Esperti Onu «estremamente allarmati» dal prelievo forzato di organi in Cina

Di Tom Ozimek

Lunedì un gruppo di esperti di diritti umani affiliati alle Nazioni Unite ha espresso sgomento per le credibili accuse di prelievo forzato di organi per mano del regime comunista cinese: un’atrocità che prende di mira le minoranze religiose ed etniche.

Gli esperti, tra cui i relatori speciali dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Ohchr) e i membri di un gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, si sono detti «estremamente allarmati dai resoconti sul presunto ‘prelievo di organi’ contro le minoranze, compresi i praticanti del Falun Gong, gli uiguri, i tibetani, i musulmani e i cristiani detenuti in Cina».

Nel comunicato congiunto pubblicato dall’Ohchr, hanno dichiarato: «Il prelievo forzato di organi in Cina sembra prendere di mira specifiche minoranze etniche, linguistiche o religiose detenute, spesso senza che vengano spiegate le ragioni dell’arresto o che vengano emessi mandati di arresto, in diverse località. Siamo profondamente preoccupati dai report sul trattamento discriminatorio dei prigionieri o detenuti in base alla loro etnia e religione o credo».

Gli esperti in questione – che sono slegati da governi e organizzazioni e lavorano nel sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite come specialisti indipendenti – hanno formulato la loro valutazione sulla base di quelle che l’Ohchr ha definito «informazioni credibili» secondo cui alcune categorie di detenuti in Cina sono state sottoposte con la forza a esami del sangue ed esami degli organi senza il loro consenso. I risultati degli esami, che includono test a ultrasuoni e raggi X, sarebbero stati raccolti in un database di organi viventi, usato poi per individuare gli organi compatibili con i potenziali destinatari.

«Secondo le accuse ricevute, gli organi più comunemente rimossi dai prigionieri sono […] cuori, reni, fegati, cornee e, meno comunemente, parti di fegato. Questa forma di traffico di natura medica coinvolge presumibilmente professionisti del settore sanitario, tra cui chirurghi, anestesisti e altri specialisti medici».

L’Ohchr ha precisato che gli esperti in passato hanno sollevato la questione con le autorità cinesi, nel 2006 e nel 2007, ma la risposta che hanno ricevuto mancava di dati fondamentali come i tempi di attesa per l’assegnazione degli organi, o informazioni sulle fonti degli organi.

«In questo contesto, la mancanza di dati disponibili e di sistemi di condivisione delle informazioni sono ostacoli all’efficace identificazione e protezione delle vittime del traffico e all’efficace investigazione e perseguimento dei trafficanti», ha dichiarato l’Ohchr, aggiungendo che un separato meccanismo di indagine delle Nazioni Unite sui diritti umani ha evidenziato preoccupazioni per il prelievo di organi da prigionieri di una certa minoranza religiosa, sebbene non abbia specificato quale.

«Nonostante il graduale sviluppo di un sistema volontario di donazione di organi, continuano ad emergere informazioni su gravi violazioni dei diritti umani nel reperimento di organi per i trapianti in Cina», hanno continuato gli esperti.

L’agenzia delle Nazioni Unite ha dichiarato che c’è una preoccupazione persistente per la mancanza di una supervisione indipendente sul consenso e la donazione di organi da prigionieri o detenuti. L’Ohchr ha quindi chiesto al regime cinese di «rispondere prontamente alle accuse di ‘raccolta di organi’ e di permettere un monitoraggio indipendente da parte dei meccanismi internazionali per i diritti umani».

Gli esperti comprendevano Siobhán Mullally, relatore speciale sul traffico di persone, Fernand de Varennes, relatore speciale sulle questioni delle minoranze, Ahmed Shaheed, relatore speciale sulla libertà di religione o di credo, e Nils Melzer, relatore speciale sulla tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. I relatori speciali fanno parte del più grande corpo di esperti indipendenti nel sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite.

Le accuse secondo cui individui che agiscono per conto del regime cinese hanno rimosso organi vitali da prigionieri (che sono morti poi nel processo), allo scopo di effettuare operazioni di trapianto, sono emerse per la prima volta nel 2006.

Da allora, numerose nuove prove sono state presentate in varie indagini e reseconti, tra cui una sentenza di un tribunale indipendente presieduto da Sir Geoffrey Nice, che in precedenza ha presieduto il processo dell’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic per crimini di guerra.

Il tribunale in questione, il China Tribunal con sede a Londra, ha concluso nel marzo del 2020 che il prelievo forzato di organi ha avuto luogo in Cina per anni «su una scala significativa», con i praticanti del Falun Gong come «fonte principale» di organi umani. Il resoconto del tribunale ha inoltre sottolineato che anche altri gruppi minoritari come gli uiguri, i buddisti tibetani e i cristiani delle chiese domestiche sono stati soggetti all’abuso.

Il Falun Gong è una pratica spirituale che consiste di esercizi di meditazione e insegnamenti morali basati sui principi di verità, compassione e tolleranza. Venti anni fa il regime comunista cinese ha lanciato una campagna per sradicarla dal Paese, e ha sottoposto le oltre 70 milioni di persone che praticavano questa disciplina a a molestie, detenzione, lavoro forzato, tortura e prelievo forzato di organi.

 

Articolo in inglese: UN Human Rights Experts ‘Extremely Alarmed’ by Forced Organ Harvesting Allegations in China

 

 
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