Capitolo 9 (Parte I): La trappola economica del Comunismo

Lo Spettro del Comunismo non è scomparso con la disintegrazione del Partito comunista nell'Europa dell'Est

Lista dei capitoli


The Epoch Times sta pubblicando la traduzione del libro Come lo Spettro del Comunismo controlla il nostro mondo, dagli autori del libro Nove commentari sul Partito comunista.


Indice dei contenuti

1. I Paesi occidentali praticano il Comunismo, ma lo chiamano diversamente
a. Tasse elevate e un imponente Stato sociale
• Socialismo sotto copertura
• Alte tasse
• Un pesante Stato sociale
• I benefici sociali: come diffondere la corruzione e intensificare i conflitti tra ricchi e poveri
• L’utilizzo del welfare per prendere voti
b. L’aggressivo interventismo economico in Occidente
• Gli interventi statali
• La realtà e le conseguenze dell’interventismo
c. L’economia socialista porta al totalitarismo comunista

2. Il Socialismo distopico del Partito Comunista Cinese
a. L’economia cinese: il Comunismo non allenta la presa
b. La verità dietro la crescita economica cinese
c. Le conseguenze del modello economico cinese

3. Le devastazioni del Socialismo nei Paesi in via di sviluppo
a. Il Socialismo continua a infestare l’Europa dell’Est
b. L’economia socialista non ha aiutato le nazioni in via di sviluppo
• Venezuela: come il Socialismo ha portato un Paese prospero alla bancarotta
• Lo Zimbabwe: da granaio dell’Africa alla fame

Note bibliografiche


Introduzione

Più di 150 anni fa, Karl Marx ha pubblicato Il Capitale in cui sosteneva l’abolizione della proprietà privata, da tramutare in proprietà pubblica. Un secolo più tardi, la teoria della proprietà pubblica comunista è stata messa in pratica in un terzo delle nazioni del mondo.

Dopo la disintegrazione del blocco sovietico negli anni ’90, molti Paesi dell’Europa orientale si sono sottoposti a una “terapia d’urto”, per tornare all’economia di mercato. Anche altri Paesi non strettamente comunisti, che però avevano messo in atto la nazionalizzazione socialista e sofferto della miseria e della povertà causata dalla proprietà pubblica, non hanno avuto altra scelta che introdurre infine delle riforme di mercato.

Per ottenere il dominio sul globo, lo Spettro del Comunismo ha lanciato attacchi in tutto il mondo. Guardando a quei Paesi che hanno abbandonato il Comunismo o il modello economico socialista, si potrebbe pensare che lo Spettro abbia fallito, ma la realtà non è così semplice: lo Spettro non segue una serie di principi prefissati. Al contrario, i suoi metodi e le sue forme cambiano continuamente in base alla situazione. A volte abbandona o critica direttamente le proprie azioni precedenti, in vista di un obiettivo più grande: questo è particolarmente vero nella sfera economica.

Se infatti si osserva attentamente il sistema economico presente e la realtà dietro di esso, non si può che convenire che lo Spettro del Comunismo abbia esteso i suoi tentacoli in ogni angolo. L’economia di praticamente tutti i Paesi sulla Terra si sta allontanando dai principi del libero mercato, abbracciando invece politiche fantasiose e l’adorazione cieca di tutto quanto faccia parte della sfera statale. Le nazioni stanno perdendo il proprio fondamento morale e gravitano verso il Comunismo. È tempo di svegliarsi di fronte a questa realtà e di opporvisi.

 1. I Paesi occidentali praticano il Comunismo, ma lo chiamano diversamente

Nel Manifesto del partito comunista, Marx ha scritto che la teoria del Comunismo  può essere riassunta in una frase: abolire il sistema della proprietà privata. A livello individuale questo significa «l’abolizione della personalità, della indipendenza e della libertà del borghese». Per quanto riguarda la società in generale «il proletariato adopererà il suo dominio politico per strappare a poco a poco alla borghesia tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè del proletariato organizzato come classe dominante, e per moltiplicare al più presto possibile la massa delle forze produttive[1]».

Per ottenere questo obiettivo, i comunisti hanno utilizzato la violenza e le uccisioni di massa. Tuttavia, quando l’uso della violenza non era più considerato “accettabile”, lo Spettro del Comunismo ha concepito altre strategie, considerate “non violente”. Una volta immesse profondamente nella società, risultano difficili da identificare.

I Paesi occidentali hanno adottato molte politiche economiche che potrebbero non sembrare affatto socialiste, né nel nome né nella loro forma, ma che nondimeno giocano il ruolo di restringere, indebolire o eliminare il diritto alla proprietà. Altre indeboliscono i meccanismi della libera impresa, aumentano il potere del governo e conducono ulteriormente la società lungo la via che porta al Socialismo. Tra questi metodi troviamo l’alta pressione fiscale, un esteso sistema di sussidi sociali e un aggressivo interventismo di Stato.

a. Tasse elevate e un imponente Stato sociale

Una caratteristica importante delle economie comuniste o socialiste nei Paesi occidentali è un esteso Stato sociale. Spesso chi si sposta da Paesi comunisti a Paesi occidentali, ha l’impressione che le differenze non siano molte.

• Socialismo sotto copertura
Il governo di per sé non genera valore: tutti gli aiuti sociali, infatti, sono pagati dalle persone stesse, mediante le tasse o il debito pubblico. Quando il sistema di sussidi pubblici è imponente, lo Stato in questione è di fatto uno Stato comunista, non è necessario che vi sia stata una rivoluzione violenta.

La tassazione elevata, del resto, non è altro che una nazionalizzazione forzata dei beni privati, allo scopo di praticare la ridistribuzione su larga scala. Allo stesso tempo, è un metodo indiretto per eliminare gradualmente il sistema della proprietà privata.

Il risultato finale di un’alta pressione fiscale è lo stesso della proprietà statale e dell’egualitarismo imposto dai regimi comunisti; l’unica differenza sta nel quando avverrà la nazionalizzazione: se prima o dopo l’inizio delle attività produttive. Nelle economie pianificate di stampo comunista, infatti, i mezzi di produzione sono controllati direttamente dallo Stato. In Occidente, sebbene la produzione sia formalmente controllata dai privati, i ricavi che ne derivano vengono convertiti in beni statali mediante le tasse e i mezzi per la redistribuzione. È simile al furto e al saccheggio delle ricchezze altrui: nei Paesi occidentali, anziché usare la violenza per appropriarsi dei mezzi di produzione, l’utilizzo di mezzi “legali e democratici” porta allo stesso risultato.

È ragionevole che esistano degli aiuti statali, come per esempio nel caso di disastri naturali e per le vittime di incidenti. Tuttavia, gli aspetti positivi che il sistema degli aiuti di Stato ha in sé vengono facilmente strumentalizzati, tanto che lo Stato sociale diventa una scusa per aumentare le tasse: l’ingombrante presenza dello Stato sociale ha già prodotto le stesse conseguenze distruttive dell’economia pianificata di stampo comunista, per le persone, la società e i valori morali. Per loro natura, i principi economici comunisti portano infatti alla luce il lato oscuro della natura umana: questa è la causa principale per cui lo Spettro sostiene questi valori economici nel mondo, sia nelle società libere che in quelle direttamente controllate da regimi comunisti.

Alte tasse
Il welfare nei Paesi occidentali sviluppati consuma una grande porzione degli introiti fiscali. Si tratta di soldi che arrivano dai privati: non c’è, del resto, altro modo di mantenere tali livelli di “generosità” da parte del governo.

