La Nuova Via della Seta e le ambizioni egemoniche della Cina

Di Rick Fisher

Il capo del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, ha affermato ripetutamente che la Cina non ha ambizioni egemoniche globali; in realtà si tratta di un classico esempio del bipensiero proprio del governo cinese, in quanto altri funzionari cinesi hanno riconosciuto apertamente che la Cina sta gettando le fondamenta per il futuro dominio globale.

Il 18 dicembre 2018, durante un discorso pronunciato in occasione del 40esimo anniversario dalle riforme di apertura volute dall’ex leader Deng Xiaoping, Xi ha dichiarato: «Non importa quanto la Cina possa svilupparsi, non cercherà mai l’egemonia».

Tuttavia, una dei tasselli fondamentali per la realizzazione dell’egemonia cinese potrebbe essere proprio il colossale progetto della Nuova Via della Seta (Obor), avviato ufficialmente nel 2013. Sembra che i costi per la costruzione delle infrastrutture previste ammontino a mille miliardi di dollari, e secondo Xi il progetto coinvolge attualmente «oltre 150» tra governi e organizzazioni multilaterali.

Dal 2017 ad oggi, le imprese cinesi hanno firmato oltre mille e 800 contratti in 62 Paesi che hanno aderito alla Nuova Via della Seta, per un ammontare complessivo di oltre 32 miliardi di dollari. La Nuova Via della Seta (Obor) è ormai divenuta sinonimo della politica estera cinese ed è saldamente legata alla dittatura personale di Xi Jinping; al punto che nel 2017 il leader ha inserito questo progetto nella Costituzione del Partito Comunista Cinese (Pcc).

Con la Nuova Via della Seta, Xi Jinping ambisce a rendere la Cina il centro dell’autorità globale, convincendo più Paesi ad accettare la predilezione cinese per le economie poco trasparenti e per i governi autoritari; naturalmente, a spese dell’ordine basato sui regolamenti internazionali che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno provato a costruire dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Ma la Cina non vuole che il mondo consideri la Nuova Via della Seta come uno strumento per prendere il potere; per questo lo stesso Xi Jinping ha contribuito a guidare una campagna volta a dipingere la Nuova Via della Seta come una pacifica proiezione della potenza cinese. Nell’agosto del 2018, il ministro degli Esteri cinese Yang Yi ha dichiarato: «Il presidente Xi Jinping ha sottolineato ripetutamente che la Nuova Via della Seta ha origine dalla Cina, ma appartiene al mondo». E ancora, alla fine di agosto 2018, la stampa statale cinese ha citato la seguente affermazione di Xi Jinping: «La Nuova Via della Seta è un’iniziativa per la cooperazione economica, piuttosto che un’alleanza geopolitica o una lega militare; inoltre si tratta di un processo aperto e inclusivo, piuttosto che di un blocco esclusivo o di un ‘club della Cina’».

Xi e altri funzionari cinesi stanno cercando di allontanare i timori secondo cui l’Obor sarebbe un espediente per acquisire influenza geopolitica. Uno degli aspetti più preoccupanti della Nuova Via della Seta (Obor) è infatti il ruolo che questo progetto sta svolgendo nell’ambito della diplomazia della ‘trappola del debito’ cinese: nei progetti della Nuova Via della Seta, la Cina si limita a prestare ad altri Paesi i fondi necessari per la costruzione delle infrastrutture; il problema è che spesso questi debiti diventano troppo grandi per essere ripagati, il che permette alla Cina di prendere possesso delle risorse o delle infrastrutture del Paese.

È quello che è successo nel 2017, quando lo Sri Lanka, non avendo modo di pagare i debiti contratti per la costruzione del nuovo porto di Hambantota, ha dovuto cedere alla Cina il controllo del porto stesso per un periodo di 99 anni. Ma anche altri Paesi, come Pakistan, Cambogia e Venezuela, hanno contratto enormi debiti con il Dragone, e rischiano perciò di vedersi sottrarre porti ed aeroporti.

Tuttavia, alcuni esperti continuano a prendere per buone le dichiarazioni della Cina secondo cui gli aspetti economici costituiscano il nucleo della Nuova Via della Seta. L’analista del Centro di Studi Strategici e Internazionali Jonathan Hillman ha dichiarato, secondo il Washington Post del 31 maggio, che «finora la Nuova Via della Seta è principalmente un programma economico e politico con implicazioni militari, piuttosto che il contrario».

