Crisi governo, cosa accade ora e possibili scenari post-voto

La mozione di sfiducia presentata dalla Lega al Senato, nei confronti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha aperto la crisi di governo.

Il ‘no’ del M5S alla Tav, per il ministro Matteo Salvini ha rappresentato la classica goccia che fa traboccare il vaso. Ma la mossa che ha catalizzato la crisi di governo è stata maturata nel tempo, ha spiegato al Tg1 dalla Puglia il vicepremier leader del Carroccio. «Troppi i ‘no’» degli alleati, e a quest’ultimo si sono sommati il ‘no’ alla riforma della giustizia, il ‘no’ alle autonomie, le divergenze di posizione sull’Europa, il ‘no’ ai tagli delle tasse e il ‘no’ dei pentastellati alle Olimpiadi.

Cosa accade ora?

«Voglio dare agli italiani un governo stabile e serio per i prossimi 5 anni», scrive Salvini, che si candida premier, auspicando che non ci siano rimpasti, governi tecnici e «giochi di palazzo, ma solamente elezioni».
Ma il premier Giuseppe Conte, che ha chiesto a Salvini di riferire al Parlamento i motivi della rottura, tiene a puntualizzare: «Non spetta al ministro dell’Interno convocare le Camere», e chiede che la crisi venga parlamentarizzata, ovvero che ad esprimersi sia il Parlamento. Questo farebbe slittare il dibattito a fine agosto e allungherebbe i tempi, dato che ora le Camere sono chiuse per ferie.

Ma i tempi potrebbero prolungarsi ancora di più nel caso venisse accettata la proposta dell’altro vicepremier Luigi Di Maio di votare per il taglio dei parlamentari prima di aprire ufficialmente la crisi di governo. Il voto per questa riforma era previsto per il 9 settembre. Così, le nuove elezioni potrebbero slittare addirittura a novembre.

Ad ogni modo, la crisi si apre ufficialmente dal momento in cui il presidente della Repubblica decreta lo scioglimento delle Camere dopo aver constatato l’impossibilità di creare altre maggioranze. Dal momento dello scioglimento delle Camere, si potrà tornare alle urne una volta decorsi 60 giorni, ma va tenuto conto del fatto che l’Europa chiede ai Paesi di presentare la manovra finanziaria entro il 15 ottobre, e perché questo avvenga è necessario che vi sia un governo in carica entro quella data (il nuovo governo, se si tornerà presto alle urne, o un governo tecnico temporaneo che traghetti l’Italia fino a novembre).

Possibili scenari del dopo voto

L’unica cosa certa che trapela dagli ultimi sondaggi, e che si è constatata anche alle elezioni europee, è che il consenso di cui gode la Lega è cresciuto esponenzialmente nell’ultimo periodo.
L’ipotesi di Matteo Salvini come ‘uomo solo al comando’ è quindi possibile, dato che la Lega ha raggiunto in un breve arco di tempo percentuali che si avvicinano al 40 per cento.

Salvini al momento non vuole parlare di alleanze, ma potrebbe farlo una volta fissato il giorno delle nuove elezioni. Chi non esclude e anzi spinge per un’alleanza con la Lega è però Fratelli d’Italia, il cui consenso continua a crescere ed è arrivato adesso all’8 per cento, secondo i dati del Partito. Quindi, se la Lega dovesse decidere di non correre da sola, la coalizione di centrodestra più probabile è quella Lega-Fratelli d’Italia, e resta da vedere quale sarà la scelta di Forza Italia.

Una clamorosa alleanza Pd-M5S non sarebbe del tutto da escludere, anche se al momento è stata smentita categoricamente dal segretario del Pd Nicola Zingaretti; è molto più probabile che il Movimento 5 Stelle si presenti ancora da solo alle prossime elezioni, e che il Pd cerchi di allearsi con altri partiti minori di centrosinistra.

Le simulazioni dell’Agi-You Trend indicano infatti la Lega vincente al 36,8 per cento; il Pd seguirebbe al 21,7 per cento; il M5s al 17,6 per cento; Forza Italia al 7,3 per cento; Fratelli d’Italia al 6,4 per cento; +Europa al 2,9 per cento; i Verdi al 2,3 per cento e La Sinistra al 2 per cento.

Per ora nessuno vuole scoprire le carte in termini di alleanze, ma è chiaro che se si andasse alle elezioni con le stesse coalizioni del 2018, quella del centrodestra (Lega-FI-FDI) otterrebbe una vittoria netta, in quanto potrebbe potenzialmente governare da sola.

 
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