I vaccini possono aumentare il rischio di malattia

Esperimenti scientifici con l’herpesvirus – causa della malattia di Marek nel pollame – hanno confermato, per la prima volta, la controversa teoria secondo cui alcuni vaccini potrebbero consentire alle mutazioni più resistenti di un virus di sopravvivere, mettendo così gli individui non vaccinati a maggiore rischio di malattia.

Questo potrebbe avere implicazioni gravi, sia per la sicurezza della catena alimentare che per l’economia a questa legata, così come per altre malattie che colpiscono l’uomo e gli animali agricoli.

«La sfida per il futuro è quella di individuare altri vaccini che potrebbero permettere alle versioni più virulente di un virus di sopravvivere e, eventualmente, di diventare ancora più dannose», queste le parole di Andrew Read, uno dei direttori del gruppo di ricerca, riportate dal sito dell’Università della Pennsylvania. Andrew Read è Professore di Biologia e Entomologia e Professore di Biotecnologie presso la Penn State University, e il suo studio è stato pubblicato il 27 luglio 2015 nella rivista scientifica PLoS Biology.

«Quando un vaccino funziona perfettamente – come ad esempio i vaccini per l’infanzia per il vaiolo, la poliomielite, parotite, rosolia e morbillo – impedisce ai soggetti vaccinati di essere colpiti dalla malattia. E impedisce loro anche di trasmettere il virus ad altri», ha continuato il professore. Questa tipologia di vaccini è definita «perfetta», riporta il sito dell’Università della Pennsylvania, poiché sono progettati per simulare l’immunità che gli esseri umani sviluppano naturalmente dopo essere sopravvissuti a una di queste malattie.

«La nostra ricerca dimostra che un altro tipo di vaccino permette a forme estremamente virulente di un virus di sopravvivere, come quella per la malattia di Marek nel pollame, contro la quale l’industria del pollame dipende fortemente dalla vaccinazione per il controllo della malattia», ha dichiarato Venugopal Nair, che ha guidato il gruppo di ricerca nel Regno Unito, dove il lavoro sperimentale relativo a questo studio è stato realizzato.
Nair è il capo del programma sull’aviaria presso l’Istituto Pirbright, che ospita anche il Laboratorio di Referenza dell’OIE sulla malattia di Marek. «Questi vaccini consentono anche al virus virulento di continuare a evolversi proprio perché permettono ai soggetti vaccinati, e quindi a se stessi, di sopravvivere», spiega Nair sul sito dell’Università della Pennsylvania.

I vaccini meno-che-perfetti, invece, creano una barriera che «perde» contro il virus. Questo può portare gli individui vaccinati a ammalarsi, anche se con sintomi meno virulenti. Una volta che gli individui vaccinati sopravvivono abbastanza a lungo per trasmettere il virus a altri, il virus è poi in grado di sopravvivere e diffondersi in tutta una popolazione. «Nei nostri test sul virus Marek, nei gruppi di polli vaccinati e non vaccinati, quelli non vaccinati sono morti mentre quelli che sono stati vaccinati sono sopravvissuti e hanno trasmesso il virus a altri uccelli lasciati in contatto con loro», ha detto Nair. «La nostra ricerca dimostra che l’uso di vaccini può favorire l’evoluzione di ceppi virali più ‘cattivi’, che mettono gli individui non vaccinati più a rischio».

La teoria testata dal team di ricerca è stata molto dibattuta, quando a suo tempo – oltre un decennio fa – era stata proposta per la prima volta. Gli esperimenti di questo gruppo di ricerca ora dimostrano, per la prima volta, che alcuni moderni vaccini, ampiamente utilizzati nella produzione agricola di pollame, possono permettere l’evoluzione di ceppi di virus più resistenti, cosa che la teoria precedente non prevedeva.

La malattia di Marek era considerata una malattia minore, che negli anni ’50 non faceva molto male ai polli. Tuttavia oggi la virulenza del virus si è evoluta ed è anche in grado di uccidere tutti gli uccelli vaccinati nel pollame: in alcuni casi bastano 10 giorni, riferisce il sito dell’Università della Pennsylvania.

Per prevenire l’evoluzione e la fuga di ceppi più virulenti di virus, i ricercatori raccomandano rigorosi test e un vigile monitoraggio dei vaccini di nuova generazione. «Se un giorno avessimo un vaccino contro la malaria o un vaccino contro l’HIV, naturalmente dovremmo usare questi vaccini. Ma saremmo in grande pericolo, se questi vaccini si rivelassero ‘perdenti’ e noi non avessimo sviluppato modi efficaci per sradicare eventuali tensioni che potrebbero diventare più virulente», conclude il professor Read.

 

 
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