Negli Stati Uniti, oltre la metà degli introiti derivanti dalle tasse vengono spesi in sicurezza sociale e sanità. Di questi introiti, l’80% di essi deriva dalle tasse sugli stipendi e dalle tasse per la sicurezza sociale, mentre l’11% deriva dalle tasse sulle imprese[2].

Molti altri Paesi occidentali hanno sistemi di welfare ancora più imponenti e quindi si spingono anche oltre, rispetto agli Stati Uniti: secondo dati del 2016 raccolti su 35 economie di mercato, pubblicati dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), 27 Paesi presentavano un livello di imposte sul reddito di oltre il 30% I due Paesi con i livelli più alti di questo tipo di tassazione, rispettivamente al 54 e al 49,4%, erano entrambi europei. In Europa molti Paesi applicano un’imposta sul valore aggiunto (l’IVA italiana) che nei settori dell’alimentare e dello shopping, può arrivare fino al 20%[3]. A questa si aggiungono anche altre imposte, come quella sulle imprese.

Ulteriori dati mostrano che, nel 1900, solo sette dei quindici Paesi analizzati imponevano un’imposta sugli stipendi. La più alta era in Italia, ma era appena del 10%. In Australia, Giappone e Nuova Zelanda vi erano imposte sugli stipendi di circa il 5%. Nel 1950, la media tra i 20 Paesi analizzati superava il 60%. Oggi è lentamente scesa a circa il 40%[4].

Un alto livello di tassazione non è un peso solo per i ricchi: anche i poveri ne subiscono le conseguenze, in svariati modi. Se infatti i ricchi dispongono di vari mezzi legali per difendersi dalle imposte, i benefici sociali concessi ai poveri spariscono non appena il loro reddito sale oltre una certa soglia. In altre parole, le persone vengono penalizzate se lavorano di più.

Un pesante Stato sociale
Nel 1942, l’economista britannico William Beveridge sosteneva a gran voce lo “Stato sociale”: per citare le sue parole si trattava di un piano «che abbracci tutti: sia a livello di individui che di bisogni[5]». Nella società moderna, il vasto sistema di sussidi sociali copre la disoccupazione, le cure mediche, le pensioni, gli infortuni sul lavoro, l’alloggio, l’istruzione, gli asili e simili, il che va ben oltre il concetto tradizionale di carità nei confronti di chi ha un immediato bisogno.

Uno studio della Heritage Foundation ha mostrato che nel 2013, negli Stati Uniti, più di 100 milioni di persone (circa un terzo della popolazione) hanno ricevuto aiuti statali (questo escludendo la sicurezza sociale e le cure mediche) per un costo medio di circa 9 mila dollari a persona [5]. Secondo statistiche dello US Census Bureau, circa il 12,7% della popolazione nel 2016 viveva sotto la soglia di povertà. Eppure, le loro condizioni di vita potrebbero stupire molte persone.

I sondaggi del governo rilevano infatti che il 96% dei genitori, nelle famiglie al di sotto della soglia di povertà, avesse affermato che i propri bambini non hanno mai sofferto la fame. Quasi il 50% di queste famiglie viveva in una casa indipendente e il 40% in appartamento. Solo il 9% viveva in una roulotte. L’80% delle famiglia aveva l’aria condizionata e il 40% una televisione LCD widescreen. Tre quarti delle famiglie considerate “pover” possedevano almeno una automobile[6]. Sembra proprio che l’etichetta della “povertà” fornisca una scusa per l’espansione del welfare.

I benefici forniti dal governo statunitense sono inferiori alla media di quelli forniti dai Paesi OCSE. La maggior parte dei cittadini dei Paesi scandinavi e delle nazioni dell’Europa occidentale vantano uno Stato sociale molto più esteso, rispetto agli americani. In Danimarca, per esempio, persino i cittadini più ricchi godono, dalla culla fino alla fossa, di una serie di aiuti che vanno dalla sanità gratuita all’università.

Prima del collasso economico del Paese, anche in Grecia si godeva ampiamente della quattordicesima e della pensione a 61 anni, che tra l’altro portava a una paga corrispondente a più del 90% dello stipendio precedente. Gli svedesi hanno diritto anche fino a 550 giorni di malattia consecutivi. L’ingigantimento dello Stato sociale, che dal suo tradizionale ruolo di aiutare in casi di emergenza, si è trasformato in una costante per l’intera popolazione, è in effetti parte del piano dello Spettro, volto ad imporre un’economia di stampo comunista in tutto il pianeta.

I benefici sociali: come diffondere la corruzione e intensificare i conflitti tra ricchi e poveri
Da un punto di vista economico, l’essenza dello Stato sociale sta nel prendere soldi da alcune persone e trasferirne il valore ad altre. Il governo è responsabile della redistribuzione della ricchezza: questo rende meno importante il principio secondo cui bisogna lavorare, per ottenere guadagnare. Il venir meno di questo principio morale è particolarmente evidente in Nord Europa: lo studioso svedese Nima Sanandaji ha dimostrato questa idea utilizzando i dati del World Value Survey, secondo cui nei primi anni ’80, l’82% degli svedesi e l’80% dei norvegesi era d’accordo con il fatto che fosse sbagliato ricevere benefici statali, senza averne diritti. Quando lo stesso sondaggio è stato tenuto in Norvegia e in Svezia — rispettivamente nel 2005 e nel 2008 — solo il 56% dei norvegesi e il 61% degli svedesi si è detto d’accordo con la stessa affermazione[7].

All’interno di un generoso sistema di welfare, chi lavora duramente riceve meno profitti, mentre chi risulta essere meno produttivo e intraprendente viene premiato con dei benefici. Con l’andare del tempo, questa mentalità danneggia le tradizioni morali, dato che chi si è abituato a dipendere dai sussidi statali perde l’ingegno, l’indipendenza, il senso di responsabilità e la diligenza dei propri progenitori. Il sistema di “aiuti” viene dato per scontato, si arriva persino a considerare il welfare come un diritto umano. Si forma quindi l’abitudine a dipendere dal governo, il quale viene tenuto in ostaggio dal sistema stesso, e costretto a erogare “aiuti” in modo continuativo. I valori sociali a quel punto cambiano quasi irreversibilmente. Proprio come la rana che viene bollita lentamente senza che se ne accorga, lo Spettro del  Comunismo utilizza il sistema dei sussidi sociali, per “bollire” poco a poco la saggezza e l’etica delle persone, arrivando ad annientarle.

I forti aiuti governativi rendono quasi superflui i tradizionali enti di beneficenza, privando i donatori della possibilità di fare del bene, e sottraendo ai beneficiari il sentimento di gratitudine verso il donatore.

Nella forma tradizionale di società, la carità era un qualcosa che il singolo faceva di propria volontà e scelta, mediante un aiuto diretto ai meno fortunati o tramite una donazione a organizzazioni che si occupano di beneficenza. I donatori e i destinatari dell’aiuto erano persone fisiche e poter ricevere un tale aiuto era considerato un privilegio, non un diritto. Chi veniva aiutato provava gratitudine per la bontà dei donatori e si sentiva motivato a usare il dono, dandosi da fare per migliorare la propria condizione. Chi, grazie alla carità, riusciva a rifarsi una vita, probabilmente finiva per restituire il favore, qualora il donatore si fosse ritrovato in futuro in difficoltà.

