Corte costituzionale: accolta la questione di legittimità dell’articolo 130 del Testo unico

Con la sentenza numero 179, depositata oggi, la Corte costituzionale ha accolto la questione di legittimità dell’articolo 130 del Testo unico spese di giustizia nella parte in cui prevede che, in caso di ammissione della parte di un processo civile al patrocinio a spese dello Stato, i compensi del consulente tecnico, liquidati secondo le tariffe indicate dallo stesso Testo unico, sono ridotti della metà. Nel sollevare la questione, il Tribunale di Torino aveva osservato che il dimezzamento del compenso per il consulente di parte interviene su una base tariffaria già sproporzionata per difetto, poiché, nonostante l’articolo 54 del testo unico preveda l’adeguamento triennale delle tariffe agli indici Istat, detto adeguamento non aveva mai avuto luogo. Ciò comportava, in concreto, la liquidazione al consulente di importi irrisori rispetto al valore dell’opera prestata, con conseguente contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza, e con l’articolo 24 della Costituzione, perché la prospettiva di un compenso incongruo rende difficile reperire un consulente dotato di professionalità ed esperienza che presti ausilio al difensore. Il tribunale, infine, aveva osservato che la norma censurata era già stata dichiarata illegittima dalla Corte, con la sentenza numero 266 del 2022, per la parte concernente il compenso dell’ausiliario del magistrato (mentre due sentenze precedenti avevano dichiarato illegittimo l’art. 106-bis del Testo unico, che contiene analoghe previsioni per il processo penale), denunziando quindi, per effetto del diverso trattamento che ne conseguiva rispetto ad identiche figure professionali, un’ulteriore violazione dell’articolo 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza. La Corte, richiamati i propri precedenti, ha affermato che la misura dei compensi per gli ausiliari del magistrato e i consulenti di parte nel processo civile è frutto del contemperamento fra l’esigenza di assicurare ai professionisti un’adeguata remunerazione, che sia proporzionata alle tariffe di mercato, e quella di mantenere un riguardo per la connotazione pubblicistica dell’attività prestata da tali professionisti nel processo. Quest’ultima esigenza assume un carattere più marcato nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato, giustificando il dimezzamento dei compensi previsto dalla norma censurata; tuttavia, per non alterare il rapporto di equilibrio fra le indicate esigenze, la decurtazione deve intervenire su tariffe che siano state adeguate al costo della vita, come previsto, proprio a questo scopo, dall’articolo 54 del Testo unico. Pertanto, in mancanza di tale adeguamento, il dimezzamento dei compensi viola il canone di ragionevolezza, con ricaduta anche sul diritto di difesa della parte, frustrato dall’effetto di allontanamento che provoca su professionisti dotati di capacità ed esperienza. Infine, la Corte ha ritenuto sussistente anche la denunciata disparità di trattamento in relazione alla figura dell’ausiliario del magistrato, nei cui confronti, a seguito della sentenza numero 266 del 2022, non operava alcuna riduzione.
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