La verità sulla ‘diplomazia delle mascherine’ di Pechino

Mentre molte mascherine e kit diagnostici si rivelano difettosi, è sempre più chiaro che l'obiettivo della campagna è modificare la narrazione globale sulla pandemia e guadagnare denaro con la vendita delle forniture sanitarie

Di Cathy He

Desideroso di migliorare la propria immagine in mezzo alla crisi, il regime cinese ha inviato esperti medici e forniture sanitarie come mascherine e respiratori in diversi Paesi, dall’Italia al Perù. Inizialmente, molti di questi Paesi hanno accolto con entusiasmo gli aiuti, ma ora le cose stanno cambiando: la scorsa settimana Paesi Bassi, Spagna e Turchia hanno segnalato una serie di forniture difettose provenienti dalla Cina.

«Dopo un’iniziale ondata di pubblicità positiva, la storia degli aiuti cinesi all’Europa si sta complicando», ha dichiarato a Epoch Times Peter Rough, esperto di politica estera statunitense e membro senior del think tank dell’Hudson Institute di Washington.
Il 28 marzo, i Paesi Bassi hanno annunciato di aver ritirato circa 600 mila mascherine che erano arrivate con un carico di un milione e 300 mila pezzi totali, acquistati da un’azienda cinese la settimana precedente. Per giunta alcune di queste mascherine erano già state distribuite agli operatori sanitari in prima linea.

Le mascherine non si adattano correttamente alla faccia o hanno filtri difettosi, spiegano le autorità sanitarie olandesi: «Un secondo test ha inoltre rivelato che le maschere non soddisfano gli standard di qualità. Perciò è stato deciso di non utilizzarne nessuna, di quella spedizione».

La Spagna ha avuto inoltre problemi con i kit diagnostici rapidi ordinati da una società cinese.
Il 26 marzo, il Ministero della Salute spagnolo ha dichiarato di aver ritirato circa 58 mila kit diagnostici cinesi dopo aver scoperto che avevano una precisione di rilevamento di appena il 30 per cento, mentre il tasso di precisione normale è superiore all’80 per cento. L’ambasciata cinese in Spagna ha risposto su Twitter affermando che la società che vende i kit, la Shenzhen Bioeasy Biotechnology, non aveva ottenuto la licenza per la vendita.

Nel frattempo, il 27 marzo i funzionari della Sanità turca hanno riscontrato simili problematiche: i kit diagnostici rapidi che si apprestavano ad acquistare da una società cinese non hanno soddisfatto gli standard di efficacia locali. Così hanno scelto un’altra azienda cinese per la fornitura dei kit.

Questi sviluppi hanno «distrutto l’aura di competenza accuratamente coltivata della Cina», sostiene Rough.

Scaricabarile

La «diplomazia delle mascherine» del regime fa parte di una più ampia campagna volta a modificare la narrazione sull’epidemia a livello globale; l’obiettivo finale è distogliere l’attenzione dalle colpe derivanti dalla mala gestione iniziale dell’epidemia da parte di Pechino, che alla fine si è trasformata nell’attuale pandemia globale.

Secondo Rough, «i gesti umanitari della Cina hanno lo scopo di coprire le proprie responsabilità nella propagazione del virus, di creare divisione tra i Paesi europei che sono alla disperata ricerca di un’ancora di salvezza economica e sanitaria, e di conquistare i cuori degli occidentali più ingenui che saranno così inclini a proclamare un secolo cinese».

Accanto alle sue iniziative umanitarie, il regime ha messo in piedi una vasta campagna di disinformazione, facendo girare storie secondo cui il virus del Pcc – comunemente noto come nuovo coronavirus – non avrebbe avuto origine in Cina, ma sarebbe stato portato a Wuhan dall’esercito degli Stati Uniti.

«È così che i regimi autoritari affrontano le crisi – ha dichiarato a Epoch Times Helle Dale, esperta di diplomazia presso l’Heritage Foundation di Washington – Tendono a deviare la rabbia e le critiche verso l’esterno».
La Dale ha sottolineato che il regime sta tentando di conquistare l’attuale vuoto internazionale, mentre i leader storici come gli Stati Uniti sono impegnati nella gestione dell’epidemia a livello nazionale.

Tale assistenza, tuttavia, è accompagnata da una «massiccia campagna di propaganda volta a generare un sentimento di gratitudine verso la Rpc [Repubblica Popolare Cinese, ndr] in quanto salvatrice», ha affermato Katerina Prochazkova, un’analista del think tank ceco Sinopsis, che si occupa principalmente di Cina.
La Prochazkova ha anche fatto notare che Pechino ha ricevuto numerosi aiuti gratuiti da altri Paesi durante le prime fasi dell’epidemia cinese, mentre la gran parte delle merci fornite dal regime sono state vendute tramite accordi di esportazione.

Perciò i Paesi, in Europa e altrove, hanno iniziato a respingere la campagna di propaganda del Pcc.
Il vicepresidente dell’Unione Europea Josep Borrell ha recentemente messo in guardia contro una «battaglia globale sulle narrazioni […] La Cina sta spingendo in modo aggressivo il messaggio che, a differenza degli Stati Uniti, lei è un partner responsabile e affidabile […] Ci sono aspetti della geopolitica che includono la lotta per l’influenza attraverso la distorsione e la ‘politica della generosità’. Armati di fatti, dobbiamo difendere l’Europa dai suoi nemici».

