Il governo chiede alle banche 600 milioni per le coperture finanziare della manovra
Manovra arenata in Senato, rinviata di nuovo la digitalizzazione della giustizia
La Legge di Bilancio 2026 è ferma in commissione al Senato e il voto sugli emendamenti, previsto per il 15 dicembre, potrebbe slittare. . Il software ministeriale "App" per l'informatizzazione del processo giudiziario presenta criticità e i magistrati chiedono di sperimentarlo solo in casi limitati

Il ministro alla Difesa Guido Crosetto in aula al Senato durante l'informativa urgente in ordine agli attacchi occorsi a danno della Global Sumud Flotilla e all'evoluzione della situazione sul fronte orientale europeo, Roma, 25 settembre 2025. ANSA/ANGELO CARCONI
Si avvicina il termine per l’approvazione della Legge di Bilancio per il 2026, previsto il 31 dicembre, ma la manovra per ora appare arenata in Commissione al Senato, e l’arrivo in Aula lunedì prossimo potrebbe slittare.
La partita si gioca tutta sugli emendamenti, numerosissimi (inizialmente oltre 5.700, rimasti circa 400 dopo una prima scrematura). Tra le voci più discusse rientrano l’iperammortamento sugli investimenti delle imprese, che dovrebbe essere prorogato oltre il 2026; la stretta sui dividendi delle società partecipate e quella sulle compensazioni tra crediti fiscali e debiti Inps-Inail, che potrebbero essere allentate; l’aumento della cedolare sugli affitti brevi, che verrebbe escluso per la prima casa messa sul mercato (e confermato invece a partire dal terzo immobile affittato ai turisti). Ha buone possibilità di essere approvato, anche se fa discutere, l’emendamento di Fratelli d’Italia per l’aumento del tetto per i pagamenti in contanti da 5 mila a 10 mila euro, a condizione che si versi un bollo di 500 euro per ogni transazione.
Per coprire le modifiche che passeranno, il governo dovrà attingere a altri 600 milioni di euro che arriveranno dalle banche: non con un aumento dell’Irap (la tassa regionale sulle attività produttive) – come avrebbe voluto la Lega – bensì con un nuovo slittamento delle Deferred Tax Asset (Dta), ossia i crediti fiscali. Sono messi a disposizione dallo Stato e gli istituti bancari possono usufruirne per pagare meno tasse; ora il Governo pensa a rinviare l’utilizzo delle Dta da parte delle banche per incassare più denaro subito e coprire così le misure della manovra. Non si tratta di un aumento delle imposte per le banche, ma di un rinvio di uno sconto che gli istituti avrebbero avuto.
Di fatto, comunque, un aumento di alcune tasse per coprire i costi della Legge di Bilancio, ci sarà. È scritto nero su bianco sullo schema messo a punto dal Dipartimento delle Finanze del Mef, che dovrà essere validato dalla Ragioneria Generale dello Stato. In arrivo, su proposta di Fratelli d’Italia, l’incremento dell’aliquota applicata sulle polizze per gli infortuni e l’assistenza del conducente. Salirà dal 2,5% al 12,5% a partire dal primo gennaio dell’anno prossimo, e lo scatto non sarà retroattivo. I meloniani prevedono anche maggiori prelievi fiscali per la Borsa, anticipando al 2026 l’aumento della Tobin Tax, ossia l’imposta sulle transazioni finanziarie relativa all’acquisto di azioni e, in alcuni casi, di derivati. Un emendamento modifica infatti la versione iniziale della manovra, che prevedeva l’innalzamento dell’aliquota solo dal 2027 e per un triennio (2027-2029).
IL PROCESSO TELEMATICO FATICA A DECOLLARE
La digitalizzazione del sistema giudiziario stenta a decollare. Su istanza del ministero della Giustizia, ogni anno dal primo gennaio dovrebbe scattare l’obbligo per gli uffici giudiziari di passare al processo telematico per un nuovo segmento del loro lavoro, mediante l’utilizzo di “App” (Applicativo processo penale). Si tratta del software ministeriale per la digitalizzazione del processo penale, nelle intenzioni di via Arenula destinato a magistrati e cancellieri per la gestione telematica di fascicoli e atti.
App, istituita con Decreto ministeriale 217/2023 del 29 dicembre 2023 , purtroppo sembra non essere affidabile nella gestione delle pratiche giudiziarie e presenta in modo ricorrente diversi malfunzionamenti. Quest’anno la digitalizzazione avrebbe riguardato intercettazioni e misure cautelari, cioè gli arresti o i sequestri di beni chiesti dalle Procura, decisi dai Gip e rivisti poi nelle impugnazioni difensive dai Tribunali del Riesame; ma a pochi giorni dall’inizio del 2026 il sistema App mostra criticità. In una relazione del Consiglio superiore della magistratura si dà conto di una «permanente instabilità del complessivo sistema App», col risultato che, «allo stato, l’informatizzazione del procedimento penale non riesce ancora a rendere più celere ed efficace l’attività giurisdizionale penale».
In più, secondo i magistrati, il rischio è che «un men che perfetto funzionamento dell’applicativo comporti la perdita irrimediabile di elementi di prova (nel caso delle intercettazioni) o la decadenza da facoltà delle parti (nel caso delle impugnazioni)». Con una modifica al decreto ministeriale del 2023, dunque, il ministero della Giustizia ha rinviato – anche quest’anno – l’obbligo alla digitalizzazione di intercettazioni e misure cautelari, ammettendone invece il doppio regime carta-digitale rispettivamente fino al 30 marzo e al 30 giugno. Per il Csm, tuttavia, il rinvio appare comunque «troppo ristretto in considerazione dello stato assolutamente embrionale delle funzionalità di App finora sviluppate». La proposta dei togati è quella di sperimentare per il momento “App” solo per le «misure cautelari reali» (ossia i sequestri di beni anziché gli arresti delle persone), «in modo da non incidere sulla libertà personale in caso di iniziali prevedibili malfunzionamenti del sistema».
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