L’app cinese WeChat monitora anche gli utenti fuori dalla Cina

Di Eva Fu

Nel suo ultimo studio, l’osservatore del mondo digitale Citizen Lab ha rivelato che gli utenti internazionali dell’applicazione di messaggistica cinese WeChat potrebbero inconsapevolmente stare aiutando la piattaforma a perfezionare il suo sistema di censura per gli utenti all’interno della Cina.

WeChat, con oltre un miliardo di utenti attivi ogni mese in tutto il mondo, è ben nota per la rigorosa censura delle conversazioni; l’obbiettivo è garantire che gli argomenti discussi sul social rientrino tra quelli considerati accettabili dal Partito Comunista Cinese.

Tuttavia, Citizen Lab ha scoperto che anche gli utenti stranieri sono soggetti alla «pervasiva sorveglianza dei contenuti, che in precedenza si pensava fosse riservata esclusivamente agli account registrati in Cina». Inoltre, sembra che le loro conversazioni vengono utilizzate per perfezionare gli algoritmi di censura destinati agli utenti in Cina.

All’interno della Cina l’applicazione svolge un’ampia gamma di funzioni: dalla chat, allo shopping, al marketing, al banking, alla prenotazione di biglietti del cinema e taxi.

Mentre fuori dalla Cina, secondo la società Messenger People con sede a Monaco di Baviera, sono circa 100 milioni gli utenti registrati su Wechat.

Nutrire un apparato di censura

Lo studio ha rivelato che WeChat analizza le immagini e i documenti che gli utenti esteri condividono tra loro, per creare un database che utilizza poi per censurare gli utenti all’interno della Cina. I ricercatori lo hanno scoperto grazie ad alcuni esperimenti condotti tra novembre 2019 e gennaio. Hanno creato due chat di gruppo: una composta solamente da utenti stranieri e l’altra da utenti stranieri e un account registrato in Cina. Ebbene, quando inviavano immagini e documenti politicamente sensibili nella chat composta da soli utenti stranieri, poco dopo quelle stesse immagini e documenti venivano censurati per gli utenti registrati in Cina.

Il test di Citizen Lab condotto nel gennaio 2017: Un utente con un account in Cina (sinistra) tenta di inviare senza successo un’immagine politicamente sensibile tramite WeChat. (Per gentile concessione di Citizen Lab)

Inoltre i ricercatori hanno scoperto che WeChat conserva anche i dati dei file che gli utenti eliminano nell’app e quindi mai ricevuti dall’altra parte.

Lo studio conclude che «Nessuna delle informazioni che WeChat mette a disposizione degli utenti, spiega le ragioni di tale monitoraggio», specificando che il personale di WeChat addetto alla protezione dei dati non ha mai risposto in modo esauriente alle domande dei ricercatori sulle pratiche di trattamento dei dati dell’azienda.

Venerdì è intervenuto Tencent, il gigante tecnologico di Shenzhen proprietario dell’app, dichiarando che «per quanto riguarda la richiesta di migliorare la protezione dei contenuti degli utenti internazionali, possiamo confermare che tutti i contenuti condivisi tra gli utenti internazionali di WeChat sono privati».

Nell’intervista con Epoch Times, Jeffrey Knockel, un post-dottorato di Citizen Lab coautore dello studio, ha spiegato che sarebbe necessaria un’ulteriore analisi tecnica per determinare se le stesse problematiche sono presenti nelle altre aziende cinesi, poiché è «plausibile che altre piattaforme utilizzino lo stesso tipo di monitoraggio».

Il ricercatore ha detto che i garanti della privacy dei vari Paesi potrebbero multare questo genere di aziende, che stanno ingannando i propri utenti. Mentre gli utenti canadesi possono lamentarsi con le autorità federali di regolamentazione della privacy che possono «fornire raccomandazioni non vincolanti su come l’azienda deve modificare i propri servizi».

Preoccupazioni sulle App cinesi

Questo studio si aggiunge al coro di critiche internazionali per la censura e la gestione dei dati operate dai social media cinesi. In uno studio di marzo, Citizen Lab ha rivelato che WeChat in Cina ha censurato attivamente le discussioni sull’epidemia a partire da gennaio. Lo studio ha identificato 516 combinazioni di parole chiave collegate al virus che sono state messe al bando da WeChat, compresi i riferimenti al medico Li Wenliang, morto a causa della malattia.

Alla fine di aprile, i Senatori Ted Cruz e Josh Hawley hanno presentato un disegno di legge, intitolato «Contrastare i tentativi cinesi di spionaggio», che vieta ai dipendenti federali di utilizzare piattaforme tecnologiche soggette al controllo del Partito comunista cinese. Tencent è una delle aziende cinesi presenti nella lista. «Aziende come Tencent e Huawei sono mezzi di spionaggio del Partito Comunista Cinese, mascherate da società di telecomunicazioni del 21° secolo». Cruz ritiene che impedire che i soldi dei contribuenti finiscano nelle tasche di queste piattaforme sia «una misura di buon senso per proteggere la sicurezza nazionale americana».

Il parlamentare Jim Banks ha recentemente presentato una risoluzione per mettere in guardia dalle minacce alla sicurezza nazionale poste dalla popolare applicazione cinese per la condivisione di video TikTok, specificando che «gli americani dovrebbero sapere come stanno le cose, prima di premere il pulsante per il download». L’esercito statunitense ha vietato al suo personale di utilizzare l’applicazione mobile sui telefoni pubblici, già a gennaio.

Anche la piattaforma Zoom, sempre più utilizzata per le videoconferenze a causa dell’attuale lockdown, ha recentemente destato grosse preoccupazioni in materia di privacy e sicurezza. Nonostante la società abbia sede negli Stati Uniti, possiede anche tre società in Cina che sviluppano il suo software. Il 3 aprile, un gruppo di 19 parlamentari della Camera ha firmato una lettera che solleva preoccupazioni sulle pratiche di raccolta dati dell’azienda. Zoom si trova inoltre ad affrontare una causa collettiva da parte dei suoi azionisti per aver sopravvalutato i suoi standard di privacy e per non aver rivelato la mancanza di crittografia end-to-end.

Ad aprile, durante numerose chiamate di prova in Nord America, i ricercatori del Citizen Lab hanno osservato che l’applicazione stava inviando dati anche ai server di Pechino, destando la seria preoccupazione che i dati degli utenti potrebbero finire nelle mani di entità nazionali come il regime cinese. Tuttavia la società ha risposto che i dati erano stati inoltrati in Cina per errore.

Di recente Attila Tomaschek, esperto della privacy dei dati presso ProPrivacy, ha dichiarato a Epoch Times che «Pechino potrebbe teoricamente richiedere che le chiavi di cifratura di quelle chiamate siano consegnate alle autorità cinesi per essere decifrate, consentendo loro il pieno accesso al contenuto di quelle chiamate e la possibilità di ascoltare conversazioni che si suppone siano private».

 

Articolo in inglese: China’s WeChat Monitors Overseas Users to Bolster Censorship at Home, Report Says

 
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