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Il Natale nei romanzi di Jane Austen

Pochi scrittori superano Jane Austen nel descrivere la magia del calore familiare dell'Inghilterra Regency e georgiana, ma il fascino e il piacere di questa società accogliente, alla moda e raffinata raggiungevano il loro apice durante il periodo natalizio

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“Snapdragon”, di Garrett, tratto da “American Art and American Art Collections; Essays on Artistic Subjects” del 1899. Snapdragon era un gioco natalizio molto popolare nell'Inghilterra dell'epoca georgiana e del Regency. Pubblico dominio.

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Pochi scrittori superano Jane Austen nel descrivere la magia del calore familiare dell’Inghilterra Regency e georgiana, ma il fascino e il piacere di questa società accogliente, alla moda e raffinata raggiungevano il loro apice durante il periodo natalizio. In occasione del 250° anniversario della sua nascita, il 16 dicembre, ripercorriamo il periodo natalizio e l’atmosfera di un’epoca che la scrittrice ricreava squisitamente nei suoi romanzi.

Ozias Humphry, Ritratto di Jane Austen. Stan Honda/AFP via Getty Images

In tutti i suoi racconti la Austen trova modo di parlare del Natale e i personaggi in quei giorni sono sempre descritti con guance rosee, braccia piene di regali e cibo e coi volti illuminati dalla gioia dei festeggiamenti. Una delle scene più memorabili la troviamo in Emma, proprio nel periodo natalizio: la famiglia del personaggio principale viene a trovarla per le vacanze e tutti si riuniscono con gli amici per la cena di Natale. Il signor Elton, uno degli ammiratori di Emma, riassume così l’aspetto sociale di quei giorni di festa:
«Questa è davvero la stagione ideale per gli incontri tra amici. A Natale tutti invitano i propri amici e la gente non si preoccupa nemmeno del maltempo. Una volta sono rimasto bloccato dalla neve a casa di un amico per una settimana. Niente di più piacevole. Ero andato lì solo per una notte e non sono riuscito ad andarmene fino a quella notte della settimana dopo». Il signor Elton si diverte talmente tanto alla festa di Natale che finisce per bere troppo e chiede la mano di Emma, che lo rifiuta in un famoso scambio comico di battute.
Anche in Orgoglio e pregiudizio ritroviamo lo spirito festivo che caratterizza il periodo natalizio, in una lettera che la signorina Bingley scrive a Jane Bennet: «Spero sinceramente che il vostro Natale nell’Hertfordshire sia ricco delle allegrie che questa stagione porta con sé e che i vostri corteggiatori siano così numerosi da impedirvi di sentire la mancanza dei tre di cui vi priveremo».

Hugh Thomson, Mr. Elton ed Emma, 1896. Pubblico dominio

Nel mondo di Jane Austen, la ricorrenza del Natale era un periodo dedicato a funzioni religiose, riunioni di famiglia, balli, cene, feste, regali e opere di beneficenza. La gente dell’epoca georgiana celebrava molte tradizioni che iniziavano prima e finivano dopo il giorno di Natale. Una piccola anteprima dei festeggiamenti natalizi aveva luogo con la Stir-up Sunday, l’ultima domenica prima dell’Avvento, giorno in cui le famiglie si riunivano per preparare il Christmas pudding, un dolce che doveva essere preparato con largo anticipo in modo da poter maturare correttamente prima del 25 dicembre.
Ma la stagione natalizia ufficiale non iniziava prima del 6 dicembre, giorno di San Nicola, quando famiglie e amici si scambiavano i regali. La nobiltà terriera, classe sociale di appartenenza della stessa Austen e della maggior parte dei suoi personaggi, trascorreva le festività nelle case di campagna e nelle tenute; era un periodo spesso dedicato alle riunioni familiari, con i bambini che tornavano a casa dai collegi e la famiglia allargata si riuniva in una delle loro belle case. E il 21 dicembre, tradizionale giorno della festa di San Tommaso Apostolo, le vedove, gli anziani e i poveri andavano in giro per il Thomasing, andando di casa in casa per chiedere denaro o piccoli doni. Una vecchia filastrocca descrive questa usanza:
Il Natale sta arrivando e le oche stanno ingrassando,
Per favore, date un penny per il cappello del vecchio,
Se non avete un penny, va bene anche mezzo penny,
Se non avete mezzo penny, che Dio vi benedica.
Nella vigilia di Natale si addobbavano le case, ma al tempo non era previsto l’albero di Natale, che divenne popolare in Inghilterra solo nel successivo periodo vittoriano, quando la gente fu ispirata da un’incisione pubblicata nel 1848 dall’Illustrated London News, in cui la famiglia reale appariva vicino a un albero di Natale. Familiari e amici si riunivano attorno al fuoco scoppiettante del camino, alimentato dal ceppo di Natale, un grosso pezzo di legno scelto il giorno della vigilia e che veniva avvolto in ramoscelli di nocciolo e lasciato ardere il più a lungo possibile. Un pezzo del ceppo di Natale veniva conservato per accendere quello dell’anno successivo. Inoltre, sia le famiglie povere che quelle ricche addobbavano le abitazioni con ghirlande di sempreverdi, edera, agrifoglio, biancospino, alloro, rosmarino, rose di Natale, frutta, bacche di agrifoglio e nastri. I tradizionali rami di vischio fecero la loro comparsa alla fine del XVIII secolo.

