La visita di Xi Jinping a Roma e la questione dei diritti umani in Cina

ROMA—Il leader cinese Xi Jinping è atterrato nella Città Eterna alle 18.30 del 21 marzo in compagnia della consorte Peng Liyuan. Per garantire che la visita del segretario del Partito Comunista Cinese non riservi alcun imprevisto, la Questura ha blindato la capitale allestendo una doppia zona rossa; inoltre, secondo le indiscrezioni verranno impiegati oltre 3500 agenti delle forze dell’ordine, incluso un folto numero di tiratori scelti.

L’ospite d’onore alloggerà presso il celebre hotel Parco dei Principi, situato in zona Parioli, e sarà accompagnato nei suoi spostamenti da una super delegazione di oltre 5 cento persone. Gli incontri istituzionali si svolgeranno tra il 22 e il 23 marzo: venerdì il leader cinese si recherà in Quirinale, all’Altare della Patria e a Palazzo Madama, mentre sabato in mattinata è atteso a Villa Madama per siglare il memorandum d’intesa sulla Nuova Via della Seta, per prendere poi il volo nel pomeriggio alla volta di Palermo.

Tuttavia a meno di 24 ore di distanza dalla firma, resta ancora ignoto l’esatto contenuto del Memorandum d’Intesa (di cui è nota solo una bozza), come anche quello della maggior parte degli oltre 50 accordi commerciali bilaterali in programma. I presidenti di Confcommercio e Conftrasporto hanno scritto una lettera indirizzata al premier Giuseppe Conte per invitare il governo alla massima prudenza in merito all’accordo per la Nuova Via della Seta, sottolineando come anche l’Unione Europea sia ormai certa del «disegno egemonico sotteso a tale progetto».

I primi due accordi: ‘Dialogo tra media cinesi e italiani’

Mercoledì 20, ben prima dell’arrivo di Xi Jinping, si è svolto al Maxxi di Roma un importante incontro denominato ‘Dialogo tra media cinesi e italiani’, che ha visto la partecipazione del viceministro del Dipartimento di Propaganda del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, Jiang Jianguo, e del sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi, oltre a un’ampia delegazione di giornalisti e funzionari provenienti dalla Cina.

Durante l’evento sono stati siglati i primi due importanti accordi di collaborazione paralleli al Memorandum sulla Nuova Via della Seta, ovvero quello tra il Sole 24 Ore e il quotidiano finanziario cinese Economic Daily, e quello tra Class Editori e l’agenzia stampa ufficiale del Pcc, Xinhua News Agency. Secondo quanto dichiarato al termine della cerimonia dall’amministratore delegato del Sole 24 Ore Giuseppe Cerbone, i due giganti dell’informazione cinese si sono impegnati formalmente a collaborare con le rispettive controparti italiane per «favorire gli investimenti italiani in Cina e quelli cinesi in Italia».

Secondo l’Indice stilato da Reporter senza frontiere per il 2018, la Cina si trova alla 176esima posizione su 180 Paesi in quanto a Libertà di stampa, seguita unicamente da Siria, Turkmenistan, Eritrea e Corea del Nord.

«Nessun accordo con la Cina può ignorare i diritti umani»

Bitter Winter, un magazine quotidiano che si occupa della libertà religiosa e dei diritti umani in Cina, ha indirizzato al presidente Mattarella e al premier Giuseppe Conte una lettera aperta, sottoscritta anche da numerosi gruppi e organizzazioni impegnate per il rispetto dei diritti umani nel mondo, allo scopo di invitare il governo italiano a rendere «i diritti umani parte integrante e fondamentale di ogni negoziato bilaterale».

Di seguito uno degli estratti più significativi della lettera: «La situazione dei diritti umani in Cina oggi è motivo di seria preoccupazione sotto molti aspetti. Le nostre organizzazioni si occupano statutariamente della libertà religiosa e oggi le limitazioni alla libertà religiosa in Cina sono peggiori di quanto non siano mai state dal tempo della Rivoluzione Culturale. La Cina consente infatti di operare solamente a poche organizzazioni religiose controllate dal Partito Comunista Cinese (PCC), eppure anche questi gruppi sono soggetti a limitazioni […] Quanto ai sacerdoti cattolici, nonostante l’accordo firmato con la Santa Sede vengono tuttora aggrediti e in alcuni casi arrestati se si rifiutano di aderire all’Associazione patriottica controllata dal PCC».

