Inchiesta Angeli e Demoni, l’ideologia dietro gli affidamenti illeciti

Il 27 giugno è esplosa l’inchiesta Angeli e Demoni e attualmente sono 29 le persone indagate, delle quali 6 si trovano agli arresti domiciliari.
Le indagini della procura di Reggio Emilia hanno svelato l’esistenza di una rete, interna ai servizi sociali della Val d’Enza, che lavorava per allontanare, anche pretestuosamente, il maggior numero di bambini dalle proprie famiglie, per poi affidarli ad amici o conoscenti.

Secondo i carabinieri è inoltre emerso dalle indagini «un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro di cui beneficiavano alcuni degli indagati». Un quadro raccapricciante che vede coinvolti in diverse misure politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi e psicoterapeuti. Non basta però il solo movente economico a spiegare questo mostruoso sistema di affidamenti illeciti, che, come emerge chiaramente dalle indagini di Reggio Emilia, cela evidenti motivazioni ideologiche.

Nel frattempo, dopo la prima settimana di interrogatori, sono stati confermati gli arresti domiciliari per tutti e sei gli indagati, tra cui figurano il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, la responsabile del servizio sociale dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza Federica Anghinolfi, una delle figure chiave di questa vicenda, e lo psicoterapeuta Claudio Foti, responsabile del Centro Studi Hansel e Gretel.

L’inchiesta

Le indagini sono state avviate dalla procura di Reggio Emilia nell’estate del 2018, a fronte di un anomalo aumento delle denunce all’Autorità Giudiziaria da parte dei servizi sociali, per ipotetici abusi sessuali e violenze commesse dai genitori ai danni dei figli minorenni.

Contestualmente è stato riscontrato un drastico aumento degli affidamenti nella Val d’Enza, che secondo i dati raccolti da Reggiosera.it erano stati «zero nel 2015, 104 nel 2016, 110 nel 2017 e 92 nei primi sei mesi del 2018».

Falsificazione delle prove

Avvalendosi della collaborazione dei carabinieri, la procura ha potuto ricostruire e documentare almeno 9 casi in cui la rete dei servizi sociali ha prodotto documentazioni fasulle per richiedere all’Autorità Giudiziaria l’allontanamento dei bambini dalle rispettive famiglie, servendosi anche delle perizie degli psicoterapeuti della Onlus piemontese Hansel e Gretel.

Secondo Il Giornale, le 277 pagine dell’inchiesta documentano, con una serie di intercettazioni ambientali, delle vere e proprie sedute di lavaggio del cervello a cui venivano sottoposti i bambini.
Durante queste sedute i medici spingevano con «giochi psicologici» i minori a confessare episodi mai avvenuti, in particolare violenze fisiche e abusi sessuali. Gli inquirenti hanno scoperto addirittura che gli psicoterapeuti utilizzavano sovente un apparecchio che emetteva «impulsi elettromagnetici erogati mediante elettrodi, che venivano collegati ai piedi o posti tra le mani dei minori» al fine di manipolare con più facilità la mente e i ricordi dei bambini.

Per arricchire le documentazioni da presentare al tribunale dei minori, gli psicologi non avrebbero esitato nemmeno a dichiarare il falso e a manomettere i disegni fatti dai bambini, aggiungendo particolari a sfondo sessuale, che avrebbero dovuto confermare l’esistenza degli abusi. Inoltre, durante le ore di terapia presso il Centro Hansel e Gretel, gli psicologi avrebbero persino indossato dei costumi per interpretare la parte dei genitori cattivi, con l’intenzione di alterare i ricordi dei bambini in vista delle udienze con i giudici. Tutto era finalizzato, come messo nero su bianco nel testo dell’inchiesta, a «costruire un’avversione psicologica dei minori per la famiglia d’origine».

Il procuratore capo di Reggio Emilia ha commentato la vicenda affermando: «Per dieci anni mi sono occupato di materie provanti come la mafia, ma devo dire che questa inchiesta è umanamente devastante».

Secondo l’agenzia Ansa, i reati contestati ai 29 indagati includono frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamento su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso.

Il Centro Studi Hansel e Gretel, diretto dallo psicoterapeuta Claudio Foti, sembra aver svolto un ruolo centrale in questa vicenda, cosi come aveva fatto in altri casi simili avvenuti in passato. Foti è considerato da oltre 20 anni un guru in materia di psicoterapia infantile: i tribunali, compreso quello di Reggio Emilia, si sono avvalsi innumerevoli volte delle sue perizie psichiatriche. Tuttavia, in questa vicenda il gip ha evidenziato come, durante le sedute ‘terapeutiche’ con una bambina, ne abbia intenzionalmente alterato «lo stato psicologico ed emotivo attraverso modalità suggestive e suggerenti con la voluta formulazione di domande sul tema dell’abuso sessuale e con tali modalità convinceva la minore dell’avvenuta commissione dei citati abusi».

Movente economico

Grazie alle confessioni estorte ai bambini ed alle altre documentazioni fasulle, i servizi sociali riuscivano quindi ad allontanare i bambini dalle proprie famiglie per affidarli a coppie, che nella maggior parte dei casi, avevano relazioni di amicizia con i responsabili dei servizi sociali.

Le coppie affidatarie ricevevano poi degli assegni mensili per il mantenimento dei bambini, come previsto dalla legge. Ma gli importi superavano abbondantemente la soglia minima consentita, a fronte di false documentazioni mediche, che attestavano la necessità di cure, garantite immancabilmente dalla onlus Hansel e Gretel.