Il ceppo di Natale portato al Castello di Hever, di Robert Alexander Hillingford. Si cercava il ceppo più grande possibile da bruciare durante tutto il periodo natalizio. Pubblico dominio

Il giorno di Natale, dopo aver assistito alla messa, i fedeli si riunivano per un sontuoso pranzo natalizio in famiglia che comprendeva tacchino, oca, cervo o persino una testa di cinghiale. Secondo un’antica usanza del folclore natalizio inglese, in tavola poteva anche essere presente una coppa di Wassail, o della “buona salute”, contenente bevande calde, sidro o vin brulé e mele tostate. Il pudding preparato la domenica di Stir-up finalmente appariva sulla tavola, dove veniva cosparso di brandy per servirlo flambé, rito che accresceva la vivacità e l’entusiasmo del momento. Intonare canti natalizi e partecipare ai giochi di società completavano l’intrattenimento della giornata. Uno dei giochi preferiti dai georgiani era un passatempo in realtà un po’ pericoloso chiamato Snapdragon: si accendeva una ciotola piena di brandy caldo e uvetta e i giocatori cercavano di afferrare e mangiare l’uvetta attraverso le fiamme senza scottarsi…

William Hogarth, A Midnight Modern Conversation (Una conversazione moderna dimezzanotte), 1732 ca. Yale Center for British Art, New Haven, Connecticut. Gruppo di festaioli trascorre una serata festosa attorno a una coppa di Wassail. Pubblico dominio.

Il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, si ritornava allo spirito caritatevole natalizio e le famiglie più ricche lo dedicavano alla distribuzione di scatole con doni e denaro ai propri servitori, ad affittuari e artigiani, da qui il nome dato a quel giorno: Boxing Day. Le festività natalizie non terminavano prima del 6 gennaio, dodicesima notte successiva al Natale – festa che dà il nome all’opera teatrale di Shakespeare. I festeggiamenti si chiudevano con il “botto” finale: in quel giorno avevano luogo balli in maschera, giochi e divertimenti che potevano essere piuttosto chiassosi.
Tutte queste manifestazioni alla fine erano, ovviamente, estenuanti. In una lettera del 1807 alla sorella, scritta dopo la fine del periodo natalizio, Jane Austen sembra stanca: «Potrò disporre comodamente del mio tempo, liberare la mente dal tormento dei budini di riso e ravioli di mele e probabilmente rimpiangere di non essermi impegnata di più per accontentare tutti».
Nonostante questa osservazione, la gioia del periodo natalizio traspare in alcuni punti salienti dei romanzi della Austen, rivelando come venisse vissuta questa stagione dell’anno nell’epoca Regency, e regalandoci uno spaccato di quel periodo attraverso lo sguardo sensibile di una grande scrittrice.

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