Il testimone dell’Fbi ‘imbavagliato’ e il Clintongate

Il dipartimento di Giustizia americano avrebbe emesso un provvedimento-bavaglio per un testimone dell’Fbi informato su fatti di corruzione relativi al commercio dell’uranio.

Da tempo l’Fbi era informata dell’esistenza di un’operazione della Russia finalizzata a espandere la propria influenza nel mercato dell’uranio, mediante attività criminali quali corruzione, tangenti, estorsione e riciclaggio di denaro. L’intelligence statunitense era inoltre al corrente del fatto che i russi avessero identificato la famiglia Clinton come fattore chiave per esercitare la loro influenza. La fondazione Clinton ha infatti incassato 500 mila dollari per un discorso tenuto in Russia da Bill Clinton, lo stesso mese in cui l’ex segretario di Stato Hillary Clinton siglava un accordo che concedeva alla Russia il controllo del 20 percento dell’uranio americano.

Dopo che il testimone chiave si era recato all’Fbi provvisto di registrazioni e prove del piano russo, gli era stato chiesto di firmare un accordo di non divulgazione. Il dipartimento di Giustizia dell’amministrazione Obama lo avrebbe, poi, minacciato con una denuncia penale se avesse portato il caso al Congresso.

Il 25 ottobre, l’ordine ‘bavaglio’ è stato rimosso dal governo americano e il testimone è ora libero di parlare con il Congresso in merito agli accordi per il mercato dell’uranio dell’era Obama.
Il portavoce del dipartimento, Ian Prior,  ha dichiarato che il dipartimento ha autorizzato l’informatore a rivelare «ogni informazione o documentazione concernente il presunto caso di corruzione nell’ambito delle transazioni del mercato dell’uranio».
Prior ha anche dichiarato di avere autorizzato il testimone a parlare, secondo il Washington Free Bacon, con «la presidenza e i membri di alto rango della Commissione Giustizia del Senato, con il Comitato della Camera per la Vigilanza e le Riforme, con la Commissione Scelta Permanente per l’Intelligence della Camera, così come con un membro del personale di ciascun organo».

I dettagli sulla losca operazione russa, rivelati dal Campidoglio il 17 Ottobre, riferiscono che alcuni funzionari russi avrebbero «inviato milioni di dollari negli Stati Uniti alla fondazione di beneficenza dell’ex presidente Bill Clinton» e, inoltre, che i pagamenti sono stati effettuati nel momento in cui Hillary Clinton «lavorava per un ente governativo che ha fornito una decisione gradita a Mosca».

I 500 mila dollari pagati dalla Russia alla fondazione Clinton  rappresentano solo una piccola parte dei pagamenti complessivi corrisposti ai Clinton ai tempi dell’accordo per la società Uranium-One che opera nel mercato dell’uranio.

Come si legge in un articolo del New York Times del 2015, la Russia ha preso il controllo della Uranium-One tra gli anni 2009 e 2013. Da allora «un flusso sistematico di contanti veniva inviato attraverso questa via alla fondazione Clinton». Inoltre, questi contributi  non sono mai stati resi noti dai Clinton a dispetto di un decreto con cui proprio Bill Clinton veniva chiamato in causa dalla Casa Bianca ai tempi di Obama, e dove si disponeva di identificare pubblicamente tutti i donatori.

L’Fbi veniva informata di questi fatti al tempo in cui a capo dell’agenzia c’era Robert Mueller, attualmente consigliere speciale incaricato dell’indagine sulle interferenze della Russia durante la campagna presidenziale del 2016. Mueller potrebbe avere chiuso un occhio quando i russi si avvicinarono ai Clinton.

L’ex direttore dell’Fbi Robert Mueller. (SAUL LOEB/AFP/Getty Images).

Alcune indiscrezioni riportate dai  documenti pubblicati dal sito web WikiLeaks mostrano Mueller  che, nel 2009, consegna  personalmente nelle mani dei russi campioni di uranio altamente arricchito.

Il sito web America Offended riporta in data 23 Ottobre  dei dati dell’archivio del Sec (la commissione di vigilanza della Borsa Usa) che illustrano come Mueller avesse degli investimenti finanziari vincolati in Russia, i quali dimostrerebbero «che Robert Mueller speculava sull’andamento favorevole del mercato russo». Secondo il sito web,  gli investimenti di Mueller infatti «rappresentano un valido motivo di conflitto di interessi, per il modo in cui ha condotto l’indagine sulle interferenze della Russia».

Ha così testimoniato una fonte anonima al Campidoglio: «in base alle prove acquisite, non c’è il minimo dubbio che i russi avessero nel mirino il circolo di Hillary Clinton: era lei il quarterback del piano di Obama per il ripristino delle relazioni con la Russia, oltreché il probabile successore di Obama alla presidenza».

Dopo queste rivelazioni, il senatore dell’Iowa Chuck Grassley ha inviato una serie di lettere a dieci agenzie federali  richiedendo che il testimone, a cui era stato vietato di parlare dall’amministrazione Obama, sia ammesso a testimoniare sui fatti di cui era a conoscenza riguardanti la campagna russa.

In una di queste lettere indirizzata al procuratore generale, Jeff Sessions, veniva richiesta una copia del presunto patto di non divulgazione firmato dal testimone, e che il dipartimento di giustizia lasciasse testimoniare il teste «garantendo di non impegnarsi in nessuna forma di ritorsione nei confronti dell’interessato a causa della rivelazione di informazioni, fatta in buona fede al Congresso».

Grassley he detto che le restrizioni «sembrano impedire impropriamente all’individuo in buona fede di riferire al Congresso informazioni critiche riguardanti potenziali ingiustizie» e che «inoltre, si propongono di limitare il comitato nell’accesso alle informazioni di cui ha bisogno per adempiere alla sua responsabilità costituzionale di controllo». Infatti, sottolinea il senatore, il «comitato ha funzione di sorveglianza sul dipartimento di giustizia, e se questo patto di non divulgazione esiste realmente, ostacola la capacità del comitato di fare il proprio lavoro».

 

Articolo in inglese: FBI Witness Silenced by Obama Administration to Testify to Congress

Traduzione di Giuseppe Di Talia

 
Articoli correlati