Alitalia verso la nazionalizzazione?

La nebbia calata sulla vicenda Alitalia subito dopo lo spoglio elettorale inizia solo ora a diradarsi, in concomitanza con il delinearsi dei possibili panorami politici al Governo. E all’orizzonte si intravede ancora la tedesca Lufthansa, i cui vertici si sono incontrati nuovamente con i tre commissari di Alitalia lo scorso venerdì.

Niente di nuovo, comunque, per il commissario straordinario di Alitalia Luigi Gubitosi che, secondo il Il Sole 24 Ore, avrebbe minimizzato l’esito della riunione. Gubitosi, al Forum di Confcommercio a Cernobbio, in merito alla vendita di Alitalia ha dichiarato ai giornalisti: «Ovviamente è il governo che decide quello che succede. La scadenza di legge è prevista al 30 aprile, poi si vedrà […] scelte di questo tipo non vengono fatte dai commissari in autonomia, ma vengono determinate dalla volontà del governo in carica, qualunque esso sia al momento della presa di decisione».

Così come accadeva prima delle elezioni comunque, anche ora con il probabile nuovo esecutivo Di Maio-Salvini, Lufthansa sembra rimanere ancora la soluzione più accreditata. Ma il nuovo Governo avrebbe adesso, a differenza del governo uscente, il tempo materiale per risanare sul serio l’ex compagnia di bandiera (scadenza del bando permettendo), ed evitare così che si verifichi quello che Salvini e Di Maio hanno più volte contestato, ovvero la «svendita» e la perdita dei posti di lavoro.

Non a caso, a metà marzo, l’amministratore delegato tedesco Carsten Spohr ha ribadito l’interesse su Alitalia: «Restiamo pronti all’acquisto se ci offrono una chance. Ma devo ripetere che Alitalia nelle attuali condizioni per noi non è interessante. Lo sarebbe un’azienda ristrutturata».

Una ristrutturazione che appunto, nonostante il lavoro dei tre commissari straordinari, Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, secondo la stampa tedesca finora non c’è stata. A dicembre, agli Stati generali del Trasporto Aereo (evento organizzato dal M5s), Di Maio aveva posto l’enfasi su una strategia di ‘rilancio’ di Alitalia, e non su un suo ‘salvataggio’. Il candidato premier del M5s aveva promesso che, nel caso il suo partito fosse salito al governo, avrebbe sostituito i commissari della «vecchia governance» non senza prima farsi indicare ogni spreco nei bilanci, e individuato i responsabili del fallimento. I nuovi commissari avrebbero dovuto poi valutare in maniera «oggettiva» le manifestazioni di interesse e tutelare i dipendenti; quest’ultimo un punto enfatizzato più volte anche da Salvini.

Quindi, in breve, per il possibile nuovo governo il riefficientamento di Alitalia non deve passare per forza attraverso il taglio dei posti di lavoro. Una volta risanata Alitalia, si potrà parlare anche con Lufthansa, ha ribadito Di Maio a Rtl 102.5 a fine febbraio: «Su Alitalia prima di tutto voglio leggere il bilancio 2016. Voglio tagliare prima quello che non serve, il 30 per cento di spese inutili e poi se serve interloquiamo con Lufthansa», che è quello che in effetti chiedono da tempo anche i tedeschi: prima la ristrutturazione. A quel punto, la cifra del personale da tagliare richiesta da Lufthansa potrebbe diminuire, e il prezzo di mercato di Alitalia potrebbe anche aumentare.

Tutto questo però non sarebbe materialmente fattibile entro il 30 aprile, e la data di scadenza del bando potrebbe a questo punto anche essere rimandata.

IPOTESI NAZIONALIZZAZIONE

La domanda che rimane è, tuttavia, in che modo Alitalia potrà essere resa competitiva e «rilanciata» dal nuovo governo, senza spezzatini vari o tagli del personale. A parte quel «30 per cento di spese inutili» da recuperare, l’unica risposta veramente plausibile rimane una parziale nazionalizzazione, quindi una partecipazione, seppur piccola, da parte dello Stato.
E quest’ultima possibilità non è stata esclusa di recente né da Di Maio, né da Salvini, che tuttavia, perlomeno in passato, avevano scartato la possibilità di una rinazionalizzazione.
Infatti a febbraio 2017 il deputato del M5s, durante la trasmissione Matrix, aveva affermato che se ben ristrutturata, Alitalia potrebbe stare sul mercato anche da sola, senza soldi pubblici. E anche Salvini, all’agenzia Vista, il 26 Aprile 2017, aveva scartato l’ipotesi del «denaro pubblico».

Ma, alla Confcommercio a Roma, Salvini ha di recente specificato: «Alitalia non va svenduta alle multinazionali o alle società straniere, ma va valorizzata come compagnia di bandiera […] Un Paese che ha nel turismo una sua fonte di ricchezza non può non avere un ministero dedicato e non può non avere una compagnia di bandiera che risponda all’interesse nazionale e non serva da sub fornitore per aeroporti di altri Paesi europei. Va fatto di tutto perché Alitalia sia al servizio del turismo italiano e non sia svenduta a qualche compagnia straniera».
E allo steso modo, Di Maio a dicembre ha chiarito che il M5s non esclude a priori un intervento dello Stato, nel caso fosse necessario.

Le posizioni del candidato della Lega e del M5s sono dunque simili e convergenti su più punti: «valorizzare» e quindi «rilanciare» Alitalia, dal momento che è un asset importante per il Paese. Con l’accortezza di non lasciare allo sbando migliaia di famiglie italiane, e soprattutto senza «svenderla».
Il tutto considerando che il ‘non svendere’ non signfica automaticamente che in futuro non possa essere comunque stretto un accordo conveniente per Alitalia, con il miglior offerente, e alle nuove condizioni del nuovo governo. Che a quel punto potrebbe facilmente optare per un mix pubblico-privato. Con chi ovviamente sarà disposto ad accettare il ‘compromesso’.

 
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