Alexis de Tocqueville, filosofo e politico francese, ha osservato infatti che la carità combina le virtù della generosità e della gratitudine, che interagiscono tra loro migliorando la società ed esercitando un’influenza positiva sul livello morale della stessa. Nel frattempo, la relazione tra donatori e riceventi poteva appianare i conflitti e l’antagonismo tra ricchi e poveri: le attività caritatevoli mettevano in contatto membri di classi economiche differenti[8].

L’inflazionato sistema del welfare moderno aliena donatori e destinatari degli aiuti, perché rende il processo della carità un processo burocratico. I ‘donatori’ di oggi sono i contribuenti, che sono costretti a rinunciare alla propria ricchezza, anziché liberi di condividerla volontariamente. Al contempo, i destinatari degli aiuti non hanno alcuna connessione con i benefattori e quindi non provano alcuna gratitudine per il loro sacrificio.

Tocqueville riteneva che il welfare sociale esacerbasse i conflitti tra ricchi e poveri, in quanto, vedendosi sottratte le proprie ricchezza, i ricchi provano risentimento nei confronti delle classi che vengono aiutate. Secondo Tocqueville, poi, anche i poveri continuano a sentirsi scontenti, dato che iniziano a dare per scontati gli aiuti: «Una classe vede ancora il mondo con paura e disgusto, mentre l’altra considera con angoscia e invidia la propria sfortuna[9]».

Il sistema dello Stato sociale odierno, ormai aumentato a dismisura, è invece fonte di gelosia e conflitto politico, ed è utilizzato dallo Spettro del Comunismo  per distruggere l’etica delle persone e l’armonia sociale. Questo si è visto durante la crisi economica della Grecia: in quel contesto, piuttosto che tra ricchi e poveri, il conflitto avrebbe dovuto verificarsi tra la classe media e quella superiore, in quanto per i membri di quest’ultima, l’evasione fiscale era diventata uno «sport nazionale», secondo i politici greci citati in un articolo pubblicato da The Economist [10]. Allo stesso tempo, per non perdere base del suo elettorato, il governo greco è ricorso a ingenti prestiti per coprire la diminuzione del gettito fiscale; lo scopo era quello di mantenere lo stesso livello di welfare degli altri Paesi europei.

Dopo la crisi economica, il governo greco ha cercato di ridurre la presenza dello Stato sociale, ma la popolazione si è dimostrata fortemente contraria. Il popolo ha puntato gli occhi sui ricchi, e ha chiesto tasse ancora più alte per questi ultimi, cosa che ha creato un problema che la Grecia ancora non sa come risolvere.

Il sistema dello Stato sociale mina l’etica del lavoro tradizionale e fa sentire le persone di avere diritto a “qualcosa” che non in realtà non è stato guadagnato tramite i propri sforzi. L’imprenditorialità viene punita e l’intera economia ne soffre.

Nel 2010, uno studio empirico effettuato da Martin Halla, Mario Lackner e Friedrich G. Schneider, tre economisti austriaci, ha prodotto dati che dimostrano come i sussidi sociali portino a disincentivare il duro lavoro nel lungo periodo. Questo risultato può essere dimostrato solo dopo un lungo periodo di tempo. I tre economisti hanno quindi concluso che le dinamiche dello Stato sociale sono in contrasto con la salute dell’economia di una nazione[11].

La cultura della povertà
Nel 2012, il New York Times ha pubblicato un articolo dal titolo Profiting From a Child’s Illiteracy [Trarre vantaggio dai figli analfabeti] in cui si descrive l’impatto delle politiche sociali sulle famiglie di basso reddito sui monti Appalachi, nella parte orientale degli Stati Uniti.

L’articolo si sofferma sulle molte famiglie povere che avevano deciso di non mandare i figli a scuola. Il motivo? Per poter rientrare nei criteri per ricevere i sussidi statali. «I padri e le madri temono che se i loro figli imparassero a leggere, risulterebbe per loro meno probabile ottenere l’assegno mensile per la disabilità intellettiva».

«Molte persone qui vivono in roulotte, sono povere e disperate; un assegno di 698 dollari al mese per ogni figlio, da parte del programma “Supplemental Security Income” è di grande aiuto; e l’assegno arriva fino ai 18 anni di età del figlio[12]».

Il programma di aiuti sociali in questione è stato introdotto circa 40 anni fa con l’obiettivo di aiutare le famiglie a crescere i figli che soffrono di disabilità fisiche o mentali. Quando il New York Times ha pubblicato l’articolo, le statistiche dicevano che il 55% dei bambini destinatari dell’aiuto avevano disabilità mentali, ma senza che fosse stata loro diagnosticata una malattia mentale precisa. Negli Stati Uniti ci sono ora un totale di circa un milione e 200 mila bambini con “deficienze mentali” per le quali i contribuenti pagano circa 9 miliardi di dollari ogni anno[13].

Si tratta di un caso tipico di come il sistema degli aiuti statali e i lati negativi della natura umana si alimentino tra loro, fino a formare in un circolo vizioso. Nonostante le buone intenzioni che animano coloro che sostengono e creano politiche per i sussidi sociali, il risultato è che si finisce per aiutare lo Spettro del Comunismo a raggiungere l’obiettivo di abbattere e distruggere l’Umanità. Più di un secolo fa, Tocqueville osservava che i programmi di sussidi sociali non fanno distinzione tra gli individui, ma solo tra gruppi, divisi per soglie di povertà. Questo rende difficile fornire aiuti in maniera efficace, dato che è impossibile sapere se gli individui che rientrano nel criterio scelto stiano effettivamente soffrendo a causa di circostanze al di fuori del proprio controllo o se la loro “sfortuna” sia stata creata intenzionalmente[14].

Abusare degli aiuti di Stato non si ripercuote solo sulle finanze pubbliche, ma ha anche un effetto negativo sul futuro dei bambini che crescono all’interno di questo sistema. Una ricerca condotta nel 2009, ha scoperto che due terzi delle persone che avevano ricevuto sussidi da bambini avevano poi continuato a riceverli da adulti; è possibile che rimarranno in quella condizione per tutta la loro vita[15].

Allo scopo di ottenere vantaggi elettorali, il termine “disabilità” sta ampliando sempre più il proprio raggio, arrivando a comprendere segmenti sempre più vasti della popolazione che saranno i nuovi destinatari degli aiuti. Il criterio che determina chi abbia diritto a sussidi e servizi sociali crea un’atmosfera negativa che incoraggia a utilizzare in maniera disonesta questi benefici. Quello che ne risulta è una regressione morale e un malessere economico, condizioni che aiutano lo Spettro del Comunismo a ottenere i suoi scopi.

Il welfare sociale dovrebbe essere una misura d’emergenza, per aiutare chi ha davvero bisogno: è efficace in circostanze come incidenti sul lavoro, epidemie, disastri naturali e così via. Non dovrebbe diventare un mezzo di sussistenza normalizzato, è appurato che i sussidi statali e simili non possono risolvere il problema della povertà. Il presidente americano Lyndon B. Johnson ha lanciato la “guerra alla povertà” nel 1964. Cinquant’anni dopo il conto per i contribuenti americani ha toccato quota  2.200 miliardi di dollari per programmi di welfare sociale[16]. Eppure, stando alle statistiche dell’Ufficio del censimento degli Stati Uniti, il tasso di povertà è rimasto costante negli ultimi 40 anni[17].

