni durante il secondo trimestre, mentre la riduzione delle vendite di terreni e le entrate fiscali inferiori alle attese hanno ridotto la spesa fiscale generale.
Poiché le famiglie non hanno speso i loro soldi, la fiducia dei consumatori è rimasta bassa.
Pertanto, alcuni economisti e analisti ritengono che i problemi economici della Cina siano strutturali a causa del calo demografico, delle restrizioni più severe che danneggiano la fiducia del settore privato e delle pressioni estere sul ‘divorzio’ economico.
L’economista di Ubs Tao Wang ritiene che i problemi economici siano ciclici: «Tuttavia, nonostante le sfide demografiche a lungo termine, l’attuale debolezza del mercato del lavoro cinese e l’elevata disoccupazione giovanile indicano problemi ciclici e che l’economia è al di sotto del potenziale di crescita». Inoltre l’inasprimento delle politiche, la pandemia e i lockdown hanno causato i cali del settore immobiliare più rapidi della storia, che riflettono il cambiamento dei fondamentali a lungo termine, compresi i dati demografici.
La fiducia delle imprese è bassa a causa dell’inasprimento normativo, delle preoccupazioni persistenti sul futuro del settore privato, delle pressioni per spostare le catene di approvvigionamento lontano dalla Cina e del calo degli ordini e degli utili a causa della debole domanda interna e globale, in parte dovuta alla saturazione della domanda di prodotti tecnologici cinesi: «Crediamo che i fattori ciclici siano ugualmente responsabili del rallentamento economico», ha scritto.
Mancanza di stimoli
Perché finora Pechino non ha fornito ulteriori stimoli?
Gli investitori stranieri si chiedono perché le misure politiche siano state meno vigorose dopo la riunione del Politburo di luglio e se Pechino sia ancora interessata allo sviluppo economico.
La Wang spiega che secondo Ubs, la crescita è ancora un obiettivo del governo, ma non l’unico o il principale: «Una delle ragioni della lenta mossa politica potrebbe essere una tardiva comprensione della debolezza della ripresa cinese: la ripresa è stata disomogenea, con elementi forti [compresi i viaggi nazionali e, nel primo trimestre, le proprietà, ndr] che coesistono con aree di debolezza».
Ha inoltre osservato che le attuali questioni economiche sono complicate e che il margine di bilancio è limitato, quindi non esiste uno stimolo diretto per rilanciare l’economia: «Il settore immobiliare ha certamente bisogno di sostegno e gli imprenditori hanno un disperato bisogno di ulteriore credito, ma non è chiaro al governo se dovrebbero e potrebbero reflazionare il mercato immobiliare data la diminuzione della popolazione, il rallentamento dell’urbanizzazione, l’elevato numero di proprietà immobiliari e l’elevata leva finanziaria».
Tuttavia, secondo Adam Upton, gestore di portafoglio per le azioni asiatiche presso Aop Capital con sede a Hong Kong, uno stimolo su larga scala focalizzato sul settore immobiliare potrebbe essere efficace nel rilanciare l’attività a breve termine, ma non fa «nulla per riequilibrare la crescita economica allontanandola dagli investimenti in immobilizzazioni e causerebbe problemi più grandi» in futuro.
«Sebbene esistano molte forme di stimolo che potrebbero fornire una spinta immediata, il governo cinese ha finora dimostrato di essere pronto a convivere con una crescita inferiore per riequilibrare l’economia».
«Gli aggiustamenti strutturali come l’Hukou e la riforma fiscale, anche se meno entusiasmanti per i mercati nel breve termine, sono più importanti per la sostenibilità a lungo termine». «Hukou» si riferisce al sistema cinese di registrazione delle famiglie.
Crisi immobiliare
Qual è il percorso più probabile della recessione del settore immobiliare? E qual è il ruolo di Pechino?
«I due paragoni più spesso citati quando si considerano i problemi del settore immobiliare cinese sono il Giappone nel 1990 o Hong Kong nel 1997», ha affermato Upton.
