Usa, stop a cotone e pomodori dallo Xinjiang per contrastare il lavoro forzato

Di Cathy He

Gli Stati Uniti vieteranno tutte le importazioni realizzate con cotone e pomodori provenienti dalla regione cinese dello Xinjiang. Si tratta del più importante provvedimento preso sinora dal governo americano per contrastare lo sfruttamento del lavoro forzato dei musulmani di etnia uigura.

La dogana statunitense, nota come Customs and Border Protection (Cbp), ha dichiarato che i suoi funzionari dovranno sequestrare i prodotti a base di cotone e pomodori coltivati o trasformati nello Xinjiang, tra cui capi d’abbigliamento, tessuti, semi di pomodoro, pomodori in scatola e salsa di pomodoro.

Il provvedimento segue la rinnovata attenzione della comunità internazionale verso le pratiche di lavoro forzato implementate dal regime di Pechino ai danni degli uiguri e altre minoranze musulmane. Una recente inchiesta ha scoperto, infatti, che nel 2018 almeno 570 mila uiguri sono stati costretti a raccogliere cotone nella regione.

Di fatto, lo Xinjiang produce circa il 20 per cento del cotone mondiale, quindi l’ordine potrebbe avere un forte impatto sul settore globale della moda e sulle sue catene di approvvigionamento.

«Il Cbp non tollererà lo sfruttamento della moderna schiavitù da parte del governo cinese importando merci negli Stati Uniti al di sotto del normale valore di mercato – ha dichiarato l’attuale commissario del Cbp, Mark A. Morgan – Le importazioni effettuate a basso costo utilizzando il lavoro forzato danneggiano le imprese americane che rispettano i diritti umani ed espongono inoltre i consumatori ignari ad acquisti non etici».

Il Cbp ha anche specificato che l’ordine è stato emesso «sulla base di informazioni che indicano chiaramente lo sfruttamento del lavoro dei detenuti e situazioni di lavoro forzato».

Oltre un milione di uiguri e altre minoranze musulmane sono stati incarcerati in centinaia di campi di internamento. E i sopravvissuti raccontano di essere stati torturati e costretti a subire un processo di indottrinamento politico.

Anche per questo il vice segretario del Dipartimento della Sicurezza interna Ken Cuccinelli ha scritto in un comunicato: «Chiediamo ai cinesi di chiudere i loro campi e di porre fine alle loro violazioni dei diritti umani».

Secondo una recente inchiesta di Buzzfeed, oltre 100 campi nella regione ospitano fabbriche dove i detenuti vengono costretti a lavorare. Mentre lo scorso anno i ricercatori hanno scoperto che decine di migliaia di uiguri sono stati trasferiti a lavorare in fabbriche sparse in tutta la Cina, in condizioni che fanno pensare al lavoro forzato. E queste strutture producevano beni per 83 marchi globali.

Il governo Trump ha già bloccato le importazioni da diverse singole aziende legate al lavoro forzato nello Xinjiang, prendendo di mira beni come indumenti, cotone e prodotti per capelli. Anche il Canada e il governo britannico hanno recentemente dichiarato che adotteranno provvedimenti per impedire l’ingresso nei loro Paesi di merci macchiate dal lavoro forzato.

L’anno scorso gli Stati Uniti hanno sanzionato diversi funzionari cinesi e un gruppo paramilitare per il loro ruolo di supervisione degli abusi nello Xinjiang. Decine di entità e società cinesi sono state inoltre inserite nella lista nera che impedisce loro di fare affari con imprese statunitensi.

 

Articolo in inglese: US Bans All Cotton, Tomato Products from Xinjiang in Crackdown on Forced Labor

 
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