La celebre foto dell’Uomo del carro armato di Piazza Tienanmen. È l’immagine simbolo dell’opposizione pacifica al brutale regime comunista cinese. (foto di Jeff Widener, Associated Press).

In effetti negli anni ‘80 sono state varate in Cina una serie di riforme di apertura che hanno gradualmente migliorato la condizione economica del popolo cinese; tuttavia la natura totalitaria del regime non è cambiata. Il 4 giugno 1989 il mondo intero ne ha avuto la dimostrazione quando i carri armati sono entrati in piazza Tiananmen e hanno represso nel sangue le proteste pacifiche degli studenti che chiedevano al governo un’ apertura democratica.

E oggi è ancora in corso una delle più atroci campagne di repressione condotte dal Partito Comunista Cinese, la persecuzione del Falun Gong, una disciplina spirituale radicata nella cultura tradizionale cinese, che combina alcuni semplici esercizi di meditazione con la coltivazione nella propria vita quotidiana dei principi di verità, compassione e tolleranza. Sebbene diverse istituzioni avessero riconosciuto pubblicamente i benefici morali e fisici che questa disciplina aveva portato agli oltre 70 milioni di cinesi che la praticavano negli anni ‘90, l’allora segretario del Partito Comunista, Jiang Zemin, non è riuscito a tollerarne la popolarità e ha deciso nel 1999 che ‘sradicare’ il Falun Gong fosse da considerarsi una delle priorità del Pcc.

Ethan Gutmann, un giornalista d’inchiesta, ha stimato che tra il 2000 e il 2008, in ogni dato momento, i campi di lavoro e di prigionia del regime cinese detenessero tra i 450 mila e il milione di praticanti del Falun Gong. Il sito web Minghui.org raccoglie inoltre le testimonianze dei sopravvissuti o dei familiari delle vittime a partire dal 2000, ed è arrivato a catalogare oltre 100 metodi di tortura che vengono ancora utilizzati all’interno dei centri di detenzione in Cina.

Del resto, all’interno degli apparati penitenziari in Cina, il crimine più grave commesso dal regime non è nemmeno quello della tortura. Dal 2006 sono emerse le prove inconfutabili del fatto che il regime cinese stia sistematicamente uccidendo i cosiddetti prigionieri di coscienza (tibetani, uiguri, cristiani perseguitati e praticanti del Falun Gong) allo scopo di vendere i loro organi tramite ospedali e cliniche specializzate.

A tal proposito la Commissione Straordinaria per la Tutela dei Diritti Umani del Senato italiano ha approvato una risoluzione il 5 marzo 2014, che impegna il governo «a chiedere al governo della Repubblica popolare cinese l’immediato rilascio di tutti i prigionieri di coscienza in Cina, ivi compresi i praticanti del movimento Falun Gong; a riconsiderare i programmi di formazione per i medici cinesi sulle tecniche di trapianto d’organi negli ospedali italiani, e i programmi di ricerca, in associazione con la Cina, in materia di trapianti; a raccogliere tramite le nostre rappresentanze diplomatiche dati e informazioni per delineare in modo completo e trasparente la situazione in merito alle pratiche di trapianto di organi sul territorio cinese; a perseguire il traffico di organi secondo le convenzioni internazionali alle quali l’Italia ha aderito e ai sensi di legge, promuovendo un inasprimento delle sanzioni per gli intermediari coinvolti».

Da allora il governo italiano ha effettivamente varato, l’11 dicembre del 2016, una normativa all’avanguardia per punire la complicità di medici, o altri operatori, nel traffico di organi prelevati da persona vivente.

La lettera di Bitter Winter, intitolata Nessun accordo con la Cina può ignorare i diritti umani, si conclude con l’augurio che «fedele ai propri valori e alle proprie tradizioni, l’Italia voglia porre il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa al cuore di ogni conversazione con il presidente Xi Jinping».

 
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