Secondo William Arthur Niskanen, un economista americano, il sistema del welfare ha generato una “cultura della povertà”. La conseguenza è circolo vizioso di dipendenza dagli aiuti governativi, di figli generati al di fuori del matrimonio, di crimini violenti, alta disoccupazione e aumento degli aborti. In una sua ricerca, su dati raccolti in tutti gli Stati Uniti per l’anno 1992, ha previsto gli effetti dell’aumentare gli aiuti alle famiglie dal basso reddito con figli a carico. I destinatari degli aiuti sono aumentati di circa il 3%; il numero delle persone sotto la soglia di povertà è aumentato dello 0,8%; le nascite in famiglie composte solo da una madre single sono aumentate di circa il 2,1%; il numero di adulti disoccupati aumentato dello 0,5%; crimini violenti e aborti sono aumentati [18]. Le scoperte di Niskanen suggeriscono che un forte sistema di welfare aumenti la dipendenza dal sistema e scoraggi la responsabilità individuale.

La disintegrazione dell’istituzione della famiglia è un ingrediente chiave nella “cultura della povertà”. In uno studio sulla povertà tra i neri negli Stati Uniti, sia nella società contemporanea che più indietro nel tempo, l’economista Walter E. Williams ha scoperto che l’85% dei bambini neri in situazione di povertà vivevano in una famiglia composte solo da una ragazza madre single. Il sistema del welfare promuove questo fenomeno, dato che incoraggia le madri single a vivere senza prendersi la responsabilità delle proprie azioni: ottengono dal governo aiuti, sussidi per l’alloggio, buoni pasto e altro. Il welfare è stato strumentale a portare avanti il fenomeno dei genitori single, causando ulteriore povertà[19].

Nonostante il sistema degli aiuti di Stato sia andato espandendosi sempre di più negli ultimi decenni, il divario tra ricchi e poveri è aumentato costantemente: il salario medio, corretto in base all’inflazione, è aumentato con grandissima lentezza, mentre la ricchezza fluisce sempre più verso le classi alte della società. È emersa inoltre una classe di lavoratori poveri. La Sinistra brandisce questi problemi sociali per spingere verso un governo sempre più forte, per tasse sempre più alte e un sistema di Stato sociale sempre più esteso, finendo per esacerbare ancora di più il problema della povertà che intende combattere.

L’utilizzo del welfare per prendere voti
I politici di Sinistra promuovono spesso il welfare e l’alta tassazione. Mentre cercano di passare come i detentori di una sorta di superiorità morale, utilizzano una varietà di slogan elettorali per convincere chi dovrà votare della nobiltà della propria causa. Non sono di fatto loro a sostenere materialmente i costi dello Stato sociale: il loro metodo consiste semplicemente nel sottrarre la ricchezza alla classe media e a quella più ricca, per poi distribuirla a chi fa parte dei “poveri”.

Dato che il sistema del welfare nasconde la relazione tra donatore e destinatario dell’aiuto, i politici possono affermare tranquillamente di aver avuto un ruolo cruciale in questo processo. Ricevono quindi la gratitudine dei destinatari, sotto forma di voti alle successive elezioni.

b. L’aggressivo interventismo economico in Occidente

Gli interventi statali
Al presente, i governi del mondo libero stanno già praticando un forte interventismo nei propri sistemi economici nazionali. Una delle cause sono state proprio le politiche del welfare, sviluppatesi sotto l’influenza del Socialismo, che hanno incrementato il ruolo dello Stato nella ridistribuzione della ricchezza.
Un evento che ha dato ulteriormente impulso a questa tendenza è stata la Grande depressione degli anni ’30. A seguito della crisi, infatti, la società occidentale è stata fortemente influenzata dalle teorie dell’economia keynesiana, che sostengono l’intervento attivo dello Stato e la regolazione dell’economia mediante la finanza.

Un evento che ha dato ulteriormente impulso a questa tendenza è stata la Grande depressione degli anni ’30. A seguito della crisi, infatti, la società occidentale è stata fortemente influenzata dalle teorie dell’economia keynesiana, che sostengono l’intervento attivo dello Stato e la regolazione dell’economia mediante la finanza.

In una società normale, il ruolo del governo è limitato. Solo in situazioni eccezionali, lo Stato dovrebbe intervenire nella sfera economica; un esempio è quando si verifica un disastro naturale o qualche altra crisi. Tuttavia la teoria keynesiana ha conquistato il mondo e i governi di tutti i Paesi fanno a gara per ottenere un controllo ancora maggiore sulla propria economia.

Quando il governo ha un ruolo attivo nell’economia, ogni suo atto ha un effetto a catena sul mercato. Nuove leggi e decreti possono fare e disfare interi settori, cosa che rende molte imprese e molti investitori dipendenti dalle decisioni del governo. Lo Stato, che tradizionalmente si limitava a promulgare e applicare leggi, è ora diventato un partecipante chiave nell’arena economica. Proprio come l’arbitro di una partita di calcio, lo Stato è diventato colui che controlla e regola il capitale in quella che un tempo era un’economia dei privati, rimpiazzando la “mano invisibile” con la sua “mano visibile”.

Un controllo finanziario attivo, combinato con un forte Stato sociale, ha causato il grave indebitamento di molti governi. Secondo dati OCSE, infatti, più di metà degli Stati membri ha un debito pubblico vicini al 100% del PIL; il debito di alcuni Paesi ha superato il 200% della propria produzione economica[20]. Questo costituisce un grande problema per il futuro sociale ed economico di molti Paesi.

Ronald Coase, economista e premio Nobel  ha prodotto numerosi studi sull’impatto dell’intervento governativo e ha reso noto che esso produce quasi sempre risultati negativi. Coase ritiene che la crisi dell’intervento statale nella sfera economica abbia raggiunto il punto di «far diminuire i rendimenti decrescenti[21]». Nonostante tutto questo, i governi sono diventati sempre più attivi nel condizionare l’economia, portandola sempre più sotto il controllo dello Stato.

• La realtà e le conseguenze dell’interventismo
L’interventismo di Stato ha principalmente due grandi conseguenze.

La prima è che il potere dello Stato si espande, sia in termini dei compiti che arriva a svolgere, sia dell’influenza che ricopre nella società. I funzionari governativi sono quindi sempre più tracotanti nel voler interferire con l’economia e nel far giocare allo Stato il ruolo del “salvatore”. Dopo aver gestito una crisi che richiede di dare maggiore potere allo Stato, il governo vorrà mantenere queste funzioni acquisite e questo nuovo potere.

La seconda conseguenza è che l’interventismo genera maggiore dipendenza dal governo: quando gli imprenditori o i lavoratori incontrano delle sfide, o quando il libero mercato non arriva a portare i benefici desiderati, sono le persone stesse a sostenere maggiori interventi statali: la loro aspirazione è che sia lo Stato a soddisfare le loro richieste e desideri.

Con l’aumentare del potere dello Stato, le imprese private si indeboliscono e il libero mercato ha meno spazio per funzionare. Chi ha beneficiato dell’aiuto dei politici ne è diventato di fatto “dipendente”: è indubbio che tali persone richiederanno un ruolo sempre più attivo al governo, e che quest’ultimo si prenda il compito di distribuire la ricchezza con leggi apposite.

In Occidente è presente una forte corrente politica che spinge la società a sinistra. Questo movimento include i seguaci della Sinistra originale (come i socialisti e i comunisti), ma anche coloro che non vi sono tradizionalmente associati, ma che sono stati “attirati” dai primi. Queste forze, seppur in apparenza diverse, incoraggiano il governo a intervenire maggiormente nel comparto economico e a influenzare il funzionamento delle imprese private.

Queste difficoltà create all’attività economica normale sembrano essere causate da movimenti sociali diversi, ma di fatto è lo Spettro del Comunismo a gestirne le redini.

