Le tensioni tra Italia e Cina su Hong Kong

Cresce la tensione tra Roma e Pechino, dopo che l’Ambasciata cinese in Italia ha criticato pubblicamente alcuni parlamentari italiani per aver organizzato una videoconferenza con Joshua Wong, uno dei leader carismatici delle attuali proteste a Hong Kong.

Ma le dichiarazioni dei portavoce di Pechino hanno lasciato tutt’altro che indifferenti gli esponenti del panorama politico italiano, da Fratelli d’Italia, che ha definito l’episodio «gravissimo», al Pd, che tramite il deputato Andrea Romano ha parlato di «un’intromissione inaudita». Molto atteso anche il parere della Farnesina, che alla fine ha fatto sentire la propria voce, sebbene solo con un comunicato ufficioso rilasciato all’Ansa: per il Ministero degli Affari Esteri le dichiarazioni «rese dal portavoce dell’ambasciata della Repubblica Popolare Cinese a Roma sono del tutto inaccettabili e totalmente irrispettose della sovranità del Parlamento italiano».

Il 30 novembre lo stesso leader degli studenti di Hong Kong, Joshua Wong, ha commentato la vicenda su Twitter affermando che «la dichiarazione di Pechino sulla mia partecipazione al Parlamento italiano è una minaccia sconsiderata e irragionevole alla libertà di parola. Rivela l’ambizione della Cina di esportare il suo regime autoritario e la censura in Italia e in altre democrazie occidentali in tutto il mondo». Il ragazzo ha inoltre chiesto al «Parlamento italiano di agire per approvare una risoluzione a sostegno delle aspirazioni democratiche di Hong Kong».

Di fatto le proteste pro-democrazia a Hong Kong proseguono da ormai oltre 20 settimane, con manifestazioni che in alcuni casi hanno visto la partecipazione di quasi 2 milioni di persone in una città che conta un totale di circa 7 milioni di abitanti. Sino ad oggi sono stati arrestati almeno 5 mila manifestanti e la polizia sta ricorrendo a strategie sempre più violente per sedare le proteste, con il sostegno e l’incoraggiamento del governo centrale di Pechino.

Il comunicato dell’ambasciata e l’apparente legame tra M5s e Cina

Per la precisione il comunicato pubblicato dal sito ufficiale dell’Ambasciata cinese ha accusato «alcuni politici italiani» di aver fornito una «piattaforma per un separatista ‘pro-indipendenza’ di Hong Kong» e di aver appoggiato così «la violenza e il crimine». Inoltre il portavoce del regime ha sottolineato: «Si è trattato di un grave errore e di un comportamento irresponsabile per cui siamo fortemente insoddisfatti ed esprimiamo la nostra più ferma opposizione»; ha poi chiuso il comunicato con un tono amichevolmente minaccioso: «Speriamo che le persone coinvolte rispettino la sovranità cinese e si impegnino in azioni che aiutino l’amicizia e la cooperazione tra Italia e Cina e non il contrario».

Il presidente della Camera Roberto Fico (M5s), sebbene con toni più pacati di altri, ha condannato su Facebook le parole dell’ambasciata cinese, definendole «profondamente irrispettose». Così come la presidente del Senato Elisabetta Casellati (Fi), che ha dichiarato in aula: «Sono inaccettabili le parole dell’ambasciatore cinese lesive della libera espressione delle opinioni politiche dei parlamentari italiani. Nessuno può mettere in discussione le prerogative parlamentari, a maggiore ragione laddove riguardino la libertà di opinione e di pensiero, uno dei capisaldi della nostra democrazia».

In seguito alla richiesta di diversi gruppi parlamentari è intervenuto nel dibattito anche il ministro degli Esteri Luigi di Maio, con una dichiarazione che, considerata la prima parte, sembrava obiettivamente piuttosto ambigua: «Sempre ottimi rapporti con governo cinese, allo stesso tempo in Parlamento ci sono tante attività che si svolgono ogni giorno ed è giusto rispettarle». Ma poi ha specificato meglio: «I nostri legami commerciali non possono assolutamente mettere in discussione il rispetto delle nostre istituzioni, del nostro parlamento e del nostro governo».

Tuttavia, citando queste ultime parole, Giulia Pompili, una giornalista del Foglio specializzata nelle questioni cinesi, ha scritto su Twitter: «[Di Maio] Si è forse appena accorto che otto mesi fa ha firmato un accordo politico, e non commerciale». Ci si riferisce, naturalmente, al memorandum sulla Nuova Via della Seta siglato a marzo dall’allora ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio.

D’altra parte lo stesso Joshua Wong, durante il collegamento video con i parlamentari italiani, ha dichiarato che «l’Italia dovrebbe fare attenzione, e non affidarsi troppo al rapporto commerciale con la Cina». Ma a tal proposito il messaggio più crudo ed evocativo è stato lasciato dai manifestanti su una parete del Politecnico di Hong Kong, in quel momento sotto l’assedio della polizia: «Caro Mondo, il Pcc si infiltrerà nei vostri governi. Le aziende cinesi già interferiscono con la vostra politica. La Cina deprederà la vostra casa come lo Xinjiang. State attenti o sarete i prossimi!»

L’inquietante messaggio lasciato dai manifestanti su una parete all’interno del Politecnico di Hong Kong, 21 novembre 2019. (DALE DE LA REY/AFP tramite Getty Images)

Naturalmente anche il leader della Lega è intervenuto nella vicenda affermando: «Non siamo una provincia cinese, anche se magari Grillo la pensa così, e per noi Democrazia, Libertà e Diritti Umani sono dei valori irrinunciabili».

La stoccata di Salvini si riferiva probabilmente ai due recenti incontri privati tra l’ex comico e l’ambasciatore cinese a Roma che hanno attirato l’attenzione della stampa italiana. Di fatto il Movimento 5 Stelle è apparso sorprendentemente allineato con Pechino nell’ultimo anno; a partire dalla firma del memorandum sulla Nuova Via della Seta, fino alle ripetute visite di Di Maio in Cina e al silenzio di tomba mantenuto sulle proteste di Hong Kong. Silenzio che il giovane Wong ha commentato affermando di essere rimasto «piuttosto deluso nel leggere le dichiarazioni indifferenti del ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio sulla terribile situazione dei diritti umani a Hong Kong».

In quest’ottica non sorprende più di tanto il fatto che il Blog di Grillo abbia pubblicato il 15 novembre un articolo che sminuiva clamorosamente la brutale persecuzione in corso nella regione dello Xinjiang ai danni della popolazione di etnia uigura. Sebbene nel 2009 lo stesso comico genovese affermasse ironicamente: «La Cina sta risolvendo in modo brillante il problema della sovrappopolazione. Diecimila uiguri sono scomparsi in una notte. Una media cittadina italiana. Che fine hanno fatto diecimila persone?».

 

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