Trump sta guidando un grande cambiamento di paradigma in Medio Oriente

Di Brian Cates

Con una mossa sorprendente e inaspettata, Donald Trump ha contribuito a due storici accordi di pace tra Israele e due nazioni arabe: gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein.

Poco prima della firma di questi trattati alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti ha anche dichiarato che altri cinque paesi sono in trattative avanzate con la sua amministrazione per siglare accordi con la nazione ebraica.

«Non siamo molto lontani dagli accordi con altri cinque paesi», ha affermato Trump mentre sedeva accanto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia della firma.

Erano ben 25 anni che Israele non siglava un grande accordo di pace con un Paese arabo. Da quando, nel 1993, il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin aveva firmato il secondo trattato degli Accordi di Oslo con Yasser Arafat, il leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp).

Tuttavia, le speranze di pace sono svanite quando Arafat si è defilato dai negoziati, convinto di poter ottenere più concessioni da Israele ravvivando le violente dimostrazioni di «intifada».

All’improvviso lo scenario non è più così inevitabile

Secondo gli esperti dei think tank di Washington e del Pentagono, per oltre 20 anni lo scenario più probabile per il Medio Oriente è stato che l’Iran sotto i mullah avrebbe inevitabilmente ottenuto armi nucleari. Un tale Stato nucleare sostenuto da Russia e Cina avrebbe guadagnato immediatamente una crescente influenza sulla regione. E quello sarebbe stato un grosso problema per il resto del mondo.

Ecco ciò che aveva riportato il Washington Times sulle dichiarazioni di James Hackett nella sua serie «Iran in Focus» nel 2006:

«Alcuni osservatori chiedono: perché non lasciare che l’Iran diventi una potenza nucleare? La risposta è che le armi nucleari nelle mani dei mullah sarebbero la combinazione più pericolosa dagli albori dell’era nucleare. Uno stato dotato di armi nucleari con missili balistici guidati da fanatici religiosi, sarebbe una seria minaccia per la pace nel mondo e per la sopravvivenza stessa dei 6 milioni di persone, ebrei e arabi, che vivono in Israele».

Più volte i leader iraniani hanno apertamente dichiarato la loro intenzione di utilizzare qualsiasi arma nucleare contro la nazione di Israele. Sebbene alcuni considerino queste dichiarazioni sanguinarie come un bluff da ignorare, altri, in particolare la stessa nazione di Israele, prendono molto sul serio queste minacce.

Oltre a rappresentare una minaccia per Israele, se l’Iran dovesse riuscire a ottenere armi nucleari, il conseguente squilibrio di potere consentirebbe ai mullah di costringere i suoi vicini non nucleari a tutti i tipi di concessioni, altrimenti inaccettabili.

Data la quantità di guai che l’Iran ha causato al mondo dal rovesciamento dello Scià nel 1979, ci vuole poca a immaginare il caos che Teheran potrebbe diffondere a livello globale, in qualità di potenza nucleare.

Anche come Nazione non nucleare, l’Iran ha sviluppato vaste reti criminali in tutto il mondo. Finora ha avuto molto successo nell’usare le sue reti di terrorismo, traffico di droga, armi ed esseri umani per influenzare eventi ben oltre i suoi confini, nonché per indirizzare entrate lucrative verso Teheran.

L’ipotesi alla base di tutti gli scenari mediorientali previsti negli ultimi 20 anni era che l’Iran avrebbe inevitabilmente ottenuto armamenti nucleari, quindi il meglio che si poteva sperare era ritardare l’evoluzione nucleare di Teheran di un paio d’anni. Questo era l’obiettivo dichiarato dell’accordo con l’Iran negoziato dall’ex presidente Barack Obama e dal vicepresidente Joe Biden.

Per contrastare l’imminente e inevitabile ombrello nucleare iraniano che avrebbe coperto l’intera regione, il Pentagono, gli appaltatori della difesa, i lobbisti e gli esperti di politica estera dei think tank, avevano tutti immaginato una crescente presenza militare statunitense e occidentale nella regione del Golfo.

Sì, per decenni si era ipotizzato che solo una coalizione guidata dagli Stati Uniti avesse la capacità di essere efficace contro un Iran nucleare, perché le nazioni locali non sarebbero state in grado di offrire alcun vero deterrente all’aggressione iraniana. Come con la Guerra del Golfo Persico del 1990 e poi con quella in Iraq iniziata nel 2003, si è ipotizzato che gli Stati Uniti debbano sempre essere in testa, o nulla potrebbe essere realizzato.