Ma il ministro della Difesa cinese Wei Fenghe ha trasmesso un messaggio diverso l’8 luglio a Pechino, durante un incontro tra ufficiali militari denominato ‘Quarto forum per la difesa dai Paesi caraibici e del pacifico meridionale’: «Il ministro della Difesa Wei Fenghe […] – ha riportato la stampa di regime Xinhua – ha dichiarato che la Cina è intenzionata a rafforzare la cooperazione e i commerci militari con i Paesi caraibici e quelli delle isole del Pacifico nell’ambito dell’iniziativa della Nuova Via della Seta […]. Ha poi aggiunto che la cooperazione in queste zone sarà promossa per la lotta contro il terrorismo, per il mantenimento della pace, e per la prevenzione delle catastrofi, al fine di rafforzare gli scambi e la cooperazione nell’ambito della Nuova Via della Seta».

In realtà oltre un anno prima, il più importante funzionario politico responsabile della Nuova Via della Seta, vale a dire il membro del Comitato Permanente del Poltiburo Han Zheng, aveva riconosciuto pubblicamente che la Nuova Via della Seta avesse anche un aspetto militare. Secondo un comunicato pubblicato da Xinhua il 25 maggio, «Han Zheng ha sollecitato a rafforzare le valutazioni dei pericoli alla sicurezza, così come la cooperazione bilaterale e multilaterale per la sicurezza nell’ambito dello sviluppo della Nuova Via della Seta».

In effetti la Cina usa spesso quello che Orwell ha definito bispensiero per ingannare e dividere i suoi avversari e favorire il raggiungimento dei propri scopi. Ad esempio, all’inizio del 2003, la Cina ha guidato personalmente la costituzione dei cosiddetti ‘Colloqui a sei’ con la Corea del Nord: il problema è che il suo obiettivo non era realmente la denuclearizzazione di Pyongyang, ma piuttosto guadagnare abbastanza tempo da poter costruire missili nucleari in grado di colpire tutte le città americane.

In questo caso, il grande inganno secondo cui la Cina non avrebbe progetti egemonici necessita di altre menzogne per essere credibile, come quella secondo cui la Nuova Via della Seta non sarebbe una strategia per accrescere l’influenza militare.
Tuttavia la militarizzazione della Nuova Via della Seta è perfettamente in linea con il modo in cui la Cina sta militarizzando i suoi proto-alleati. Verso la metà del 2018, la Cina ha costituito il Forum di Sicurezza e Difesa Cina-Africa, creando una rete militare guidata direttamente dall’Esercito di Liberazione del Popolo, e questo in aggiunta al Forum Economico e Commerciale per la Cooperazione Cina-Africa, fondato nel 2000 a scopo commerciale.

È possibile che la Cina intenda usare dei ‘forum’ regionali per costruire reti militari regionali, per poi usare la Nuova Via della Seta per costituire in futuro un ‘forum’ per la difesa globale, che si servirà dell’influenza economica del Dragone per rafforzare le organizzazioni militari dirette dai cinesi sia su scala regionale che globale.

I membri di questi ‘forum’ regionali e globali sarebbero quindi costretti a seguire sempre più la leadership della Cina piuttosto che quella dell’occidente, e forse coopereranno militarmente per contenere e limitare l’influenza statunitense e più in generale dell’Occidente.

A gennaio del 2018, durante la sua visita in Cina, il presidente francese Emmanuel Macron ha precisato che la Nuova Via della Seta non deve contribuire alla creazione di una «nuova egemonia». Mentre il 14 febbraio 2018, l’ammiraglio Harry Harris ha dichiarato di fronte alla Camera dei rappresentanti statunitense che la Nuova Via della Seta «è un’iniziativa strategica e pianificata della Cina che mira a rimpiazzare gli Stati Uniti e i suoi partner nella regione».

Non è forse giunto il momento di riconoscere che, contrariamente alle dichiarazioni di Xi Jinping, la Cina intende utilizzare la Nuova Via della Seta per creare «un’alleanza geopolitica o una lega militare»? O che, come teme il presidente Macron, la Cina sta cercando di costruire una «nuova egemonia»?

 

Richard D. Fisher Jr. è senior fellow dell’International Assessment and Strategy Center con sede a Potomac, Maryland.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la visione di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: China’s ‘One Belt, One Road’ to Global Hegemony

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