I governi occidentali, per difendere la propria autorità nel settore pubblico, battono sul tamburo dell’uguaglianza e usano scuse politiche; il tutto è volto ad aumentare l’interventismo statale. Da non dimenticare che vengono emanate leggi e regolamenti appositi, per mantenere questo sistema in modo permanente. Non vi è alcun dubbio che questo comportamento privi le economie di mercato dei loro principali giudici e arbitri: la libera volontà di ciascuna persona. Espandere l’autorità statale sul mercato libero significa trasformarlo gradualmente in una economia pianificata. Le implicazioni a lungo termine sono che tutti gli aspetti dell’economia e della vita sociale saranno sotto il controllo pubblico. Verranno utilizzati mezzi economici per consolidare il potere politico, schiavizzando così la società e i suoi cittadini.

Mediante l’impiego di politiche che in apparenza sembrano benigne, ma che di fatto portano gradualmente la struttura economica a diventare centralizzata, lo Spettro sta accompagnando passo dopo passo l’umanità verso il Comunismo vero e proprio.

c. L’economia socialista porta al totalitarismo comunista

Alte tasse, esteso welfare sociale e forte interventismo dello Stato sono tutti elementi del Socialismo all’interno del sistema capitalista occidentale. Il Socialismo e l’economia pianificata hanno in comune la stessa natura: entrambi utilizzano l’autorità statale per manipolare l’economia. Alla base di entrambi c’è la fede nell’onnipotenza del governo, a cui viene concesso di giocare a fare Dio.

Per come stanno le cose, l’unica differenza tra il forte interventismo statale in Occidente e l’economia pianificata dei Paesi comunisti è che, nei Paesi liberi, la legge e alcuni aspetti basilari del sistema capitalista proteggono i diritti umani, impedendo un controllo totale dei cittadini da parte del governo.

Friedrich Hayek, un importante economista e filosofo austriaco, ha messo in guardia contro la pianificazione economica e la redistribuzione della ricchezza — attività gestite unicamente dallo Stato — affermando che sarebbero entrate in conflitto con il libero mercato. La conseguenza sarebbe stata la nascita di un totalitarismo, indipendentemente dal fatto che il sistema di partenza fosse democratico o meno. Hayek credeva che nonostante il Socialismo praticato in Europa e Nord America fosse diverso dalla proprietà pubblica e dall’economia pianificata presenti nei Paesi comunisti, il risultato sarebbe stato lo stesso: le persone avrebbero perso sia la loro libertà che i mezzi per la propria sussistenza; l’unica differenza è che sarebbe successo più lentamente e in modo meno diretto[22].

Come è stato già fatto notare precedentemente, Marx, Engels e Lenin vedevano il Socialismo come un passo fondamentale sul sentiero che porta al Comunismo. Il percorso di un treno verso la sua destinazione non viene influenzato dal fatto che si debba fermare a una stazione. Allo stesso modo, lo Spettro del Comunismo  è la forza portante dietro un Paese che si muove verso il Socialismo.

Una volta che l’umanità dimentica la tradizione – che sia nella sfera economica o in altre aree – e accetta l’ideologia comunista, la velocità degli sviluppi successivi è irrilevante: prima o poi, la destinazione verrà raggiunta.

La destinazione non sarà certo il paradiso in Terra, ma la distruzione dell’Umanità. Lo Spettro non si preoccupa di realizzare realmente un “paradiso”: non è altro che un’esca per attirare le persone e condurle alla rovina.

2. Il Socialismo distopico del Partito Comunista Cinese

Dopo che l’economia pianificata aveva causato disastri e ridotto la Cina alla povertà, alla fine degli anni ‘70 il PCC si è trovato costretto ad imbarcarsi in un processo di “riforme e apertura”: ha quindi introdotto elementi del libero mercato nella società cinese. Molti ritengono che oggi il PCC sia diventato capitalista, ma questo è molto lontano dalla verità.

a. L’economia cinese: il Comunismo non allenta la presa

Per convenienza, il PCC ha liberalizzato alcuni aspetti dell’economia cinese: per esempio ha permesso l’esistenza di imprese private. Tuttavia, questo non significa che i comunisti abbiano allentato la presa: al contrario, la riforma economica non è nient’altro che una strategia per continuare a mantenere il potere, e per ingannare il mondo.

Il modello comunista cinese è una mostruosa combinazione di Socialismo, interventismo statale ed economia di mercato. Nonostante le imprese private esistano, il PCC non ha mai concesso al popolo alcun reale diritto alla proprietà privata: tutte le risorse e i terreni, infatti, sono a disposizione del Partito. Allo stesso tempo, il PCC impiega il potere statale per imporre uno stretto controllo sulle questioni economiche. Ancora oggi attua la pianificazione nazionale su larga scala, in quella che dovrebbe essere considerata una vera e propria economia del potere. Il “libero mercato”, infatti, è solo un mezzo impiegato dello Stato per stimolare la produzione: non è realmente indipendente e non sono nemmeno presenti delle istituzioni che lo sostengano per garantirne il funzionamento.

La divisione dei poteri è assente e non vi è alcun chiaro sistema che regoli il diritto alla proprietà. Il tasso di cambio non si regola in maniera naturale, il flusso di ricchezza nel Paese e dal Paese è controllato, le aziende che operano sul mercato globale sono strettamente sorvegliate. Il PCC sostiene le aziende cinesi tramite sussidi governativi e rimborsi sulle aliquote che i Paesi stranieri applicano sulle merci cinesi. Lo scopo del PCC è battere nella gara dei prezzi le aziende straniere che sono concorrenti di quelle cinesi. In questo modo, ha distrutto quello che era il normale ordine del commercio mondiale. In Cina, le attività economiche di una certa dimensione contribuiscono al raggiungimento di fini politici: le libertà economiche delle imprese e degli individui sono subordinate ai capricci dello Stato e possono venire revocate in qualunque momento.

È precisamente per queste ragioni che l’Organizzazione Mondiale del Commercio ha rifiutato per lungo tempo di riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato.

Molti governi occidentali speravano ingenuamente che lo sviluppo economico avrebbe portato la liberalizzazione politica e la democrazia in Cina. Al contrario, il Capitalismo statale, in Cina, è stato impiegato per alimentare l’organismo socialista e per rafforzare la posizione di comando del Partito, perché potesse proseguire sul suo sentiero malvagio.

Provvisto di maggiori mezzi finanziari, il PCC ha sottoposto il popolo a forme di repressione più brutali e sofisticate. Nel luglio del 1999 regime ha dato avvio alla persecuzione del Falun Gong, che ha colpito 100 milioni di persone. Questa guerra contro i principi universali di verità, compassione e tolleranza continua fino ad oggi.

Dal 2009, il PCC ha speso più di 500 miliardi di yuan all’anno (circa 65 miliardi di euro) per poter “mantenere la stabilità sociale”, ovvero mantenere il controllo sulla popolazione.

b. La verità dietro la crescita economica cinese

Negli ultimi 40 anni il PIL cinese è cresciuto in maniera estremamente rapida. Ciò ha portato un gran numero di persone, dal cittadino comune all’esperto di economia, a credere nella superiorità dell’economia socialista: in  Occidente varie personalità del mondo accademico e politico sono rimasti meravigliati dall’efficienza di questo sistema totalitario.

