Amazon contro Parler: stop ai servizi di web hosting. Parler sarà fuori uso per una settimana

Di Janita Kan

Amazon ha annunciato che smetterà di fornire servizi di web hosting a Parler, una piattaforma social molto simile a Twitter, che negli ultimi mesi è diventata sempre più popolare negli Stati Uniti. Si tratta del terzo attacco che i giganti americani della tecnologia, le cosiddette Big Tech, sferrano contro Parler nel giro di due giorni: venerdì Google ha rimosso l’app di Parler dal proprio app store, e sabato anche Apple ha fatto lo stesso.

La notizia è significativa in quanto Amazon è leader mondiale nel campo del web hosting, e anche il social Parler gestisce parte della propria piattaforma usando i server e i servizi forniti da Amazon Web Services.

Il fondatore e Ceo di Parler, John Matze, ha dichiarato che Amazon chiuderà i server di Parler a mezzanotte di domenica 10 gennaio. Matze ha definito la decisione come «un tentativo di rimuovere completamente la libertà di parola da Internet». Ma ha sottolineato che Parler potrebbe essere fuori uso per al massimo una settimana, il tempo necessario per ristrutturare la propria rete di server e tornare online.

Matze ha anche dichiarato che la sua azienda si era in qualche modo preparata a simili evenienze e per questo non si è mai affidata completamente alle infrastrutture di proprietà di Amazon.

«Faremo del nostro meglio per passare a un nuovo provider da subito, dato che ci sono molti concorrenti nel nostro settore – ha proseguito Matze – Tuttavia, Amazon, Google e Apple lo hanno fatto di proposito come operazione coordinata, sapendo che le nostre possibilità sarebbero state limitate e che avrebbero inflitto i danni maggiori proprio ora che il presidente Trump è stato messo al bando dalle aziende tecnologiche».

Dal canto loro, Google e Apple hanno dichiarato di aver rimosso Parler dai propri app store per via delle sue politiche di moderazione permissive in materia di contenuti violenti postati dagli utenti, un fatto però contestato da Parler. Ad ogni modo, Parler negli ultimi mesi ha attratto un grande numero di utenti americani dal bacino liberale e conservatore proprio per le sue politiche più garantiste della libertà di parola.

Apple non ha risposto immediatamente alle domande di Epoch Times in merito alla sua scelta di bandire l’applicazione dall’Apple Store.

Matze ritiene che le ultime mosse dei giganti della tecnologia siano un «attacco coordinato» per «uccidere la concorrenza sul mercato. […] Abbiamo avuto troppo successo troppo in fretta».

Il logo di Amazon all’interno dell’ufficio dell’azienda a Bengaluru, India, il 20 aprile 2018. (Abhishek N. Chinnappa/File Photo/Reuters)

Quel che è certo è che i provvedimenti delle Big Tech contro Parler arrivano mentre Twitter e altre aziende della Silicon Valley hanno aumentato il loro controllo sulle dichiarazioni e i commenti fatti dal presidente Donald Trump, dai conservatori, e da altre voci che secondo loro potrebbero essere dannose.

Venerdì Twitter ha rimosso definitivamente l’account di Trump dalla sua piattaforma e ha giustificato la sua censura asserendo che il presidente aveva violato la sua «politica sulla glorificazione della violenza». Di li a poco anche l’account Twitter della campagna di Trump è stato rimosso.

Sembra che il giro di vite da parte di queste aziende sia stato scatenato dai disordini civili e dalle violenze verificatesi mercoledì nel Campidoglio degli Stati Uniti, quando un gruppo di rivoltosi e una minoranza di manifestanti hanno fatto irruzione nell’edificio del Campidoglio sventolando bandiere americane e pro-Trump, proprio mentre i parlamentari stavano contando i voti elettorali nella sessione congiunta del Congresso. Il caos ha portato a cinque morti e decine di agenti di polizia feriti.

In una e-mail ottenuta da Buzzfeed, Amazon comunica a un rappresentante di Parler che la sospensione è dovuta alle «ripetute violazioni» delle condizioni del servizio di Amazon da parte della società.

«Nelle ultime settimane, abbiamo segnalato a Parler 98 esempi di post che incoraggiano e incitano chiaramente alla violenza – si legge nell’email – Recentemente, abbiamo visto un costante aumento di questi contenuti violenti sul vostro sito web, tutti in violazione dei nostri termini. È chiaro che Parler non ha un sistema efficace per soddisfare i termini di servizio di Aws [Amazon Web Services, ndt]. Sembra anche che Parler stia ancora cercando di definire la propria posizione sulla moderazione dei contenuti. Rimuovete alcuni contenuti violenti quando venite contattati da noi o da altri, ma non sempre tempestivamente».

L’email afferma anche: «Aws fornisce tecnologia e servizi ai clienti di tutto lo spettro politico, e continuiamo a rispettare il diritto di Parler di determinare da sé quali contenuti consentire sul suo sito. Tuttavia, non possiamo fornire servizi a un cliente che non è in grado di identificare e rimuovere efficacemente i contenuti che incoraggiano o incitano alla violenza contro gli altri».

Critiche alle Big Tech

La moderazione poco bilanciata dei contenuti degli utenti e delle opinioni politiche ha sollevato preoccupazioni tra i sostenitori della libertà di parola, in particolare per via della mancanza di controlli e contrappesi nelle grandi aziende di tecnologia statunitensi. Nell’ultimo anno si è discusso a lungo sulla revisione o l’eliminazione delle protezioni di responsabilità previste dall’articolo 230 del Communications Decency Act del 1996, almeno per quanto riguarda le aziende di tecnologia che intraprendono azioni di censura politicamente schierate.

La recente scelta di Twitter di rimuovere l’account di Trump è stata ampiamente criticata. Il segretario del Dipartimento per l’Edilizia Abitativa e lo Sviluppo Urbano degli Stati Uniti Ben Carson, il segretario di Stato Mike Pompeo e l’ex ambasciatrice delle Nazioni Unite Nikki Haley hanno paragonato la mossa di Twitter al modus operandi del Partito Comunista che governa la Cina.

La Haley ha scritto in un tweet: «Mettere a tacere la gente, per non parlare del Presidente degli Stati Uniti, è quello che succede in Cina e non nel nostro Paese».

Mentre Carson ha scritto «Volete bandire @realDonaldTrump, bene, siete una società privata, ma la cancellazione da parte di @Twitter dell’account ufficiale del presidente, che mostra questa amministrazione e la sua storia, è sbagliata. @Facebook e @instagram che vietano tutte le immagini dalla rivolta in Campidoglio è un precedente pericoloso da stabilire. Non siamo in Cina».

Al contempo in molti hanno sottolineato come Twitter applichi in maniera arbitraria i suoi standard nella moderazione dei contenuti. Un esempio clamoroso è quello del post condiviso il 1° gennaio dal vice portavoce del Dipartimento di Stato Cale Brown che mostra un post su Twitter del nuovo leader del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane che minaccia apertamente i funzionari statunitensi. E l’account del funzionario iraniano è ancora attivo su Twitter.

Il post del leader militare iraniano affermava: «Avvertiamo il presidente Usa, il direttore della Cia, il segretario alla Difesa, il segretario di Stato Usa e altri funzionari coinvolti nell’assassinio del martire Soleimani che dovranno  imparare ad applicare lo stesso stile di vita in incognito di Salman Rushdie, in quanto la Repubblica Islamica vendicherà il sangue ingiustamente versato del martire Soleimani».

 

Articolo in inglese: Amazon to Remove Parler From Its Web Hosting Service

 
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