Sono ancora sfumati i dettagli di questo giro di affari, sebbene i carabinieri abbiano parlato di «un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro di cui beneficiavano alcuni degli indagati, mentre altri si avvantaggiavano a vario titolo dell’indotto derivante dalla gestione dei minori attraverso i finanziamenti regionali».

Il giornalista Francesco Borgonovo ha sottolineato come Hansel e Gretel, la società che avrebbe ottenuto i guadagni più grandi da questo giro di affidamenti, sia presente «in tutte le grosse storie di cronaca riguardanti minori degli ultimi anni, da Veleno – dove avevano supervisionato e partecipato a degli incidenti probatori con i ragazzini che accusavano falsamente i genitori di molestie – è presente qui, è presente nel caso di Biella del ‘96, è presente a Rignano Flaminio […] Continua a lavorare ovunque, e sono riconducibili a una ben precisa ideologia».

La questione ideologica e il sistema degli affidamenti

La procura di Reggio è stata la prima a puntare il dito sulla matrice ideologica degli abusi in questione; tra le carte del processo si legge, in riferimento a Beatrice Anghinolfi (responsabile del servizio sociale dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza) che «sono state la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni ad averla portata a sostenere con erinnica perseveranza la “causa” dell’abuso da dimostrarsi ‘ad ogni costo».

La Anghinolfi, nota per il suo attivismo lgbt a favore delle famiglie arcobaleno, ha infatti svolto un ruolo di coordinamento nella gestione degli affidamenti esaminati dall’inchiesta Angeli e Demoni. Almeno due, tra i bambini allontanati dalle proprie famiglie ingiustificatamente, sono stati affidati a coppie omosessuali, e sembra che una delle affidatarie abbia avuto una relazione sentimentale con la stessa Anghinolfi in passato. Ma la cosa più anomala è che una delle affidatarie, considerate idonee dai servizi sociali, presentava secondo gli inquirenti evidenti problemi psichiatrici; ora infatti il giudice competente ha revocato l’affidamento in quanto è risultato dalle indagini che lei e la sua compagna avrebbero maltrattato ripetutamente la bambina affidata loro, imponendole anche pesanti sevizie psicologiche.

Uno dei papà a cui sono stati sottratti i figli ha raccontato la sua esperienza al quotidiano Il Giornale; secondo il suo resoconto, il 15 giugno del 2018 è stato convocato dagli assistenti sociali. Ha quindi incontrato Federica Anghinolfi e la sua collega Beatrice Benati (anche lei attualmente agli arresti domiciliari) che lo hanno informato che da quel momento non avrebbe più potuto vedere suo figlio, se non «in forma protetta una volta ogni 21 giorni». «Io ero sconvolto, non volevo crederci. Chiesi spiegazioni e mi dissero che io ero omofobo. E che dovevo cominciare ad abituarmi alle relazioni di genere».

D’altra parte il senatore Lucio Malan, che da anni si interessa delle problematiche inerenti agli affidamenti, ha dichiarato durante un’intervista con Radio Radicale: «Purtroppo non sono stupito. Certo che le modalità con cui queste cose pare siano avvenute sono ancora aldilà di quanto si poteva immaginare». Secondo Malan le modalità con cui oggi viene applicato l’articolo 403 del codice civile (di cui lui sta richiedendo da tempo una profonda riforma) sono impressionanti: «È sufficiente che una persona dei servizi sociali, comunicandolo al magistrato ma senza l’autorizzazione del magistrato, lo decida, e un bambino viene portato via da scuola, con modalità simile a quelle dei sequestri degli oppositori all’epoca dei desaparecidos in Argentina».

Ha poi aggiunto che in effetti, oltre agli interessi economici (che in alcune situazioni ha dichiarato essere piuttosto consistenti), esiste anche un’ideologia comune dietro i numerosi abusi che avvengono ogni anno in Italia, ovvero quella secondo cui «lo Stato è il padrone dei bambini, che sono affidati a una famiglia provvisoriamente, anche nel caso dei figli naturali».

Secondo le parole del senatore, questa ‘visione ideologica’ è disgraziatamente già stata integrata nelle leggi italiane, che recentemente hanno visto la scomparsa delle parole ‘potestà genitoriale’ a favore dell’espressione ‘responsabilità genitoriale’, «una cosa concettualmente mostruosa, per la quale il genitore non ha alcuna potestà sui figli, ma ha solo la responsabilità davanti allo Stato, che evidentemente si ritiene padrone dei bambini».

In questo caso è chiaro che il senatore si riferisca alla visione comunista o socialista dello Stato, secondo cui i figli appartengono alla comunità (Stato) piuttosto che alle famiglie.
Citando il settimo capitolo del libro ‘Come lo Spettro del Comunismo controlla il nostro mondo’, di cui Epoch Times Italia sta pubblicando la traduzione settimanalmente: «Il comunismo ritiene che la famiglia sia una forma di proprietà privata. Ne consegue che per eliminare la proprietà privata, deve essere eliminata anche la famiglia».

Quando durante la trasmissione Quarta Repubblica è stato domandato al ministro della famiglia Lorenzo Fontana se ci siano effettivamente dei pregiudizi nei confronti della famiglia tradizionale, e se ci sia un qualcosa di ideologico dietro l’attuale sistema degli affidamenti, il ministro ha risposto: «Che ci sia un pregiudizio talvolta nei confronti della famiglia è assolutamente vero. Ma c’è un motivo: la famiglia è sempre stata ostacolata da tutti i regimi, che sia il nazismo o il comunismo, e purtroppo anche da una certa ideologia che in questo momento ci pervade, cioè quella dell’edonismo, quella di fare solo ciò che si vuole ecc. Mentre la famiglia è un luogo di responsabilità, dove si tramandano i valori, un luogo dove si formano le identità dei bambini».

 

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