La realtà è che il modello economico costruito dal PCC non può essere duplicato. Da un lato, le ragioni alla base della sua crescita economica dimostrano l’instabilità interna del sistema socialista; dall’altro, sono evidenti un’abbondanza di anomalie e perversioni create dalla sua economia del potere, priva di una base morale.

La crescita economica cinese negli ultimi 40 anni è dovuta in gran parte ad alcuni fattori, di seguito delineati.

1. L’alleggerimento dei vincoli dell’economia statale e l’abbandono della pianificazione centrale. A seguire il settore privato è stato rivitalizzato, il che ha dato all’economia cinese una potente spinta produttiva. I cinesi sono un popolo di persone intelligenti e che lavorano duramente; per decenni il PCC aveva ostacolato la possibilità di poter lavorare in proprio e mantenuto la popolazione in uno stato di povertà; una volta aperta la porta al settore privato la fiammella della motivazione a mettersi al lavoro è divampata, e con questa l’enorme potere economico cinese.

2. L’enorme influsso di capitale e di tecnologia proveniente dall’Occidente, durante il periodo delle riforme. Sotto l’economia pianificata, molte risorse non venivano del tutto utilizzate, come la terra, la capacità lavorativa e il mercato in generale. Era come se la Cina fosse seduta su una montagna d’oro, il cui prezzo non era stato ancora determinato. La combinazione degli investimenti di capitale e di tali risorse, che ancora non erano del tutto sviluppate, hanno innescato la miccia della crescita economica cinese. Se non fosse stato per il governo totalitario del PCC, questo “fuoco” si sarebbe acceso decenni prima, in modo più controllabile e sostenibile.

La portata degli investimenti occidentali nel Paese del Dragone è immensa. Secondo dati pubblici, gli investimenti diretti dagli Stati Uniti alla Cina hanno raggiunto gli 800 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2016[23]. Il valore totale del capitale straniero che è entrato in Cina dal 1979 al 2015 è stato di 1.640 miliardi [24].

I Paesi occidentali hanno persino garantito al regime cinese lo status di “Paese di origine preferenziale per il commercio”, oltre a un ampio accesso al mercato internazionale. A maggio del 2000 il governo statunitense ha approvato una serie di normative per regolare gli accordi commerciali con Pechino; l’11 dicembre 2001 la Cina è entrata formalmente nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, entrando quindi nel mercato internazionale dalla porta principale.

3. L’utilizzo di metodi immorali per sviluppare la propria potenza economica. Alcuni esempi sono lo sfruttamento dei lavoratori e dei contadini; la demolizione coatta delle abitazioni dopo aver sfrattato forzatamente chi ci viveva. Per raggiungere una crescita economica in breve tempo, il PCC non si è preoccupato delle conseguenze di inquinare l’ambiente: ha voluto succhiare ogni goccia che potesse portare un profitto materiale, che provenisse dalla Terra o dai cittadini cinesi.

Il PCC si è approfittato dei capitali, delle tecnologie, dell’ingresso ai mercati occidentali, delle relazioni commerciali favorevoli e della produzione interna a basso costo: il tutto per ottenere grandi somme in riserve di valuta estera. Il disavanzo commerciale tra Stati Uniti e Cina è cresciuto infatti da circa 80 miliardi nel 2000 a più di 375 miliardi nel 2017.

4. Capovolgere le convenzioni presenti nel commercio internazionale.

Il PCC ha messo le mani su ogni possibile opportunità disponibile, senza preoccuparsi di cosa fosse corretto e di cosa non lo fosse. Ha adottato e portati avanti una strategia per derubare sistematicamente gli altri Paesi delle loro proprietà intellettuali, con l’obiettivo di superare l’Occidente nei settori manifatturieri e tecnologici: si tratta del più grande furto in tutta la Storia.

Nel 2017 la Commissione sul Furto della Proprietà Intellettuale Americana [un gruppo indipendente costituito membri provenienti dal mondo diplomatico, politico ed economico NdT] ha pubblicato un rapporto nel quale sostiene come i beni contraffatti, i software pirata e il furto di segreti commerciali da parte della Cina causano agli Stati Uniti una perdita stimata tra i 225 e i 600 miliardi di dollari all’anno.

Questa stima non include le perdite dovute al furto della proprietà intellettuale (principalmente da parte della Cina), che si stima abbia portato alla perdita di altri 1.200 miliardi di dollari tra il 2014 e il 2017[25][26].

Un rapporto prodotto della Direzione del Servizio di Intelligence Nazionale americano afferma inoltre che il 90% degli attacchi informatici contro aziende statunitensi proviene dal governo cinese, causando un danno annuale all’economia di 400 miliardi di dollari [27].

Riassumendo i quattro punti qui sopra vediamo che la crescita economica cinese è stata il risultato dell’aver allentato le maglie dell’ideologia socialista nel campo economico; dell’aver permesso ai Paesi occidentali di investire in Cina e dalla condotta immorale del PCC nel gestire le relazioni commerciali, sia all’interno che all’esterno della Cina stessa.

In nessun modo questo indica una superiorità del Socialismo, come non indica che il Partito si stia sviluppando su un sentiero che può essere considerato capitalista.

Gli “osservatori” e gli “esperti” occidentali a volte descrivono questo modello economico senza scrupoli come “Capitalismo di Stato”, ma si tratta di un complimento immeritato: sotto il regime totalitario del PCC, non vi è vero Capitalismo. L’economia non è altro che uno strumento politico nelle mani del PCC. L’economia di mercato è infatti soltanto un’apparenza superficiale che il PCC usa per ingannare il mondo.

Nel modello economico utilizzato dal PCC l’autorità dello Stato forza un rapido sviluppo economico, con l’ausilio di trucchi disonesti. Avendo notato un iniziale successo di tale modello, altri Paesi lo hanno copiato, mettendo quindi in atto interventi statali sempre più pesanti. Così facendo hanno commesso il terribile errore di idolatrare il modello del Partito, ignorando le tragedie umane e morali che lo accompagnano.

c. Le conseguenze del modello economico cinese

Il modello economico utilizzato dal PCC ha portato al collasso dei valori morali. Il tutto è esattamente in linea con l’obiettivo dello Spettro del Comunismo di distruggere l’umanità: la potenza economica del PCC va di pari passo con l’erosione dei principi etici e spinge le persone verso un pozzo senza fondo, dove il nichilismo e il vizio la fanno da padrone.

La Cina moderna è inondata di beni fasulli, cibo avvelenato, pornografia, droghe, gioco d’azzardo e bande criminali: la corruzione e la prostituzione sono diventate conquiste di cui vantarsi, mentre la fiducia a livello sociale è praticamente inesistente. Il divario tra ricchi e poveri è in aumento e va di pari passo con i conflitti sociali e gli abusi giuridici.

In questa economia del potere, è considerato “normale” per i cinesi chiudere entrambi gli occhi davanti alla sofferenza dei propri concittadini; mentre i funzionari del Partito sfruttano la propria autorità per accumulare ricchezze, l’enormità della corruzione aumenta quanto più la posizione sociale è elevata. L’appropriazione indebita di cifre stratosferiche — milioni di dollari — non scuote gli animi. Non vi è alcun governo che possa essere altrettanto corrotto ed eticamente degenerato come il regime comunista cinese.

Ottobre 2011: il mondo è rimasto scioccato dalla morte di Yueyue, una bambina di 2 anni della Provincia del Guangdong, investita da un camion. Invece che cercare aiuto, l’autista ha inserito la retromarcia e ha investito di nuovo la piccola, per assicurarsi che morisse. Diciotto persone sono passate di lì senza fermarsi. La bambina, ancora in vita, è deceduta in seguito in ospedale.

