Il ruolo di Obama nelle indagini su Trump

Di Jasper Fakkert

Con la pubblicazione dell’indagine del procuratore speciale Robert Mueller, è stata emessa una sentenza definitiva sulla questione della cospirazione tra il presidente Trump e la Russia. Tuttavia, ci sono molti quesiti irrisolti circa l’origine dell’indagine su Trump.

Per esempio, perché l’Fbi ha messo sotto inchiesta un candidato alla presidenza basandosi su informazioni false, oltre che finanziate dalla fazione politica rivale?
E perché il governo britannico ha spiato i membri della campagna elettorale di Trump per poi trasmettere queste informazioni – ufficiosamente – all’allora direttore della Cia John Brennan, che le ha usate per convincere il direttore dell’Fbi, James Comey, ad aprire un indagine su Trump?

Ma probabilmente la domanda più importante è: quale è stato realmente il ruolo del presidente Barack Obama nelle indagini?

È noto che diversi membri del governo Obama abbiano svolto un ruolo attivo nelle indagini; alcuni hanno partecipato allo spionaggio della campagna elettorale di Trump, mentre molti altri hanno dato adito alle false informazioni secondo cui il miliardario avrebbe cospirato con i russi.

Il segretario di Stato di Obama, John Kerry, ad esempio, era stato informato del contenuto del cosiddetto dossier Steele, che presentava una serie di informazioni poi dimostrate false. Il fatto è noto grazie a un articolo scritto per il Washington Post dal funzionario del Dipartimento di Stato di Obama Jonathan Winer, che ha dichiarato di aver ricevuto le informazioni da Christoper Steele, e di averle quindi trasmesse al vice segretario di Stato Victoria Nuland, la quale «riteneva fosse necessario informare il segretario di Stato».

Anche lo stesso Obama ha ricevuto un riassunto del dossier Steele, che è stato allegato ad un rapporto dei servizi segreti siglato dal direttore della Cia John Brennan, dal direttore dell’Fbi James Comeyy, e dal direttore dell’intelligence nazionale James Clapper a gennaio del 2017. È inoltre possibile che Obama avesse ricevuto le informazioni contenute nel dossier Steele da Brennan già ad agosto del 2016.

La consigliera per la sicurezza nazionale di Obama, Susan Rice, insieme all’ambasciatrice presso le Nazioni Unite Samantha Power, ha fatto centinaia di richieste di unmasking per conoscere le identità dei membri della campagna elettorale di Trump, secondo i rapporti dell’intelligence. Tuttavia, in seguito la Power ha sostenuto che fosse stato qualcun altro nell’amministrazione Obama a inoltrare le richieste a suo nome.

È a quel punto che, il 5 gennaio 2017, si è svolto un incontro nello Studio Ovale tra Obama, Rice, il direttore dell’Fbi James Comey, e il vice procuratore generale Sally Yates.
L’incontro è stato ricostruito dalla Rice con un’insolita mail indirizzata a se stessa, datata 15 giorni dopo l’incontro, il 20 gennaio 2017, giorno di insediamento del presidente Trump. L’email è stata classificata come Top Secret, ma alcune sue parti sono ormai declassificate.

Nella mail Rice ha scritto: «Il presidente ha sottolineato che non sta chiedendo di avviare o ordinare qualcosa in ambito giudiziario. Ha ribadito che la nostra squadra giudiziaria deve continuare a svolgere normalmente il proprio lavoro».

Sorge spontaneo chiedersi per quale motivo Obama abbia sentito la necessità di fare simili affermazioni, e perché la Rice abbia ritenuto necessario mettere per iscritto tali dichiarazioni in una email spedita a se stessa il giorno stesso in cui ha lasciato la Casa Bianca.
La mail di Rice afferma anche che Obama avrebbe detto ai suoi funzionari di «accertarsi che non ci siano ragioni per non condividere completamente informazioni relative alla Russia» con il nuovo governo Trump che si sarebbe da lì a poco insediato. Questo non significa forse che informazioni cruciali per la sicurezza nazionale potrebbero essere state occultate alla squadra di Trump per via delle false accuse di cospirazione con la Russia?

Il senatore Chuck Grassley e la senatrice Lindsey Grasham (entrambi repubblicani) hanno sentito quindi la necessità di chiedere a Rice ulteriori chiarimenti sulla mail in questione in una lettera datata l’8 febbraio 2018. Le hanno domandato, tra le altre cose, se «il presidente Obama abbia chiesto di avviare o ordinare qualcosa in altri ambiti collegati all’indagine dell’Fbi».

Il legale della Rice ha risposto alla lettera il 23 febbraio, dichiarando che la sua assistita ha inviato l’email a se stessa «su consiglio dell’ufficio legale della Casa Bianca».

È dunque evidente che siano necessarie ulteriori indagini. Per oltre due anni, è stata ‘venduta’ al pubblico una falsa narrazione secondo cui Trump aveva cospirato con la Russia per manipolare le elezioni presidenziali del 2016 in suo favore.

Fare luce su come siano realmente iniziate queste indagini, quali azioni abbiano intrapreso esattamente i funzionari allora in carica – incluso l’ex presidente – e se qualcuno di loro fosse motivato politicamente, è cruciale per ristabilire la fiducia dell’opinione pubblica nelle istituzioni americane.

 

Jasper Fakkert è caporedattore dell’edizione americana di Epoch Times

Articolo in inglese: What Was Obama’s Role in the Trump Investigations?

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