Ma ora sotto gli occhi di Trump, sembra che non solo all’Iran non sarà permesso di passare al nucleare, ma che ci sia una potenza emergente nella regione che potrebbe assumere il ruolo di contrastare l’Iran.

Forza militare multinazionale della Lega Araba

Invece di forze militari esterne guidate dagli Stati Uniti che dovrebbero contrastare l’asse iraniano-russo-cinese, improvvisamente c’è un nuovo attore locale che potrebbe rappresentare il contrappeso necessario in Medio Oriente. È una forza militare multinazionale composta da più di 20 Nazioni arabe e islamiche.

Nel 2016, con le esercitazioni militari Northern Thunder, queste Nazioni alleate stavano già addestrando circa 350 mila truppe per coordinare e agire insieme nelle operazioni marittime, aeree e terrestri. Stavano facendo questo intenso addestramento multiforme, per prepararsi ad affrontare e distruggere il califfato dell’Isis.

È un malinteso popolare che siano state le forze statunitensi ad aprire la strada alla distruzione dell’Isis. Non è quello che è realmente accaduto.

Sotto gli ordini di Trump, da tempo il numero di truppe statunitensi in Siria, Iraq e Afghanistan, è stato ridotto. Coloro che rimangono hanno solo un ruolo di supporto o di consulenza. Sono stati i commandos della nuova forza multinazionale della Lega Araba, ora completamente addestrati e armati, ad andare casa per casa a cercare gli estremisti dell’Isis a Raqqa, Mosul e altri luoghi, non le truppe statunitensi.

Questo è stato il primo duro test per questa nuova forza, che ha positivamente portato a termine il lavoro, ed è ora pronta per assumere il ruolo di difesa per le proprie terre d’origine. Il che significa che gli Stati Uniti e le altre nazioni della Nato possono ora rientrare a casa.

Cosa significa per l’élite di Washington

Lo sviluppo imprevisto di una forza multinazionale araba che si allea con Israele e s’impadronisce della sicurezza della regione del Golfo Persico, avrà conseguenze finanziarie molto pesanti per un sacco di persone a Washington e al Pentagono. Questo perché molti all’interno dell’élite politica e militare hanno letteralmente investito la propria carriera sulla minaccia nucleare proveniente dall’Iran e sul corrispondente rafforzamento militare degli Stati Uniti nella regione.

Coloro che hanno investito tempo e milioni, se non miliardi di dollari, sull’ipotetica espansione militare degli Stati Uniti nella regione del Golfo, non sono contenti di come improvvisamente e inaspettatamente stanno andando le cose .

È in corso un enorme cambiamento di paradigma, e coloro che hanno fortemente investito nel vecchio paradigma, sia filosoficamente che finanziariamente, si stanno improvvisamente svegliando, rendendosi conto che il terreno su cui si trovano si sta muovendo in una direzione che non si aspettavano, e di certo non ne sono felici.

Per questo motivo la pace in Medio Oriente sarà per alcuni un disastro assoluto. Sono certo che se avessero potuto, le élite dell’establishment di Washington al Congresso, l’industria delle lobby per la difesa, il Pentagono e persino molte persone interne alla Casa Bianca, avrebbero fatto del loro meglio per sabotare i negoziati di pace, se solo ne fossero stati a conoscenza.

E questa è la chiave. Nessuno dell’élite di Washington poteva impedire che questi trattati venissero stipulati, perché nessuno al di fuori di Trump e pochi altri eletti era a conoscenza dei negoziati segreti fino a quando non sono stati annunciati.

Dalla cerchia ristretta di Trump, non ci sono state vere fughe di notizie. È questo l’unico modo in cui Trump e il suo fidato braccio destro, il genero Jared Kushner, hanno concluso tutti gli accordi che sono venuti alla luce nelle ultime settimane, come anche quello economico tra Serbia e Kosovo e l’affare sul petrolio curdo.

L’establishment politico e militare dell’élite, concentrato sui propri obiettivi, non può fermare ciò che sta accadendo semplicemente perché non riesce a capire le mosse di Trump finché non diventa troppo tardi. E questa è una cosa bellissima!

 

Brian Cates è uno scrittore con sede nel sud del Texas, autore di «Nessuno ha chiesto la mia opinione … Ma eccola qui!»

Articolo in inglese: Trump Is Guiding Vast Paradigm Shift in Middle East

 
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