Sulla stampa internazionale non sono mancati articoli per chiedersi cosa fosse successo all’anima del popolo cinese, ma non dovrebbe essere una sorpresa per chi si ritiene un “esperto di Cina”. La morte della piccola Yueyue, schiacciata da un camionista senza cuore, anche se non poneva alcuna minaccia, è riflesso lampante della società cinese nel suo complesso.

Una crescita economica così potente e rapida come quella cinese, non può che essere caotica, di breve durata e portare a disastri, dato che non va di pari passi con il mantenimento di valori etici.

A causa delle politiche disumane del PCC, i conflitti sociali abbondano e gli equilibri ambientali sono sull’orlo del collasso; le conseguenze del degrado morale saranno fatali.

Il governo cinese si definisce un Paese potente, ma la sua forza è illusoria: la sua prosperità superficiale, costruita sulla ricerca irresponsabile del guadagno, è destinata a crollare sotto i colpi della crisi morale e del conflitto sociale che ne scaturisce. Non vi è alcun futuro radioso per la Cina, fintanto che si trova all’interno della trappola dello Spettro del Comunismo. L’intenzione non è garantire una crescita sana e sostenibile: il suo scopo è distruggere la Cina.

3. Le devastazioni del Socialismo nei Paesi in via di sviluppo

 a. Il Socialismo continua a infestare l’Europa dell’Est

Al giorno d’oggi i Paesi occidentali sviluppati praticano un Socialismo “nascosto”, al contrario del Partito Comunista Cinese, che invece impone il suo pungo di ferro alla luce del sole. Nell’Europa dell’Est, lo Spettro del Comunismo continua a infestare la regione: il motivo è che i crimini commessi dai regimi dell’ex blocco sovietico non stati pienamente riconosciuti e condannati.

La persistente presenza del Comunismo nell’Est Europa può essere osservata tramite vari aspetti, presenti nella politica e nell’economia. In Russia e in Bielorussia sono tutt’ora presenti potenti imprese statali, forte welfare e politiche interventiste aggressive.

Durante il periodo di transizione dopo la fine “ufficiale” del Comunismo, i Paesi dell’Est Europa hanno vissuto delle crisi caratterizzate da crescita lenta e alta disoccupazione. Questo ha incoraggiato un ritorno al Comunismo e al Socialismo, ma utilizzando nuove modalità. Lo Spettro del Comunismo non è ancora stato scacciato: i partiti di Sinistra sono stati animati da un nuovo vigore e hanno alimentato la nostalgia delle persone verso il passato socialista[28].

b. L’economia socialista non ha aiutato le nazioni in via di sviluppo

Negli anni ’60, molte delle le nazioni in via di sviluppo in Asia, Africa e America Latina, da poco diventate indipendenti, aprirono le porte all’ideologia socialista; il risultato fu un caos sociale ed economico. Esempi più recenti includono il Venezuela e lo Zimbabwe.

Il Venezuela era il Paese più ricco dell’America Latina, prima che anni di Socialismo portasse l’economia al collasso: la crisi che affligge il Paese — povertà, crimine e fame — è un esempio del lavoro dello Spettro del Comunismo. Stesso discorso per lo Zimbabwe, che a sua volta, era il Paese africano più ricco. Si sta rialzando lentamente dopo il dominio di Robert Mugabe, che ha soffocato l’economia del Paese utilizzando l’ideologia marxista-leninista e portando l’inflazione a livelli disastrosi.

Venezuela: come il Socialismo ha portato un Paese prospero alla bancarotta
Il Venezuela possiede considerevoli riserve di petrolio. Negli anni ’70, era il Paese dalla crescita più rapida in America Latina, dal più basso livello di disuguaglianza dei redditi e dal più alto PIL pro capite nella regione [29]. L’economia relativamente libera del Venezuela aveva attratto personale qualificato dall’Italia, dal Portogallo e dalla Spagna.
Insieme alla protezione dei diritti di proprietà, dal 1940 al 1970, i fattori sopra esposti hanno permesso una rapida crescita dell’economia della nazione[30].

Il disastro è arrivato nel 1999, quando un nuovo presidente è salito al potere, e il Paese si è votato a un programma di nazionalizzazione che ha finito per portare nel caos l’economia. Il presidente aveva dichiarato pubblicamente di voler praticare «un Socialismo del XXI secolo [21].

Per costruire questo “sogno socialista”, il governo ha requisito o nazionalizzato molte aziende private in svariati settori: petrolio, agricoltura, finanza, industria pesante, acciaio, telecomunicazioni, energia, trasporti, turismo.

Questo processo è stato ulteriormente accelerato ulteriormente dopo la rielezione del suddetto presidente nel 2007, a seguito della quale il governo ha espropriato e messo le mani su 1.147 imprese private (tra il 2007 e il 2012) con effetti catastrofici.

Imprese che un tempo erano produttive vennero rimpiazzate da imprese statali inefficienti, con la conseguenza di mettere fuga gli investitori, sia nazionali che internazionali. Con la produzione a picco, il Venezuela ha deciso di basarsi principalmente sulle importazioni. Il disastro è arrivato con il crollo del prezzo del petrolio e la messa in atto di una serie di interventi governativi legati alle riserve estere e al controllo dei prezzi.

C’è chi ha attribuito questa tragedia alla crisi del petrolio stessa, ma le ragioni del drammatico fallimento del Venezuela non sono queste. Dati della Banca mondiale ci dicono che il quel periodo, tra il 2013 e il 2017, ben sette Paesi che si basavano ancor più del Venezuela sulle esportazioni di petrolio, hanno registrato una crescita economica[32].

La radice del problema sta nel sistema economico socialista. La politica economica venezuelana è stata portata avanti secondo le richieste rivoluzionarie che Marx ha formulato nel Manifesto del Partito Comunista[33]. Il Venezuela, quindi, è semplicemente andato incontro a un destino che era inevitabile.

Lo Zimbabwe: da granaio dell’Africa alla fame
Dopo la dichiarazione di indipendenza, avvenuta nel 1980, lo Zimbabwe ha deciso di costruire uno Stato socialista seguendo i principi del Marxismo-Leninismo.

Il suo primo presidente era stato un seguace del Marxismo in gioventù e aveva partecipato ad azioni di guerriglia portando avanti il pensiero di Mao Zedong. Per tutto questo si era prima guadagnato il sostegno incondizionato da parte del Partito Comunista Cinese, per poi mantenere buone relazioni con la Cina anche in seguito, durante i suoi quasi 40 anni di dominio, prima di essere stato costretto ad “abdicare”, nel novembre 2017.

Da notare che, diversamente dagli altri Paesi africani che avevano abbracciato il Socialismo, lo Zimbabwe non ha immediatamente imposto delle politiche di nazionalizzazione.

I problemi economici dello Zimbabwe sono cominciati nel 2000, a seguito dell’inizio della riforma dei terreni, per la quale la terra appartenente ai contadini bianchi è stata sequestrata e consegnata ai neri senza terra, o a chi apparteneva a una sponda politica ritenuta “corretta” dal regime. Il risultato è stato un forte calo della produttività agricola. Nel tentativo di evitare la crisi, la Banca Centrale dello Zimbabwe ha iniziato a stampare sempre più moneta, portando il Paese in una spirale senza fine di inflazione.