Sfruttamento della crisi globale

Prochazkova ha osservato che la carenza globale di mascherine e dispositivi di protezione è in parte dovuta proprio al fatto che il regime ha importato grandi scorte di forniture durante il culmine dell’epidemia in Cina: «Questa stessa carenza da cui la Cina ci sta ‘salvando’ è stata causata in buona parte dal materiale medico che è stato precedentemente inviato in Cina».

Alla fine di gennaio, mentre la Cina intensificava la produzione interna di mascherine e indumenti protettivi, ha infatti lanciato una campagna per acquistare forniture mediche dall’estero, attraverso la sua vasta rete di imprese statali e affiliate, e grazie alla collaborazione delle associazioni cinesi d’oltremare.

L’agenzia doganale cinese ha annunciato il 7 marzo che dal 24 gennaio al 29 febbraio ha passato al vaglio circa 2 miliardi di mascherine e 25 milioni di tute protettive che sono state importate nel Paese.
I media statali cinesi hanno inoltre lodato gli sforzi delle diverse aziende statali che hanno organizzato la spedizione di milioni di forniture mediche in Cina.

Il Gruppo Greenland, un gigante immobiliare globale il cui maggiore azionista è il governo di Shanghai, è una delle aziende statali coinvolte nell’iniziativa mondiale. Il media statale Xinhua ha scritto il 31 gennaio che l’azienda aveva spedito in Cina 3 milioni di mascherine, 700 mila tute protettive mediche e 500 mila paia di guanti medici.

Un dipendente del dipartimento di Sydney del gruppo Greenland in Australia ha confidato alla stampa locale che ai lavoratori è stato chiesto di mettere da parte il normale lavoro per occuparsi dell’acquisto di forniture mediche all’ingrosso da spedire in Cina. «Praticamente a tutti i dipendenti, la maggior parte dei quali sono cinesi, è stato chiesto di procurarsi ogni genere di materiale medico possibile», ha dichiarato recentemente il dipendente al Sydney Morning Herald, aggiungendo che il lavoro è andato avanti così per settimane, tra gennaio e febbraio. Il governo australiano ha vietato l’esportazione di forniture mediche solo il 29 marzo.

Per partecipare a questa iniziativa sono state mobilitate anche le associazioni cinesi presenti all’estero. Ad esempio, la più grande associazione cinese in Repubblica Ceca, la Czech Qingtian Hometown Association, ha raccolto 780 mila mascherine e più di 30 mila camici chirurgici monouso e respiratori N95 da spedire in Cina, secondo un comunicato pubblicato il 17 febbraio dal sito web statale China Internet Information Center. Il capo dell’associazione in questione è l’uomo d’affari ceco-cinese Zhou Lingjian.

Secondo la stampa ceca, dato che all’inizio di marzo l’agenzia di controspionaggio del Paese ha comunicato al governo che l’ambasciata cinese aveva coordinato le operazioni per effettuare acquisti in blocco di materiale medico da spedire in Cina, il 4 marzo il ministero della Salute ha vietato l’esportazione di mascherine e respiratori.

Mentre il 16 marzo, la polizia ceca ha fatto irruzione in un magazzino di un’azienda privata nella città nordoccidentale di Lovosice, dove ha sequestrato 680 mila mascherine e 28 mila ventilatori. Circa 100 mila mascherine erano etichettate come aiuti della Croce Rossa cinese all’Italia. Il sequestro faceva parte di un’operazione anti-contrabbando.

In un susseguirsi di eventi, Zhou è recentemente finito sotto i riflettori quando un inchiesta di Aktuálně.cz ha rivelato che era lui l’importatore della merce sequestrata dalla polizia. Secondo l’inchiesta Zhou aveva venduto alcune delle maschere trovate nel magazzino a un rivenditore locale, che ha poi tentato di rivendere le forniture al governo ceco al doppio del costo normale.

Il socio di Zhou, tuttavia, ha negato qualsiasi illecito, sostenendo che si trattasse di un «malinteso». Nel frattempo, le autorità ceche hanno confermato che gli aiuti umanitari destinati all’Italia presenti nel magazzino erano stati rubati.

Filip Jirouš, un altro ricercatore di Sinopsis, ha suggerito che una parte delle forniture raccolte da Zhou all’inizio di quest’anno potrebbe coincidere con quelle sequestrate nel magazzino. «Questo ha fatto sorgere il sospetto che il materiale [sequestrato al magazzino, ndr] provenga in realtà dalla raccolta effettuata dalle associazioni cinesi», ha scritto Jirouš in un tweet del 26 marzo.

Bonnie Glaser, consigliere senior per l’Asia e direttrice del China Power Project presso il centro di studi strategici e internazionali di Washington, ha dichiarato a Epoch Times che per contrastare i tentativi del regime volti a rafforzare il suo prestigio internazionale in mezzo alla crisi, i media dovrebbero sottolineare che Pechino sta cercando in realtà di trarre vantaggi dalla crisi globale.

Secondo Glaser, la stampa dovrebbe «spiegare che la Cina ha incrementato le sue scorte di mascherine e altre forniture sanitarie mentre l’epidemia infuriava in Cina, e ora si trova ad avere un sacco di eccedenze su cui vuole speculare».

«È probabile che la domanda globale di altri prodotti rimanga contenuta, quindi il modo migliore per guadagnare denaro con le esportazioni è la vendita delle forniture sanitarie».

 

Articolo in inglese: Beijing’s ‘Mask Diplomacy’ Draws Growing Backlash

 
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