Secondo Upton, anche se ogni situazione è diversa in termini di reddito, accessibilità e livelli di scorte, il mercato immobiliare giapponese, dal picco al minimo, è durato circa 14 anni, mentre quello di Hong Kong circa sei anni: «Seguendo queste esperienze come guida, [la crisi immobiliare, ndr] potrebbe richiedere almeno altri quattro o cinque anni prima che il mercato trovi il suo minimo. Inoltre, quando le acque si saranno calmate nel settore, gli analisti si aspettano generalmente che i livelli di attività nel settore siano inferiori del 20-30% rispetto ai picchi di attività».
Ciò ha implicazioni per la crescita del Pil «perché è necessario qualcos’altro [come le esportazioni nette, i consumi o la spesa pubblica, ndr] per riempire lo spazio».
Secondo Ubs, Pechino può sostenere sia il lato della domanda che quello dell’offerta del mercato immobiliare per contribuire a stabilizzare il settore. Dal lato dell’offerta, le autorità centrali potrebbero aumentare il sostegno creditizio ai costruttori, compresi maggiori prestiti bancari ai progetti immobiliari in fase di stallo per garantire la consegna e finanziamenti ponte, per evitare default su larga scala.
Dal lato della domanda, Pechino potrebbe rimuovere le rimanenti restrizioni sull’acquisto di case e abbassare i requisiti di acconto per i mutui secondari al 30% (dal 40 al 50%) nelle grandi città.
Il 31 agosto, le autorità cinesi, tra cui il Ministero dell’edilizia abitativa e la Banca popolare cinese, hanno proposto misure di riforma, come la rimozione delle restrizioni sull’acquisto di case nei quartieri non centrali delle principali città come Pechino, Shanghai e Shenzhen. Queste restrizioni – che limitano gli acquisti immobiliari da parte dei cosiddetti non residenti non qualificati e il numero di proprietà che le persone possono acquistare – sono in vigore in numerose città dal 2010. Negli ultimi anni molte città più piccole hanno allentato le restrizioni sull’acquisto di case per promuovere la domanda, ma le grandi città tradizionalmente bersaglio di acquisti speculativi, sono rimaste caute.
Secondo la Wang, anche aumentare gli investimenti nella cosiddetta «ristrutturazione dei villaggi urbani» e nella costruzione di alloggi pubblici potrebbe aiutare.
Crisi del debito
Quanto è grave la crisi del debito per i comuni cinesi? Ci sarà un grave default? Come si potrebbero affrontare i problemi del debito locale?
La nota dell’Ubs afferma che a fine 2022 il debito esplicito del governo locale della Cina, che comprende titoli di Stato locali regolari e speciali, era di 35 mila miliardi di yuan (circa 4790 miliardi di dollari), ovvero il 29% del Pil.
D’altra parte, il debito dei veicoli finanziari del governo locale (Lgfv), è stato stimato a circa 59 mila miliardi di yuan nel 2022. Tuttavia, anche se non tutto il debito Lgfv dovrebbe essere conteggiato come debito implicito del governo locale, dato che si supponeva che alcuni Lgfv fossero gestito a livello commerciale, varie definizioni porterebbero ancora il debito totale esplicito e implicito del governo locale a 96 mila miliardi di yuan a partire dal 2022, ovvero al 79% del Pil.
La Wang sostiene che «nonostante la grave sfida nel pagamento del debito, è improbabile che la Cina assista a default su larga scala dei Lgfv in futuro».
I governi locali saranno spinti a vendere o a impiegare in modo ottimale i propri asset per ripagare e ridurre al minimo il debito implicito: «I governi locali possiedono molti beni, comprese imprese statali per un totale di 206 mila miliardi di yuan nel 2021, e teoricamente, i governi locali possono trasferire parte dei beni a Lgfv, venderli o ipotecare questi beni per ottenere liquidità».
Tuttavia, poiché i beni statali potrebbero non essere facili da smaltire, in quanto potrebbero essere difficili da valutare e impraticabili da vendere – ad esempio le infrastrutture – questo processo sarà probabilmente solo graduale, ha aggiunto.
Articolo in inglese: ANALYSIS: Top 4 Foreign Investors’ Concerns on China’s Economy