I dati della Banca Centrale dello Zimbabwe indicano infatti che a giugno 2008, l’inflazione annuale aveva raggiunto un aumento di 231 milioni punti percentuali. A metà novembre del 2008 era quasi all’80 miliardi per cento, dopodiché le autorità hanno semplicemente smesso di pubblicare statistiche mensili. Un anno dopo, il tasso di cambio del dollaro dello Zimbabwe rispetto al dollaro degli Usa aveva raggiunto il rapporto di 35 mila miliardi a uno. Alla fine, lo Zimbabwe è stato costretto ad abbandonare la propria moneta e a crearne una nuova di zecca[34].

Nel 2008, una grande carestia ha colpito il Paese. Su una popolazione di 16 milioni di persone, 3 milioni e mezzo erano in stato di inedia e ancora oggi la malnutrizione cronica è molto diffusa.

Il Comunismo  danneggia il mondo in modi che possono essere osservati e previsti in tutti i Paesi. Le nazioni sviluppate dell’Occidente stanno già iniziando ad avvertire le crisi, mentre, nel mondo in via di sviluppo, la tragedia del Socialismo è già realtà. Il principio è in sintesi il seguente: lo Spettro del Comunismo utilizza lo strumento dell’economia per promettere felicità immediata e benessere duraturo, attirando le persone nella trappola del degrado morale, per poi spingerle nell’abisso.


Note bibliografiche

[1] Karl Marx e Friedrich Engels, “Il Manifesto del Partito Comunista”, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/index.htm.

[2] Max Galka, “The History of U.S. Government Spending, Revenue, and Debt (1790-2015)”, Metrocosm, 16 febbraio 2016, http://metrocosm.com/history-of-us-taxes/.

[3] “OECD Tax Rates on Labour Income Continued Decreasing Slowly in 2016”, OCED Report, http://www.oecd.org/newsroom/oecd-tax-rates-on-labour-income-continued-decreasing-slowly-in-2016.htm.

[4] Kenneth Scheve e David Stasavage, Taxing the Rich: A History of Fiscal Fairness in the United States and Europe (Kindle Locations 930-931) (Princeton: Princeton University Press, Kindle Edition).

[5] Rachel Sheffield e Robert Rector, “The War on Poverty after 50 Years”, Heritage Foundation Report, September 15, 2014, https://www.heritage.org/poverty-and-inequality/report/the-war-poverty-after-50-years.

[6] Ibid.

[7] Nima Sanandaji, Scandinavian Unexceptionalism: Culture, Markets, and the Failure of Third-Way Socialism (London: Institute for Economic Affairs, 2015), 132.

[8] Alexis de Tocqueville, Memoir on Pauperism, tradotto da Seymour Drescher  (Lancing, West Sussex, UK: Hartington Fine Arts Ltd, 1997).

[9] Ibid.

[10] “A National Sport No More”, The Economist, 3 novembre 2012, https://www.economist.com/europe/2012/11/03/a-national-sport-no-more.

[11] Martin Halla, Mario Lackner, e Friedrich G. Schneider, “An Empirical Analysis of the Dynamics of the Welfare State: The Case of Benefit Morale”, Kyklos, 63:1 (2010), 55-74.

[12] Nicholas Kristof, “Profiting from a Child’s Illiteracy”, New York Times, 7 dicembre 2012, https://www.nytimes.com/2012/12/09/opinion/sunday/kristof-profiting-from-a-childs-illiteracy.html.

[13] Ibid.

[14]Alexis de Tocqueville, Memoir on Pauperism, trans. Seymour Drescher  (Lancing, West Sussex, UK: Hartington Fine Arts Ltd, 1997).

[15] Nicholas Kristof, “Profiting from a Child’s Illiteracy”,  New York Times, 7 dicembre 2012, https://www.nytimes.com/2012/12/09/opinion/sunday/kristof-profiting-from-a-childs-illiteracy.html.

[16] Robert Rector, “The War on Poverty: 50 Years of Failure”, Heritage Foundation Report, 23 settembre 2014, https://www.heritage.org/marriage-and-family/commentary/the-war-poverty-50-years-failure.

[17] U.S. Census Bureau, “Annual Social and Economic Supplements”, Current Population Survey, 1960 to 2016.

[18] Niskanen, A., “Welfare and the Culture of Poverty”, The Cato Journal, 16:1(1996).

[19] Walter E. Williams, “The True Black Tragedy: Illegitimacy Rate of Nearly 75%”, cnsnews.com, 19 maggio 2015, https://www.cnsnews.com/commentary/walter-e-williams/true-black-tragedy-illegitimacy-rate-nearly-75.

[20] “OECD Data”, https://data.oecd.org/gga/general-government-debt.htm.

[21] Thomas Winslow Hazlett, “Looking for Results: An Interview with Ronald Coase”. Reason, (January 1997), https://reason.com/archives/1997/01/01/looking-for-results.

[22] F. A. Hayek, The Road to Serfdom (London: Routledge Press, 1944).

[23] “Direct Investment Position of the United States in China from 2000 to 2016” , Statistica.com, https://www.statista.com/statistics/188629/united-states-direct-investments-in-china-since-2000/.

[24]“Report on Foreign Investments in China, 2016”, A Chronicle of Direct Foreign Investments in China, The Ministry of Commerce of China [〈中国外商投资报告 2016〉, 《中国外商直接投资历年概况》,中國商務部]

[25] Liz Peek, “Finally, a President Willing to Combat Chinese Theft”, The Hill, 26 marzo 2018, http://thehill.com/opinion/finance/380252-finally-a-president-willing-to-combat-chinese-theft.

[26] The Commission on the Theft of American Intellectual Property, Update to the IP Commission Report, 2017, http://www.ipcommission.org/report/IP_Commission_Report_Update_2017.pdf.

[27] Chris Strohm, “No Sign China Has Stopped Hacking U.S. Companies, Official Says”, Bloomberg News, 18 novembre 2015, https://www.bloomberg.com/news/articles/2015-11-18/no-sign-china-has-stopped-hacking-u-s-companies-official-says.

[28] Kurt Biray, “Communist Nostalgia in Eastern Europe: Longing for the Past”, 10 novembre 2015, https://www.opendemocracy.net/can-europe-make-it/kurt-biray/communist-nostalgia-in-eastern-europe-longing-for-past.

[29] John Polga-Hecimovich, “The Roots of Venezuela’s Failing State”, Origins, 10:9 (June 2017), http://origins.osu.edu/article/roots-venezuelas-failing-state.

[30] José Niño, “Venezuela Before Chavez: A Prelude to Socialist Failure”, Mises Wire, 4 maggio 2017, https://mises.org/wire/venezuela-chavez-prelude-socialist-failure.

[31] John Bissett, “Hugo Chavez: Revolutionary Socialist or Leftwing Reformist?” Socialist Standard No. 1366 (giugno 2018) https://www.worldsocialism.org/spgb/hugo-chavez-revolutionary-socialist-or-leftwing-reformist.

[32] Julian Adorney, “Socialism Set Fire to Venezuela’s Oil Crisis”. Real Clear World, 29 agosto 2017, https://www.realclearworld.com/articles/2017/08/29/socialism_set_fire_to_venezuelas_oil_crisis_112520.html.

[33] José Niño, “John Oliver is Wrong About Venezuela – It’s a Socialist Country”, Mises Wire 30 maggio 2018, https://mises.org/wire/john-oliver-wrong-about-venezuela-%E2%80%94-its-socialist-country.

[34] “10 Numbers Tell You What Is Going On in Zimbabwe”, BBC edizione cinese (11 novembre 2017), http://www.bbc.com/zhongwen/trad/world-42077093.

 
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