Mao e lo sterminio dei proprietari terrieri

La parola ‘classicidio’ indica lo sterminio di una classe sociale, piuttosto che di un’etnia, di una razza o di un gruppo religioso. Questo termine descrive adeguatamente quello che accadde in Cina tra il 1949 e l’inizio degli anni ’50.
Poco prima che il leader del Partito Comunista Cinese Mao Zedong salisse al potere, un suo collaboratore rivelò le intenzioni del Partito: «30 milioni di proprietari terrieri e ricchi contadini dovranno essere sterminati»

Mao, a differenza dei sovietici che si servirono del Kgb e dell’Nkvd per condurre le persecuzioni politiche, mobilitò i contadini stessi e li spinse ad uccidere i proprietari terrieri e gli appartenenti alle classi considerate privilegiate: nel 1946 la propaganda di Mao conquistò i cuori di milioni di contadini, annunciando una campagna di riforma agraria; c’era però ancora un ostacolo sulla via che avrebbe dovuto portare alla ridistribuzione della terra: i proprietari terrieri.

La riforma agraria divenne l’obbiettivo principale della neonata Repubblica popolare cinese e causò la morte di milioni di persone; Philip Short, autore di una biografia di Mao, afferma che attraverso di essa Mao condusse i contadini a «sostenere con la violenza gli ideali comunisti».

Nel 1949 Mao venne accusato di essere un dittatore, e lui confermò che in effetti era proprio così. Secondo il China File – progetto del Centro sulle relazioni USA-Cina dell’Asia Society – scrisse: «Miei cari signori, avete ragione, è proprio ciò che siamo». Secondo Mao, i comunisti al potere dovevano ricorrere alla dittatura per affrontare i «cani imperialisti», «la classe dei proprietari terrieri», la «borghesia», «i reazionari e i loro complici», che erano legati al Kuomintang: naturalmente, erano gli stessi comunisti a stabilire chi fossero i «cani», i «reazionari» e i “proprietari terrieri».

Secondo il China File, la definizione di ‘proprietari terrieri’ era semplicemente un’etichetta apposta da Mao e dal partito comunista:

«Nel Paese non c’erano proprietari terrieri, ma solo contadini, alcuni più ricchi di altri. L’esplosione di violenza non fu spontanea, ma accuratamente orchestrata: per molte settimane i quadri del partito addestrarono le persone, portandole all’esaltazione durante grandi raduni pubblici, le armarono con bastoni, zappe e armi da fuoco e le sguinzagliarono contro coloro che ritenevano più istruiti, che possedevano più terra o che avevano una casa più bella degli altri.

In questo sistema di mobilitazione selvaggia (si pensi a quello che accadde agli Ebrei nei villaggi polacchi sotto il dominio nazista), l’avidità, l’invidia e i risentimenti personali furono sfruttati dagli ufficiali comunisti per esacerbare la situazione. Dal momento che la divisione in ‘classi’ era spesso arbitraria e chi istigava alla violenza di solito veniva da fuori, si spingevano le persone a lottare le une contro le altre, amici contro amici, figli contro genitori.

Questo era il metodo praticato: attraverso la violenza organizzata e in mezzo al caos, il Partito pretendeva che tutti partecipassero alla campagna di aggressione, lo scopo era quello di sradicare completamente gli usi e i costumi tradizionali, rendendo il partito il solo possibile detentore dell’autorità e della fedeltà del popolo».

Frank Dikötter, lo storico che ha instancabilmente raccontato le brutalità commesse da Mao, riferisce: «Molte vittime sono state pestate a morte, alcune fucilate, ma in molti casi venivano prima torturate per estorcere confessioni, reali o immaginarie»

R. J. Rummel, autore di China’s Bloody Century: Genocide and Mass Murder Since 1900, sostiene che non si conosce il numero esatto delle vittime, ma ha ipotizzato che circa 4,5 milioni di proprietari terrieri e contadini benestanti siano stati uccisi durante la campagna di riforma agraria. Short afferma che forse un milione di proprietari, con le loro famiglie, siano stati uccisi, ma che il numero reale delle vittime «potrebbe essere due o tre volte superiore»

La stima di Rummel è, a suo dire, avvalorata da testimonianze personali, come quella di un’insegnante di scuola cattolica che viveva in un villaggio di circa 800 persone e nel quale venti proprietari terrieri furono uccisi. Un funzionario del partito comunista ha stimato che 190 mila persone furono giustiziate nella sola provincia del Guanxi. Mentre Mao affermò che c’erano stati solo 800 mila morti tra proprietari e contadini ricchi.

A prescindere da quale sia stato il numero delle vittime, Short considera che: «Tre anni dopo la fondazione della Cina comunista, la classe sociale dei proprietari terrieri, che aveva dominato la società rurale – dalla Dinastia Han, oltre 2000 anni prima – ha semplicemente cessato di esistere» .

Il classicidio è solo uno dei tanti metodi impiegati da Mao e dal Partito Comunista Cinese, nel corso delle innumerevoli campagne politiche condotte in nome degli ideali comunisti.

Articolo in inglese: How Mao Radicalized to Kill Landlords

Traduzione di Marco D’Ippolito

 

 

 
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