Aiuti statali vade retro

Alcuni regimi comunisti del passato e anche quello cinese attuale, hanno sostenuto finanziariamente le chiese. Questo potrebbe sembrare contraddittorio, se non si comprende cosa comporti l’aiuto statale: nel lungo periodo, infatti, tende ad arrecare danni, anziché benefici. In parole povere, quello che il governo finanzia, il governo controlla. È in questo modo che nei Paesi comunisti, le chiese sono diventate di fatto ostaggio dei governi (atei).

Il bitcoin dovrebbe quindi evitare di cadere in questa trappola. Finora, le entità molto vicine ai governi, come le banche, anche se sono state coinvolte negli investimenti in varie blockchain, hanno lasciato il bitcoin per lo più incontaminato. I governi non si sono offerti di finanziare degli investimenti di bitcoin in denaro, e invece si sono limitati a rallentare il progresso della criptovaluta mediante la vigilanza.

Il fatto che i governi non abbiano sostenuto il bitcoin con dei sussidi è una buona notizia, dato che gli aiuti statali a lungo termine creano dipendenza.
Tornando all’esempio precedente, infatti, le chiese dei Paesi comunisti godevano di perfetta salute, quando venivano gestite sulla base dei contributi volontari dei membri. Quando poi hanno avuto la possibilità di basarsi sull’aiuto finanziario del governo, i parrocchiani hanno gradualmente compreso che il proprio contributo monetario non era più così importante, visto che lo Stato pagava lo stipendio del prete e la gestione dell’edificio.

Quando si finanzia privatamente un’attività, ci si sente più connessi a essa: la si prende un po’ più sul serio. Ma il fatto che il governo paghi per una chiesa, ha l’effetto di indebolire le fondamenta religiose e morali della chiesa stessa. Inizialmente potrebbe sembrare un favore, ma il sostegno statale è l’esatto opposto.

CONSEGUENZE INDESIDERATE

Finora i governi del mondo hanno scelto di regolamentare il bitcoin, piuttosto che di ‘aiutarlo’: alcuni hanno creato ambienti più favorevoli e liberi, altri più rigidi.

L’assistenza governativa porta sempre a conseguenze impreviste. Non importa quanto i politici siano benintenzionati: il meccanismo stesso del funzionamento di un governo porterà spesso all’opposto del risultato desiderato.

Un governo non può attaccare il bitcoin nel suo ‘cuore’, dato che si ha a che fare con un organismo notevolmente decentralizzato. In alcuni casi, però, può riuscire a limitarne il progresso soffocando la competizione (come accaduto per esempio a New York nelle Bitlicence). E può limitarne la crescita come metodo di pagamento mediante leggi tributarie punitive.

Ma, regolamentazione a parte, le cose peggioreranno se la comunità del bitcoin accetterà volontariamente un aiuto governativo. Qualsiasi coinvolgimento di uno Stato rallenterebbe l’innovazione e ridurrebbe il contatto tra consumatore e imprenditore, ridurrebbe inoltre la competizione e, in base al livello di coinvolgimento del governo, rischierebbe di provocare problemi ancora più significativi di quelli immediatamente evidenti.

A questo stadio, i governi sono incapaci di danneggiare il successo a lungo termine del protocollo del bitcoin e delle varie funzioni che si basano su di esso, specialmente perché vi è competizione tra i vari governi per fornire un contesto regolamentare più desiderabile.

LA COMPETIZIONE È BUONA, ANCHE PER LE BANCHE

La competizione è molto buona per i consumatori e per l’innovazione. Molti imprenditori la considerano un fattore molto positivo, perché li spinge a dare il loro meglio e a creare una versione molto migliore del loro prodotto, che altrimenti non otterrebbero mai. Quindi che le imprese e le banche competano nello spazio delle blockchain, è una buona notizia. Questi progetti, in realtà, di solito mancano di innovazione. Finora non si è visto niente di remotamente plausibile, dal punto di vista commerciale, ma è comunque positivo che i consumatori abbiano l’opportunità di innamorarsi di questi prodotti o di evitarli.

Tuttavia l’esperienza pratica mostra che molte grandi imprese di successo non sono affatto abili a innovare, perché sono abituate a mercati non competitivi creati da regolamentazioni governative con elevate barriere all’ingresso.
Molte imprese sono più inclini a spingere gli investimenti verso il lobbismo, piuttosto che verso la ricerca e lo sviluppo. Ed è ridicola l’idea che una tecnologia proveniente da questo tipo di imprese possa competere con il bitcoin o addirittura soppiantarlo.

Il bitcoin offre infatti qualcosa che un’ente centralizzato non può attualmente affrontare ad armi pari: essere completamente indipendenti da una fiducia centralizzata è la porta per il futuro. Tuttavia molte industrie producono prodotti ben venduti e molto popolari, che però sono considerati spazzatura da chi di quel settore ne capisce.

Ma è da vedere cosa il mercato deciderà a riguardo del futuro finanziario e che ruolo il bitcoin e altri protocolli crittografati giocheranno in quel futuro.

 

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

Articolo in inglese: Bitcoin: Between Government and Competition

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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